Ambientalisti, scienziati e docenti insieme per un modello agricolo basato sull’agroecologia

L’appello di Legambiente: «Anche per rispondere alle polemiche che vengono rivolte da alcuni mesi all’agricoltura bio è importante chiarire a tutti qual è la direzione da prendere e perché»

[11 Febbraio 2019]

La diffusione capillare dell’agricoltura biologica e di altre metodologie di produzione basate sull’agroecologia è una delle leve che l’Ispra – nel suo ultimo rapporto contro lo spreco alimentare – suggerisce di mettere in campo, documentandone i benefici ad ampio spettro: l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale sottolinea infatti le «migliori prestazioni ambientali, economiche e sociali rispetto ai metodi convenzionali, poiché le coltivazioni biologiche e agro-ecologiche garantiscono generalmente maggior resistenza a malattie e avversità meteo climatiche, incentivano l’efficienza per via del loro maggior valore economico, per la maggiore coesione delle filiere commerciali e per la maggior sensibilità di produttori e consumatori (bassa entropia complessiva e alta intensità di lavoro)», comportando al contempo «minori quantità di perdite in campo e di sprechi nel resto della filiera». È in favore di questo modello che numerosi ricercatori e docenti universitari hanno già sottoscritto l’appello di Legambiente per un modello di sviluppo agricolo sostenibile.

Un documento con cui l’associazione intende sostenere con forza le ragioni dell’agricoltura biologica, ma anche evidenziare quanto la ricerca scientifica e la sperimentazione siano importanti per costruire un modello agricolo basato sull’agroecologia. «Anche per rispondere alle polemiche che vengono rivolte da alcuni mesi all’agricoltura bio – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – è importante chiarire a tutti qual è la direzione da prendere e perché. È fondamentale, infatti, cambiare l’intero modello agricolo, evidenziando le numerose esperienze virtuose in atto e cercando di contaminare positivamente tutta l’agricoltura, senza criminalizzare nessuno ma sottolineando gli enormi benefici apportati da un’agricoltura sostenibile alla salute delle persone e agli ecosistemi e gli ingenti danni provocati, invece, dalla pratica intensiva e dall’uso di pesticidi».

Al proposito Legambiente auspica che si arrivi presto all’approvazione della legge sull’agricoltura biologica, attualmente all’esame del Senato dopo il vaglio della Camera: «Noi siamo convinti – recita l’appello – che le pratiche di agricoltura biologica e biodinamica consentano senza alcun dubbio di diminuire la presenza di sostanze pericolose di sintesi, garantendo, insieme alle buone pratiche agricole, l’erogazione di servizi ecosistemici, la tutela della biodiversità, la salubrità e sicurezza dei prodotti ottenuti».

Di certo c’è che, a livello globale, secondo l’Onu ogni anno scompaiono 24 miliardi di tonnellate di terra fertile con un tasso di erosione tra le 10 e le 40 volte superiore alla capacità di rigenerazione, mentre a livello nazionale – secondo l’Ispra – circa il 40% dei terreni coltivati intensivamente andrà perso entro il 2050 se non verranno modificate tecniche e ordinamenti colturali.

Un modello alternativo è già possibile: come ricordano da Legambiente oggi in Italia sono quasi due milioni gli ettari coltivati con il metodo biologico (15% della superficie agricola nazionale) e oltre 72.000 gli operatori e le aziende agricole dedicate al settore, che non rappresentano una “nicchia”, ma una estesa rete di realtà di varie dimensioni e spesso a forte integrazione verticale.