Molte specie di caffè selvatiche sono a rischio estinzione

Le coltivazioni di caffè a rischio per i cambiamenti climatici, le migrazioni e la deforestazione

[18 Gennaio 2019]

In tutto il mondo  le varie attività legate alla produzione di caffè, dal contadino al consumatore, danno vita a  un’enorme industria che fornisce i mezzi di sostentamento per circa 100 milioni di persone, soprattutto piccoli agricoltori e, in molti dei principali Paesi produttori di caffè, le esportazioni di caffè rappresentano una percentuale significativa ed essenziale delle entrate e la loro principale fonte di reddito per molti agricoltor.

Con l’aumento della popolazione e della classe media globale sta aumentando anche la domanda di caffè. Probabilmente, grazie ai raccolti eccezionali negli ultimi anni e alle possibilità per aumentare la resa in molte aree, la produzione mondiale di caffè potrà a breve e medio termine stare al passo con la domanda globale. Ma, negli ultimi anni. in molti dei principali Paesi produttori ci sono stati alcuni problemi catastrofici a causa di problemi come malattie fungine, parassiti e siccità. Aaron Davis, dei Royal Botanic Gardens – Kew, spiega che «Per oltre 150 anni, gli agronomi del caffè e altri scienziati hanno lavorato duramente per risolvere le questioni riguardanti la produzione e la sostenibilità, e questo lavoro continua fino ai giorni nostri. Una delle risorse principali per questo lavoro, e in particolare per l’allevamento di piante, è stata l’utilizzo di piante selvatiche, in particolare quelle relative alle colture, che ospitano le risorse genetiche in grado di fornire resistenza alle malattie e ai parassiti, resilienza climatica e altre caratteristiche utili come sapore e qualità migliorati. Queste piante, sia per il caffè o per altre piante coltivate, sono spesso chiamate parenti selvatici (crop wild relatives – CWR). E Davis ha guidato il team di ricercatori britannici che ha pubblicato su Science Advances lo studio “High extinction risk for wild coffee species and implications for coffee sector sustainability” che si occupa proprio di questo problema.

Fino alla metà del XIX secolo, il caffè consumato in tutto il mondo proveniva quasi esclusivamente da una sola specie: il caffè Arabica (Coffea arabica), poi, verso la fine del XIX secolo, fece la sua comparsa la ruggine delle foglie di caffè, una malattia fungina in grado di spazzare via in brevissimo tempo intere piantagioni e che in Asia cancellò la produzione di caffè Arabica in meno di 30 anni. Fu allora che vennero introdotte nuove specie di caffè resistenti alla ruggine delle foglie di caffè e fino ad allora  poco conosciute, come il Caffè Liberica (Coffea liberica), originario dell’Africa occidentale tropicale settentrionale, che cresce bene, ha buone rese e resiste alla ruggine delle foglie di caffè, ma che non ebbe successo perché ha un cattivo sapore.  Nel 1897 fu “scoperta” una nuova specie il caffè Robusta (Coffea canephora), che in realtà veniva già coltivato almeno dagli inizi del 1800 in piccole aree lungo la costa dell’Africa occidentale, in grado di crescere in condizioni più calde e più facile da coltivare rispetto al caffè Arabica e che è anche molto produttivo e buono. Davis scrive sul suo blog: «E’ importante sottolineare che era resistente alla ruggine delle foglie di caffè. Dai primi anni del 1900 in poi la sua coltivazione si diffuse rapidamente attraverso la cintura tropicale del caffè, dall’Africa alle Americhe e all’Asia. Oggi è coltivato più ampiamente del caffè Arabica e comprende almeno il 40% del valore commerciale globale del caffè. In soli 120 anni è stato trasformato da una pianta selvatica più o meno sconosciuta a una grande merce globale! La storia ci dice che, in termini di dove viene coltivato il caffè e anche di quali specie coltiviamo, la produzione di caffè è dinamica. Ora, per rifornirci del  caffè che beviamo,  dipendiamo da due specie, l’Arabica e la Robusta, ma cosa riserva il futuro?»

Secondo lo studio l’aggravarsi delle infestazioni di parassiti e delle malattie, la perdita di aree adeguate per coltivare caffè e i cambiamenti climatici hanno tutti impatti che stanno esercitando una crescente pressione sui coltivatori di caffè. «Esistono numerose soluzioni possibili a questi problemi – dice Davis – E’ probabile che opportunità importanti deriveranno dall’uso di specie di caffè selvatico e dall’inserimento tramite la riproduzione di specifici  geni provenienti da piante selvatiche. Questo per qualcuno può sembrare fantasioso, ma è quel che è esattamente successo in passato», come successo per il Caffè Robusta e per numerosi altri esempi in cui, per risolvere i problemi di produttività, sono stati utilizzati i geni delle specie di caffè selvatiche.

La domanda a cui cerca di rispondere lo studio è proprio questa: in futuro potremo usare specie di caffè selvatico finora inutilizzate o sottoutilizzate, o i geni utili che contengono? In totale, nell’Africa tropicale, in Madagascar, Asia e Australasia, ci sono 124 specie di caffè selvatiche che rappresentano un pool genetico che «potrebbe avere un notevole potenziale per il futuro a lungo termine della coltivazione del caffè».

Una ricerca realizzata dallaPlant assessment unit del Kew con il sostegno dell’International union for the conservation of nature (Iucn) e Toyota Motor Corporation, è stato  grado di valutare il rischio di estinzione di 1.000 specie di piante ogni anno e, nell’ambito di questo progetto, nel 2017 e nel 2018, sono state rivisti oltre due decenni di ricerche per produrre valutazioni ufficiali del rischio di estinzione per tutte le 124 specie di caffè selvatiche.

La maggior parte delle valutazioni del rischio di estinzione per il caffè sono state fatte da Helen, che si occupa di conservazione delle piante per il Kew. Utilizzando i dati raccolti da esemplari dell’Herbarium  del Kew e di altri istituti scientifici e da  altri ricercatori sulla presenza di specie di caffè e sui fattori che minacciano la loro sopravvivenza, la Chadburn e i suoi colleghi sono arrivati a una pessima conclusione: «Oltre il 60% delle specie di caffè sono minacciate di estinzione» e Davis aggiunge che «Ulteriori lavori hanno continuato a dimostrare che molte delle specie con il maggiore potenziale di utilizzo nello sviluppo delle colture di caffè sono tra quelle con il più alto rischio di estinzione e non dispongono di misure adeguate per una conservazione efficace. Ci sono diverse specie che non abbiamo visto in natura o in coltivazione da oltre 100 anni. Alcune di queste potrebbero già essere estinti. Circa il 45% delle specie di caffè non si trova nelle collezioni viventi o nelle banche dei semi (raccolte di germoplasma) e il 30% non ha protezione in natura (cioè non rientra nei confini dei parchi nazionali, delle riserve naturali e di altre aree protette). Data l’importanza delle specie di caffè selvatico per lo sviluppo delle colture e la sostenibilità a lungo termine, si tratta di dati preoccupanti».

In contemporanea a quello sulle specie selvatiche, Justin Moat e Davis del Kew e l’etiope Tadesse W. Gole dell’Environment, climate change and coffee forest forum  hanno pubblicato su Global Change Biology  lo studio, “Least concern to endangered: Applying climate change projections profoundly influences the extinction risk assessment for wild Arabica coffee” che, per la prima volta, hanno effettuato un’ulteriore valutazione del rischio di estinzione del Caffè Arabica che tiene conto delle proiezioni sui cambiamenti climatici. Il team di Moat ha dimostrato che «L’Arabica selvatica è in pericolo, con una popolazione naturale stimata a ridursi fino al 50% o più entro il 2088 a causa dei soli cambiamenti climatici».

Il secondo lo studio, il Caffè Arabica rappresenta globalmente oltre 13 miliardi di dollari di esportazioni all’anno e quello selvatico è di fondamentale importanza per l’industria globale del caffè e in Etiopia rappresenta un’importante fonte di reddito. I ricercatori britannici ed etiopi evidenziano: «Si prevede che i cambiamenti climatici avranno un’influenza negativa sostanziale sulle attuali aree di crescita per l’Arabica indigena in Etiopia e nel Sud Sudan».  Per prevedere i cambiamenti nell’areale del Caffè Arabica selvatico in Etiopia e la futura consistenza delle popolazioni della specie ( Extent of Occurrence . EOO, e  Area of Occupancy, AOO), lo studio ha utilizzato proiezioni basate sui dati della circolazione atmosferica, scenari delle emissioni di gas serra e scenari migratori, E il risultati dimostrano che, a causa del cambiamento climatico «Entro il 2088, il numero di abitanti potrebbe ridursi del 50% o più (con alcuni modelli che mostrano oltre l’80%)» e EOO e AOO delle popolazioni di Caffè Arabica sono destinati a diminuire del 30% circa. Inoltre, per il 2018 i modelli mostrano una riduzione per l’EOO di oltre il 40% (con alcuni casi oltre il 50%), anche se l’EOO deve essere trattato con cautela a causa della sua sensibilità agli eventi periferici. Applicando questi dati agli indici di rischio della Lista Rossa Iucn, viene fuori che, con una valutazione molto prudente, entro  21 anni l’Arabica selvatica potrebbe rientrare nella categoria In via di estinzione). I ricercatori fanno notare che «Se non includiamo i cambiamenti climatici nella nostra valutazione, il caffè Arabica è valutato come Least Concern (non minacciato) quando si applicano i criteri della lista rossa Iucn».

Questo, se si tiene conto del cambiamento climatico nel considerare il rischio di estinzione, traccia un quadro sempre più preoccupante per molte altre specie di caffè. Ma i ricercatori avvertono che «Per la maggior parte delle altre specie di caffè non disponiamo dei dati spaziali dettagliati richiesti per tentare proiezioni dei cambiamenti climatici. Dal nostro lavoro emerge chiaramente che le aree protette e le collezioni di germoplasma richiedono più risorse, in modo che possano inglobare più specie di caffè e una maggiore diversità genetica del caffè, migliorare le loro strutture e migliorare la gestione». Questo è particolarmente vero per Paesi africani come l’Etiopia, la Tanzania, il Camerun e l’Angola e il Madagascar, che presentano i più alti livelli di diversità delle specie di caffè selvatico. L’utilizzo delle specie di caffè selvatico può favorire la loro sopravvivenza, poiché le specie con valore economico hanno spesso priorità per la conservazione.

Gli esempi positivi non mancano, come il  Yayu Forest Project, una joint venture tra Kew, Union Hand-Roasted Coffee in East London, partner etiopici e la comunità di coltivatori di caffè  Yayu dell’Etiopia sud-occidentale punta proprio ad evitare questo possibile disastro determinato dall’esodo delle popolazioni a causa dei cambiamenti climatici. Davis spiega che «Il modello del progetto è abbastanza semplice: il miglioramento della qualità del caffè aumenta il prezzo pagato agli agricoltori, il che migliora il reddito del caffè, e poiché il caffè è coltivato nella foresta, c’è un reale incentivo a conservare la foresta e la biodiversità che contiene; le aree di produzione della foresta del caffè circondano la foresta incontaminata, che comprende uno dei migliori rifugi per il caffè Arabica selvatico, conservando così le specie allo stato selvatico. Altre iniziative e interventi attentamente studiati potrebbero essere impiegati per conservare altre specie di caffè, ma nel complesso dobbiamo migliorare i nostri sforzi di conservazione. Questo si estende anche a tutte le nostre specie di piante selvatiche»,

Ma Davis non si nasconde che ci siano da fare cambiamenti radicali che passano anche attraverso le scelte dei consumatori e che la coltivazione del caffè può avere impatti ambientali sia negativi che positivi: «In molti luoghi l’agricoltura del caffè è una delle principali cause di deforestazione, che non necessariamente colpisce spesso le specie di caffè selvatico, ma sicuramente causa notevoli perdite nelle foreste e alla loro  biodiversità. Chiaramente, dobbiamo fare molto di più con l’etichettatura dei prodotti di caffè, in modo che i consumatori siano pienamente consapevoli dell’impatto (sia positivo che negativo) delle loro scelte di acquisto».

Davis conclude: »Negli ultimi due anni i prezzi del caffè sono stati insostenibilmente bassi. Questo deve cambiare. E’ chiaro che deve esserci un commercio equo e una procedimento sostenibile per i coltivatori di caffè. I recenti bassi prezzi del caffè hanno spinto molti agricoltori ad avere  bassi profitti o perdite. I coltivatori di caffè in tutto il mondo sono in molti casi i guardiani della diversità sensoriale (sapore) dei caffè coltivati ​​(Arabica e Robusta). Se i prezzi rimangono bassi per troppo tempo, gli agricoltori alla fine smetteranno di coltivare il caffè e perderemo molto di ciò che rende speciale il caffè».