In Cina fumavano marijuana già nel primo millennio avanti Cristo

Nel Pamir trovati residui con alti livelli di THC in antichi bruciatori per riti funerari

[14 Giugno 2019]

Nell’Asia Orientale la cannabis viene coltivata almeno dal 4000 avanti Cristo per ottenerne semi oleosi e fibre ma poco si sa dei suoi primi utilizzi sulla sua eventuale coltivazione per le sue proprietà psicoattive e medicinali. Nonostante sia oggi una delle droghe psicoattive più utilizzate al mondo, ci sono poche prove archeologiche o storiche sull’uso della marijuana nel mondo antico. Ora lo studio “The origins of cannabis smoking: Chemical residue evidence from the first millennium BCE in the Pamirs”, pubblicato su Science Advances da un team internazionale di ricercatori guidato da Meng Ren dell’Accademia cinese delle scienze, rivela che sono stati identificati dei composti psicoattivi che si sono  conservati in bruciatori di incenso funerari risalenti a 2.500 anni fa trovati negli scavi del cimitero Jirzankal nel Pamir orientale.

Il team dell’Accademia cinese delle scienze, dell’Accademia cinese delle scienze sociali Ricercatori, del Max-Planck-Institut für Menschheitsgeschichte (MPI-SHH)  e della School of Social Science dell’università del Queensland, ha dimostrato che nel primo millennio avanti Cristo delle persone  selezionavano piante di cannabis con livelli più alti di THC e le bruciavano all’interno di rituali funerari.  I ricercatori tedeschi sottolineano che «Questa è, fino ad oggi, la prima chiara evidenza di cannabis utilizzata per le sue proprietà psicoattive».

Attualmente, la cannabis è una delle piante più criminalizzate e discusse del mondo – in Italia ne sappiamo qualcosa con le recenti uscite sul tema del ministro degli interni Matteo Salvini – , soprattutto alla luce della legislazione in rapida evoluzione sulla sua legalizzazione in Europa e negli Usa.  Al MPI-SHH ricordano che «Nonostante la popolarità della pianta per le sue proprietà psicoattive, si sa molto poco sul primo utilizzo o coltivazione della cannabis per i suoi effetti che alterano la mente» e che «Le prime varietà coltivate di cannabis, così come la maggior parte delle popolazioni selvatiche, hanno bassi livelli di THC e altri composti di cannabinoidi con proprietà psicoattive». Resta quindi un mistero quando e dove sono state per prima riconosciute e utilizzate dagli esseri umani specifiche varietà della pianta con livelli più alti di questi composti.

Al Max-Planck-Institut für Menschheitsgeschichte ricordano che «Molti storici pongono le origini del fumo di cannabis nelle antiche steppe dell’Asia centrale, ma questi argomenti si basano esclusivamente su un passaggio di un singolo testo antico del tardo millennio aC, scritto dallo storico greco Erodoto. Gli archeologi hanno così a lungo cercato di identificare prove concrete per il fumo di cannabis in Eurasia ma, fino ad oggi, ci sono pochi esempi affidabili, ben identificati e datati dei primi utilizzi di cannabis».

Gli autori del nuovo studio si sono imbattuti nell’utilizzo precoce della cannabis quando hanno cercato di identificare la funzione di alcuni antichi bruciatori di legno scoperti dagli archeologi dell’Accademia cinese delle scienze sociali, che stavano eseguendo degli scavi ad alta quota nelle regioni montuose della Cina orientale. I bruciatori sono stati trovati in tombe risalenti a 2500 anni fa nella catena montuosa del Pamir. Per isolare e identificare i composti conservati nei bruciatori. il team internazionale di ricerca ha utilizzato la gascromatografia-spettrometria di massa, scoprendo con sorpresa che «La firma chimica dei composti isolati corrispondeva esattamente alla firma chimica della cannabis. Inoltre, la firma indicava un livello più elevato di THC rispetto a quello che si trova normalmente nelle piante di cannabis selvatiche».

Da questi nuovi dati emergono prove evidenti del fatto che «Gli antichi popoli delle montagne del Pamir bruciavano specifiche varietà di cannabis con livelli di THC più alti». Risultati che confermano altri ritrovamenti di cannabis provenienti da sepolture trovate più a nord, nella regione autonoma dello Xinjiang Uigur in Cina e nei monti Altai in Russia.  Nicole Boivin, direttrice del MPI-SHH  evidenzia che «I risultati supportano l’idea che le piante di cannabis siano state utilizzate per la prima volta per i loro composti psicoattivi nelle regioni montuose dell’Asia centrale orientale, per poi diffondersi in altre regioni del mondo».

Gli scienziati pensano che gli antichi abitanti del Pamir mettessero foglie di cannabis e pietre bollenti nei bracieri e inalassero il fumo che così veniva prodotto.

Probabilmente la cannabis si è diffusa lungo le rotte di scambio lungo la via della seta. Come spiegano ancora gli scienziati tedeschi, «I residui contenenti THC sono stati estratti dai bruciatori di un cimitero conosciuto come Jirzankal nelle remote montagne del Pamir. Alcuni degli scheletri recuperati dal sito, situato nella moderna Cina occidentale, hanno caratteristiche simili a quelle dei popoli contemporanei più a ovest dell’Asia centrale. Gli oggetti trovati nelle sepolture sembrano anche collegare questa popolazione alle popolazioni più occidentali delle colline pedemontane dell’Asia interna. Inoltre, gli studi degli isotopi stabili nelle ossa umane del cimitero dimostrano che non tutte le persone sepolte lì sono di origine locale. Questi dati si adattano all’idea che i passi montani di alta quota dell’Asia centrale e orientale svolgessero un ruolo chiave nei primi scambi trans-eurasiatici».

Un tempo la regione del Pamir, oggi così remota, era probabilmente a cavallo di un’antica e importante rotta commerciale della via della seta. In alcuni periodi, la  Via della Seta è stata in passato la più importante via di diffusione culturale del mondo antico. Robert Spengler, un archeobotanico del Max-Planck-Institut für Menschheitsgeschichte che ha partecipato allo studio, spiega che «Le rotte di scambio della prima via della seta funzionavano più come i raggi di una ruota di un carro che come una strada a lunga distanza, ponendo l’Asia centrale nel cuore del mondo antico».

Rispetto alle varietà coltivate, le piante di cannabis selvatiche – abbondanti nel Pamir – contengono bassi livelli di THC, uno dei composti psicoattivi della cannabis. I ricercatori dicono che «Non è ancora chiaro se le persone sepolte a Jirzankal coltivassero attivamente la cannabis o semplicemente cercassero le piante produttrici di più THC. Una teoria è che le piante di cannabis producano maggiori quantità di composti attivi in ​​risposta all’aumento delle radiazioni UV e di altri fattori di stress legati alla crescita a quote più elevate. Quindi le persone che vagavano per le regioni montuose più alte potrebbero aver scoperto delle piante selvatiche più potenti e avrebbero no iniziato un nuovo tipo di utilizzo della pianta».

Mentre la cannabis moderna viene utilizzata principalmente come droga ricreativa o per scopi medici, in passato potrebbe essere stata utilizzata in modi molto diversi. I reperti trovati a Jirzankal suggeriscono che la cannabis venisse bruciata durante rituali per commemorare i morti. Sono state trovate sepolture realizzate con tumuli circolari, anelli di pietra e motivi a strisce , utilizzando pietre bianche e nere.

I ricercatori evidenziano che «Non è chiaro se la cannabis abbia avuto altri usi nella società, anche se sembra probabile che la capacità della pianta di trattare una varietà di malattie e sintomi sia stata presto riconosciuta.

Yimin Yang, dell’Accademia cinese delle scienze di Pechino,  che studia gli antichi residui organici dell’Asia orientale da oltre 10 anni. fa notare che «Questo studio sull’antico uso della cannabis ci aiuta a capire le prime pratiche culturali umane e ci parla alla consapevolezza intuitiva umana sui fitochimici naturali nelle piante. Le analisi dei biomarcatori aprono una finestra unica sui dettagli dello sfruttamento delle piante antiche e della comunicazione culturale che altri metodi archeologici non possono offrire».

Boivin aggiunge: «Dato il clima politico moderno che circonda l’uso della cannabis, studi archeologici come questo possono aiutarci a capire le origini della pratica culturale contemporanea e delle strutture delle credenze che, a loro volta, possono informare la politica».

Spengler conclude: «Le prospettive moderne sulla cannabis variano enormemente da un punto di vista interculturale, ma è chiaro che la pianta ha avuto una lunga storia di utilizzo umano, dal punto di vista medico, rituale e ricreativo, per innumerevoli millenni».