Ricerca internazionale svela i 65mila geni del farro selvatico, l’antenato del grano

[10 Luglio 2017]

Un team internazionale di ricercatori ha ricostruito per la prima volta la sequenza del genoma del farro selvatico (Triticum turgidum ssp. dicoccoides). Il lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, è stato guidato dall’Università di Tel Aviv ed ha coinvolto diverse decine di ricercatori provenienti da istituzioni di tutto il mondo. L’Italia ha contribuito a questo risultato attraverso la partecipazione di Crea (Centro di ricerca genomica e bioinformatica di Fiorenzuola d’Arda), del Cnr (Istituto di biologia e biotecnologia agraria e Progetto InterOmics) e dell’Università di Bologna (Dipartimento di scienze agrarie).

Il farro selvatico è il progenitore da cui sono stati selezionati quasi tutti i frumenti coltivati, tra cui il grano duro ed il grano tenero utilizzati per produrre, rispettivamente, pasta e pane. Il farro selvatico non è coltivato a causa della bassissima produzione e dei caratteri selvatici che lo caratterizzano. Ad esempio, i semi maturi del farro selvatico cadono spontaneamente a terra rendendo difficile la loro raccolta da parte dell’uomo, mentre nel farro coltivato i semi rimangono sulla spiga. La decodifica del genoma del farro selvatico rappresenta un contributo fondamentale per lo studio dei caratteri genetici utili per il miglioramento dei frumenti coltivati (in relazione alla resistenza agli stress biotici ed abiotici, in particolare la siccità) e per la ricostruzione della storia evolutiva del frumento nella fase antecedente la nascita dell’agricoltura. La disponibilità del genoma del farro selvatico ed il confronto con il patrimonio genetico dei frumenti coltivati ha infatti consentito di identificare i geni responsabili dell’addomesticamento. In particolare sono stati caratterizzati due geni la cui mutazione spontanea impedisce la dispersione dei semi dalle spighe mature, una modifica che, rendendo possibile lo sviluppo dell’agricoltura nel neolitico, è stata determinante nell’indirizzare la storia dell’umanità.

Il genoma del farro selvatico è circa il triplo del genoma umano, caratteristica che rende la sua ‘lettura’ particolarmente difficile. Il Centro di ricerca genomica e bioinformatica ha partecipato con le proprie competenze bioinformatiche all’annotazione funzionale del genoma, ovvero all’identificazione della funzione dei geni, occupandosi in particolare di una porzione del genoma tanto misteriosa quanto affascinante poiché coinvolta nell’attività di regolazione genica in quanto sede di produzione dei cosiddetti RNA non codificanti. Ed è proprio questa parte del genoma ad essere la più interessante per la genomica del futuro permettendo di svelare i meccanismi di accensione e spegnimento coordinati degli oltre 65.000 geni presenti nel genoma del farro selvatico.

Cnr e Università di Bologna hanno contribuito allo studio dell’addomesticamento e della diversità genetica presente nelle popolazioni di farro selvatico e domestico, fonti importanti di variabilità ed una riserva fondamentale di varianti genetiche naturali tuttora scarsamente esplorata ed utilizzata per il miglioramento del frumento moderno. Da questo lavoro sono attese ricadute importanti sulle attività di miglioramento genetico per incrementare la sostenibilità, la resistenza alla siccità, la tolleranza alle patologie e gli aspetti nutrizionali e salutistici dei frumenti del futuro.

“L’approccio di sequenziamento ed analisi bioinformatica utilizzato per il farro selvatico è senza precedenti e ha aperto la strada al sequenziamento del frumento duro, la forma addomesticata del farro selvatico. Ora possiamo capire meglio come l’uomo ha trasformato questa pianta selvatica in un grano duro moderno ad alto rendimento”, ha detto il Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca Crea di genomica e bioinformatica e coordinatore del Consorzio internazionale di sequenziamento del frumento duro.

«La disponibilità della sequenza del farro selvatico è un vero e proprio filo di Arianna che ci consentirà di individuare più facilmente i geni per selezionare frumenti di qualità migliore ed a minor impatto ambientale. Conoscere questi geni è la premessa indispensabile per utilizzare le nuove metodiche di selezione come l’editing dei geni, la cui applicazione potrà assicurare la competitività della granicoltura nazionale», ha detto Roberto Tuberosa, responsabile del Laboratorio di genomica dei cereali presso il Dipartimento di scienze agrarie dell’Università di Bologna.

Aldo Ceriotti, direttore dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Cnr, sottolinea come «il confronto fra la sequenza del farro selvatico e quella del frumento duro ci permetterà di evidenziare come la selezione fatta dall’uomo abbia favorito l’accumulo di specifiche modificazioni nella sequenza del genoma di una delle principali specie coltivate nell’area del Mediterraneo, e costituirà una solida base per lo studio della variabilità genetica e lo sviluppo di nuove varietà di frumento duro».

di Cnr (Istituto di biologia e biotecnologia agraria e Progetto InterOmics)