Ecco come arriva in Europa la soia che minaccia foreste e diritti umani in Brasile

Un’indagine di Greenpeace accusa le multinazionali Cargill e Bunge

[10 Dicembre 2019]

Secondo la nuova indagine “UNDER FIRE  di Greenpeace International, «Soia brasiliana legata ad accaparramento di terre e sfruttamento dei lavoratori, arriva in Europa e Asia centrale attraverso due tra i principali commercianti internazionali di materie prime agricole, Cargill e Bunge».

Greenpeace denuncia anche «Nuove evidenze di violenze e intimidazioni contro comunità tradizionali nella regione brasiliana del Cerrado, all’interno dei confini dell’azienda agricola Agronegócio Estrondo che rifornisce Cargill e Bunge, i principali commercianti di materie prime a livello globale. L’azienda, già accusata in passato di deforestazione illegale e accaparramento di terre, ha ora ottenuto il permesso di deforestare un’area di 25.000 ettari – una superficie equivalente alla superficie di Genova – nel Cerrado brasiliano, la savana più ricca di biodiversità del Pianeta».

A maggio, Greenpeace Brasil e il canale televisivo tedesco ARD Weltspiegel avevano documentato un raid armato ai danni dei geraizeiros, una comunità contadina tradizionale che vive nel Cerrado. I geraizeiros hanno riferito a Greenpeace di aver ricevuto minacce e subito violenze da parte della sicurezza privata di Estrondo.

Secondo l’inserto di Greenpeace News “Brasile, le vittime della deforestazione”, in Brasile deforestazione, minacce, violenze ed omicidi ai danni di comunità tradizionali e popoli Indigeni, sono in aumento da quando è diventato presidente della Repubblica il neofascista Jair Bolsonaro. Il 7 dicembre sono stati assassinati altri due leader indigeni – Firmino Guajajara e Raimundo Guajajara – e altre due persone sono state ferite nella terra indigena di Cana Brava, nello Stato di Maranhão. Secondo il Conselho Indigenista Missionário (CIMI), tra gennaio e agosto 2019 sono state registrate 160 incursioni in 153 territori indigeni, rispetto alle 109 registrate nel 2018.

Una delle ultime vittime e l’india Tuiuca Humberto Peixoto, che lavorava per la Cáritas Arquidiocesana ed era una leder dell’Associação de Mulheres Indígenas do Alto Rio Negro (AMARN), uccisa dopo essere stata sequestrata il 2 dicembre a Manaus. E’ il quarto leder indios assassinato nella capitale dello Stato di Amazonas nel 2019.

Firmino Guajajara e Raimundo Guajajara erano due indigeni dell’etnia Guajajara e sono stati uccisi sabato nello Stato brasiliano del Maranhao e sono stati attaccati da un’auto di grossa cilindrata, dalla quale sono partiti numerosi colpi di arma da fuoco, mentre pattugliavano in motocicletta lungo un tratto dell’autostrada BR-226, vicino al villaggio di El Betel, nel territorio indigeno di Cana Brava, nel comune di Jenipapo dos Vieiras. Altri due indigeni sono rimasti feriti.

Il CIMI, organismo della Chiesa cattolica brasiliana, ha condannato l’assassinio dei due leader Guajajara, ricordando che «Questo è il secondo fatto di sangue in poco più di un mese, nel Maranhao: il primo novembre il leader Paulo Paulino Guajajara era stato assassinato all’interno della Terra indigena dell’Araribóia. Ad oggi, il crimine non è stato risolto e i criminali rimangono non identificati e arrestati».

Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia, sottolinea che «Nonostante Cargill e Bunge si siano impegnate da tempo a ripulire le proprie filiere, continuano ad avere legami con un’azienda responsabile di violazioni sistematiche dei diritti umani, acquistando soia che viene poi esportata nel mercato europeo. Questa soia viene acquistata da fast food, multinazionali del settore alimentare e supermercati. Non la vediamo direttamente sugli scaffali dei supermercati, ma finisce indirettamente nei nostri piatti perché viene utilizzata per alimentare animali spesso rinchiusi in allevamenti intensivi, destinati alla produzione di latte e derivati, oppure a essere macellati per produrre carne. I governi e le aziende europee non possono continuare ad importare deforestazione. L’Ue deve impegnarsi a proteggere le foreste del mondo introducendo una normativa in grado di garantire che i prodotti commerciati in Europa non siano legati a deforestazione e violazione dei diritti umani. Anche la Politica agricola comune (PAC) deve essere riformata, tagliando i sussidi pubblici destinati al sistema degli allevamenti intensivi, che dipende fortemente dalle importazioni di alimenti per animali, come la soia».

Greenpeace chiede inoltre alle aziende, alle catene di supermercati e alle multinazionali del settore, di «escludere deforestazione e violazione dei diritti umani dalle proprie filiere e di assicurare tracciabilità e trasparenza».