Accoppiarsi con i parenti? Per gli animali non è un grosso problema

Il tabù dell’incesto è una costruzione culturale e sociale umana. Uno studio con forti ricadute nei programmi di conservazione delle specie

[10 Maggio 2021]

E’ opinione diffusissima che la consanguineità non sia una buona cosa e che dovrebbe essere evitata in tutte le circostanze e l’idea che gli animali debbano evitare l’accoppiamento con i loro parenti è stata il punto di partenza per centinaia di studi scientifici condotti su molte specie. . Ma il recente studio “Meta-analytic evidence that animals rarely avoid inbreeding”, pubblicato su Nature Ecology and Evolution da Raïssa de Boer, Regina Vega-Trejo, Alexander Kotrschal e John Fitzpatrick della Zoologiska Institutionen della Stockholms universitet, dimostra che a sostegno di questa tesi ci sono poche prove de ha scoperto che il quadro è molto più complicato e che, come spesso accade in natura, non corrisponde alle convinzioni e ai tabù degli esseri umani.

La zoologa de Boer, spiega che «La gente presume che, quando ne hanno la possibilità,  gli animali dovrebbero evitare di accoppiarsi con un parente. Ma, per più di quattro decenni, la teoria evolutiva ci ha detto che, in una vasta gamma di condizioni, gli animali dovrebbero tollerare, o addirittura preferire, l’accoppiamento con i parenti».

Lo studio fornisce una sintesi di 139 studi sperimentali su 88 specie che coprono 40 anni di ricerca, risolvendo il dibattito di vecchia data tra aspettative teoriche ed empiriche su se e quando gli animali dovrebbero evitare la consanguineità. La de Boer spiega ancora «Ci siamo rivolti all'”elefante nella stanza” degli studi sull’evitamento della consanguineità, ribaltando la diffusa convinzione che, quando possibile, gli animali eviterebbero la consanguineità».

In realtà, lo studio dimostra che gli animali tentano raramente di evitare l’accoppiamento con i parenti, una scoperta coerente in un’ampia gamma di condizioni e approcci sperimentali. La Vega Trejo aggiunge: «Gli animali non sembrano preoccuparsi se il loro potenziale partner sia un fratello, una sorella, un cugino o un individuo non imparentato quando scelgono con chi accoppiarsi».

Lo studio ha anche esaminato l’evitamento della consanguineità negli esseri umani, confrontando i risultati con esperimenti simili fatti con animali e la de Boer spiega ancora: «Abbiamo confrontato gli studi che si chiedevano se gli esseri umani evitassero la consanguineità quando venivano presentate loro immagini di volti manipolati digitalmente per far sembrare i volti più o meno correlati a studi che utilizzavano approcci simili in altri animali. Proprio come altri animali, risulta che non ci sono prove che gli esseri umani preferiscano evitare la consanguineità, nonostante la nostra tendenza a reagire con disgusto all’incesto».

Le foto dei “parenti” erano attraenti dal punto di vista sessuale esattamente come le altre e quindi per l’Homo sapiens sapiens  il tabù dell’incesto è una – salutare – pratica sociale diffusa in quasi tutte le culture del mondo perché abbiamo gli strumenti di conoscenza e intellettivi per poterla elaborare.

Tuttavia, come ammettono i ricercatori, questo test mostra alcune limitazioni: «Le misure di scelta del compagno negli esseri umani erano al di fuori del loro contesto naturale».

L’autore senio dello studio, John Fitzpatrick, professore associato di zoologia all’università di Stoccolma, conclude: «I nostri risultati aiutano a spiegare perché molti studi non sono riusciti a trovare un chiaro supporto per evitare la consanguineità e offrono una roadmap utile per capire meglio come i fattori cognitivi ed ecologicamente rilevanti modellano le strategie di evitamento della consanguineità negli animali. I risultati avranno implicazioni di vasta portata per la biologia della conservazione. La scelta mate choice viene sempre più utilizzata nei programmi di allevamento di conservazione nel tentativo di avere successo negli sforzi di conservazione per le specie in via di estinzione. Cosa significa questo? Uno degli obiettivi primari degli sforzi di conservazione è mantenere la diversità genetica e generalmente ci si aspetta che la scelta del compagno raggiunga questo obiettivo. I nostri risultati richiedono cautela nell’applicazione della scelta del compagno nei programmi di conservazione».