Xylella, la Corte Ue ha condannato l’Italia: non ha impedito la diffusione del batterio

Da allora, anche a causa dell’approccio antiscientifico che da più parti è stato fomentato, sono stati infettati 183mila ettari, con danni per 1,2 miliardi di euro oltre alla perdita di 5mila posti di lavoro

[5 Settembre 2019]

Anni di bufale e fake news hanno finito per sbattere oggi (anche) sulla sentenza emessa dalla Corte di giustizia europea, che ha condannato l’Italia per la sconsiderata gestione dell’emergenza Xylella fastidiosa iniziata nel 2013 in Puglia. Da allora, anche a causa dell’approccio antiscientifico che da più parti è stato fomentato – ancora a gennaio di quest’anno sul blog di Beppe Grillo venivano pubblicati articoli dal sapore complottista come “Si scrive Xylella si legge Land Grabbing”, ad esempio –, questo batterio ha causato perdite enormi all’agricoltura italiana: Coldiretti stima che siano 183mila gli ettari infettati, con danni per 1,2 miliardi di euro oltre alla perdita di 5mila posti di lavoro.

Tutto questo poteva essere evitato? Quel che è certo, secondo la Corte Ue, è che non sono stati messi in campo gli strumenti necessari per provarci.

Come ricordano dalla Corte, i dati scientifici hanno evidenziato che la diffusione della Xylella dipende essenzialmente da alcuni insetti che possono spostarsi di circa 100 metri nel corso di soli 12 giorni, agendo così come vettori del batterio. Nel 2015, la Commissione ha dunque imposto agli Stati membri misure di eradicazione della Xylella, consistenti nel rimuovere immediatamente non solo le piante infette (in particolare gli olivi), ma anche tutte le piante ospiti – ancorché non presentanti sintomi d’infezione – situate in un raggio di 100 metri attorno a quelle contagiate, e ciò non solo nella zona infetta ma anche nella zona limitrofa, detta «cuscinetto». Nel mentre montavano però fake news e conseguenti proteste sul territorio, e nel 2016 l’eradicazione della Xylella non era più possibile: la Commissione Ue ha dunque modificato la propria decisione prevedendo eccezionalmente, per i territori infetti in modo stabile, misure di contenimento anziché di eradicazione. Misure che comprendono il monitoraggio del territorio nonché l’abbattimento immediato delle sole piante infette situate in una fascia della zona infetta avente una larghezza di 20 km calcolati a partire dal «bordo» esterno della medesima zona, quindi una fascia limitrofa alla zona cuscinetto (come mostrato nell’immagine in alto, ndr), che attraversa le province di Brindisi e di Taranto da Est ad Ovest.

Anche in questo caso però ci sono state defezioni: nel 2018 la Commissione ha quindi messo l’Italia di fronte alla Corte Ue, ritenendo che il nostro Paese non si fosse conformato alla sua richiesta di intervenire immediatamente per impedire la diffusione della Xylella e che, in ragione del persistere degli inadempimenti, tale batterio si fosse ampiamente diffuso in Puglia. Oggi la Corte Ue gli ha dato ragione.

«La Corte constata, in primo luogo – si legge nella sentenza – che l’Italia non ha proceduto immediatamente alla rimozione, nella zona di contenimento, almeno di tutte le piante infette nella fascia di 20 km della zona infetta confinante con la zona cuscinetto. In secondo luogo, la Corte constata che l’Italia non ha garantito, nella zona di contenimento, il monitoraggio della presenza della Xylella mediante ispezioni annuali effettuate al momento opportuno durante l’anno».