Conferenza Unccd ad Ankara: «La scelta è tra lottare o fuggire». Il progetto LDN

La desertificazione crea profughi, migrazioni forzate e guerre per le risorse

Il 40% dei conflitti tra stati negli ultimi 60 anni è associato a guerre per risorse naturali e terra

[13 Ottobre 2015]

Si è aperta in un’Ankara blindata e con un minuto di silenzio in memoria delle vittime della strage del 10 ottobre contro la manifestazione pacifista organizzata dall’HDP e da sindacati e associazioni progressiste, la 12esima Conferenza delle Parti dell’United Nations Convention to Combat Desertification COP12 UNCCD) Turchia.

Veysel Eroglu, ministro delle Foreste e delle acque della Turchia, ha sottolineato l’importanza di una forte azione contro la desertificazione, il degrado del territorio e la siccità e, nonostante siano state proprio le politiche cementificatorie ed anti-ambientaliste del governo turco a dare il via alle proteste di gran parte dell’opinione pubblica, Eroglu ha sottolineato l’impegno ambientale della Turchia ed i risultati ottenuti nella lotta alla desertificazione, attraverso il rimboschimento. Intanto da Kurdistan turco continuano ad arrivare notizie di foreste alle quali esercito e polizia hanno appiccato il fuoco per stanare i guerriglieri del PKK.

Ma Eroglu ha presentato i piani de governo uscente della Turchia per lanciare l’iniziativa di Ankara: una piattaforma multilaterale per la  lotta contro la desertificazione, la siccità e il degrado del suolo. «Si tratterebbe di una tappa molto importante nella lotta contro la desertificazione». La Turchia si è impegnata con  5 milioni di dollari ed a formare le professionalità necessarie.

Anche il sindaco di Ankara, mentre si asciuga ancora il sangue per le strade e si piange la morte di Niyazi Büyüksütçü,  uno dei fondatori del partito verde in Turchia, il sindaco di Ankara, Melih Gökçek ha esaltato il raddoppio del verde pubblico procapite in città dal 1994, cioè da quando lui è sindaco, che si ferma però a 19, 6m2 pro capite. Va anche detto però che in 20 anni la popolazione della capitale turca è più che raddoppiata.

La segretaria esecutiva dell’Unccd, Monique Barbut, ha evidenziando come «La desertificazione e il degrado del territorio amplificano minacce quali migrazioni forzate e i conflitti», e ha parlato della Land Degradation Neutrality (LDN), un progetto pilota gestito dalla UNCCD con 16 Paesi per testare e perfezionare la fattibilità della LDN come obiettivo dell’Unccd. Secondo la  Barbut, «SE e la Land Degradation Neutrality fosse adottata come obiettivo dalle parti nazionali, l’Unccd non avrebbe bisogno di cambiare la sua strategia nel 2018. Il fondo  LDN sosterrà il raggiungimento della Land Degradation Neutrality, consentendo rimborsi fino a 2 miliardi di dollari per  grandi progetti di recupero  sostenibile del suolo. La Land Degradation Neutrality  avrebbe implicazioni per le attività dell’Unccd», semplificandole molto.

La Barbut ha sottolineato che «La terra svolge già un grandissimo ruolo nei dibattiti sul  cambiamento climatico ed è riconosciuta come il pezzo mancante nei negoziati sul clima. Le stime indicano che il raggiungimento della LDN potrebbe aiutare ad avvicinarsi alla età del divario rimanente delle emissioni, il che ci permetterebbe  di mantenersi all’interno di un aumento della temperatura di 2 gradi» Poi ha sottolineato che «La terra ha molto da offrire per risolvere i problemi del mondo e raggiungere uno sviluppo sostenibile»

Nicolas Hulot, il consigliere speciale del presidente francese, ha detto che «Siamo in una fase cruciale per l’umanità e il progresso non avviene più modificando semplicemente lo status quo. Dobbiamo cambiare i paradigmi. Senza il suolo, non è possibile un  futuro. Alla COP12 e COP21, fle parti decideranno davvero chi vivrà e chi morirà».

E’ più o meno quello che dice il rapporto “Desertification. The Invisible Frontline” uno dei documenti preparatori della Cop12 Unccd di Ankara, secondo il quale la scelta per molte persone e quella tra combattere o fuggire, andando ad ingrossare le fila dei profughi economici, ambientali o di guerra interni ed all’estero.

In troppi Paesi del mondo i conflitti per l’acqua o la terra e le sue risorse agricole o minerarie si trasformano  in guerre civili, violenze sessuali o genocidi. E non si tratta sola dell’Africa subsahariana dove mezzo miliardo di abitanti sono contadini, la maggioranza vive dei frutti della terra e la desertificazione è una minaccia costante per i loro mezzi di sussistenza.

Il rapporto  spiega che «Nel mondo, più di 1,5 miliardi di persone dipendono da terre degradate e il 74% di loro sono poveri». E non è nemmeno una cosa da Paesi in via di sdviluppo: dei 194 Paesi che aderiscono all’Unccd, ben 169 hanno problemi di desertificazione, Italia compresa.

L’Unccd avverte che «La desertificazione è una crisi silenziosa e invisibile he sta destabilizzando le comunità su scala globale. Poiché gli effetti del cambiamento climatico minano i mezzi di sussistenza, gli scontri interetnici provocano fratture all’interno e tra gli Stati e gli Stati fragili si stanno militarizzando per  tenere sotto controllo la situazione».

Ma il rapporto Unccd sottolinea un aspetto che ci riguarda drammaticamente e che dovrebbe essere letto attentamente dai teorici dell’aiutiamoli a casa loro che poi non aiutano nessuno nemmeno a casa nostra: «Gli effetti della desertificazione sono sempre più sentiti a livello mondiale, dato che le vittime si trasformano in rifugiati, sfollati e migranti forzati o si rivolgono alla radicalismo, all’estremismo o avviano guerre per le  risorse e per la sopravvivenza. Se vogliamo ristabilire la pace, la sicurezza e la stabilità internazionale, in un contesto in cui mutevoli eventi climatici stanno minacciando la sopravvivenza di sempre più persone, le opzioni per la sopravvivenza sono in calo e le capacità statali sono sovraccariche, quindi si dovrebbe fare di più per combattere la desertificazione, invertire il degrado del suolo e mitigare gli effetti della siccità. In caso contrario, molti piccoli agricoltori poveri, le comunità dipendenti dalla terra, dovranno affrontare due scelte: o la lotta o la fuga».