Il caso del calamaro di Humboldt che diventa gigante

Il boom mondiale di polpi, calamari e seppie nell’oceano che cambia (VIDEO)

Un mare con meno pesci a più cefalopodi. Colpa di pesca e cambiamento climatico

[30 Maggio 2016]

Molte specie di pesci sono in declino, invece, negli ultimi 60 anni, negli oceani del mondo il  numero di cefalopodi (polpi, seppie e calamari) è aumentata nel corso degli ultimi 60 anni. E’ quanto emerge dallo studio “Global proliferation of cephalopods” pubblicato su Current Biology da un team di ricercatori australiani, portoghesi, spagnoli e sudafricani guidato dall’Environment Institute dell’università di Adelaide che ha redatto un database globale dei tassi di cattura di cefalopodi per indagare i trend di abbondanza a lungo termine.

Ma i cefalopodi sono creature sfuggenti, notoriamente difficili da contare. Per avere una migliore stima della loro abbondanza, i ricercatori hanno guardato i tassi di cattura – quanti vengono catturati per peschereccio per  unità di tempo – nel corso degli ultimi 60 anni, «Abbiamo utilizzato un ampio insieme di dati di 35 specie diverse (52% calamari, 31% polpi  e 17% seppie) provenienti da tutte le principali regioni oceaniche – spiegano – La maggior parte erano specie “bersaglio” volutamente ricercate dai pescatori, altre erano specie non bersaglio o catture accessorie. Abbiamo utilizzato sia i dati delle normali attività di pesca commerciali che specifiche indagini di ricerca. Ovunque guardassimo abbiamo trovato un aumento sostanziale e statisticamente significativo. I polpi e le seppie dei fondali costieri, che vivono relativamente vite statiche sono fiorenti, come lo sono i calamari che vivono sopra il fondale, insieme a quelli di mare aperto che possono viaggiare per migliaia di chilometri dai siti di  deposizione delle uova ai siti di alimentazione. In un momento in cui la vita negli oceani è minacciata, i cefalopodi sembrano in grado di invertire il trend».

La principale autrice dello studio, Zoë Doubleday, della School of Biological Sciences ed Environment Institute dell’università di Adelaide, spiega che «Le nostre analisi hanno dimostrato che dagli anni ’50 è aumentata l’abbondanza dei cefalopodi, un risultato che è stato notevolmente coerente in tre distinti gruppi. I cefalopodi vengono  spesso chiamati “weeds of the sea” perché hanno un insieme unico di caratteristiche biologiche, tra cui crescita rapida, durata di vita breve e sviluppo flessibile, che permettono loro di adattarsi alle mutevoli condizioni ambientali (come la temperatura) più rapidamente di molte altre specie marine, il che suggerisce che potrebbero beneficiare del cambiamento dell’ambiente marino».

Gli esseri umani hanno raggiunto e in molti casi superato i limiti sostenibili della pesca e a nostra popolazione in crescita richiede più cibo. Dal punto di vista della rete alimentare, abbiamo prima saccheggiato i pesci i predatori superiori, come  grandi squali, tonni e le balene, poi i pesci di medie dimensioni, come il merluzzo, il nasello e gli halibut che di solito vivono a lungo e crescono lentamente.

Lo spazio vuoto lasciato dal pesce può essere occupato da altre specie, e tra gli animali che ne stanno approfittando ci sono i cefalopodi, animali a rapida crescita che vivono in media un paio di anni ma che si riproducono deponendo moltissime uova e se queste hanno tassi di mortalità relativamente bassi, perché ci sono meno predatori, il successo riproduttivo aumenta. Se a questo si aggiunge che sono in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti ambientali, ecco spiegato il loro boom.

Il boom di calamari, polpi e seppie avrà conseguenze interessanti sia per l’ ecosistema che per le economie e le società umane. Da una parte ne potrebbero beneficiare squali, cetacei e pesci di grandi dimensioni che e ne cibano e i pescatori, dall’altro lato le popolazioni di cefalopodi sono molto meno stabili rispetto ai pesci che hanno una vita più lunga. Di solito seguono una strategia  “boom and bust“, che, di anno in anno, porta a variazioni di diversi ordini di grandezza nella biomassa marina, modifiche notoriamente difficili da prevedere. I profitti della pesca possono variare enormemente, in linea con le fluttuazioni delle popolazioni di cefalopodi, rischi esacerbati dalla mancanza di cooperazione e comunicazione tra industria della pesca e pescatori. I ricercatori avvertono che, «Per quanto riguarda la pesca, se vuole continuare a concentrare i  sui sforzi verso i cefalopodi, diventa di fondamentale l’importanza di gestire gli stock in modo appropriato in modo che non facciano la stessa fine di molti pesci nel recente passato».

Il calamaro di Humboldt (Dosidicus gigas), che normalmente pesa circa 1-2 kg e ha un ciclo di vita annuale  è uno degli esempi più eclatanti di come i cefalopodi rispondono ai cambiamenti climatici. Vive nelle acque calde del Pacifico orientale ed è importante per la pesca artigianale in Messico, Cile e Perù.  ma un forte evento caldo di di El Niño seguito da una Niña  fredda, può incidere fortemente su questi calamari: le acque più fredde durante una La Niña ritardano la loro maturazione e permettono loro di sopravvivere nell’anno successivo, raddoppiando il lorio ciclo vitale, ma durante il secondo anno continuano a crescere velocemente, tanto che alla fine raggiungono dimensioni molto più grandi. Questi eventi climatici hanno innescato la creazione di grandi gruppi di calamari bi-annuali che pesano 25 – 40 Kg, da 20 a 40 volte più di un calamaro di di Humboldt normale. Dopo El Niño / La Niña del  1997-2000 questi calamari hanno cominciato ad ampliare il loro areale fino a raggiungere la costa del Pacifico a nord della California  e l’Alaska, portando al rapido sviluppo di una delle più grandi industrie di pesca dei calamari del mondo, con un pescato annuo che varia da 600.000 a 1 milione di tonnellate e che è diventato estremamente importante per il sostentamento dei Paesi costieri del Pacifico orientale.

Tuttavia, un evento potente come quello 2015/2016 può causare la quasi completa scomparsa dei giganteschi calamari biennali, riportando le popolazioni alla loro “condizione normale” ed è proprio quello che  è successo di recente nel Golfo di Califronia, in Messico, provocando il caos nella pesca dei  calamari locale, e può anche accadere in Perù e Cile, un’altra regione dove è ancora in corso un forte evento El-Niño.

La Doubleday  sottolinea che la ricerca derivava da un’indagine  sul declino del numero di un cefalopode australiano: «C’è stata molta preoccupazione per declino numeri della iconica seppia gigante australiana (Sepia apama),  nell’area riproduttiva del Spencer Gulf, famosa a livello mondiale, nel South Australia. Per determinare se i modelli simili si verificavano altrove, abbiamo compilato questo database su scala globale.  Infatti, sorprendentemente, le analisi hanno rivelato che i cefalopodi, nel loro complesso, sono in crescita» e lo studio ha anche dimostrato che la popolazione di seppie giganti australamne nella zona di  Whyalla è ritornata a crescere».

Secondo Bronwyn Gillanders, del Department of Ichthyology and Fisheries Science dell’università sudafricana di Rhodes, «I cambiamenti su vasta scala dell’ambiente marino, causati dalle attività umane, possono essere il driver dell’aumento globale nel cefalopodi. I cefalopodi sono un gruppo di invertebrati ecologicamente e commercialmente importante e sono altamente sensibili ai cambiamenti ambientali. Attualmente, stiamo indagando su ciò che può aver causato la loro proliferazione: – il riscaldamento globale e la pesca eccessiva delle specie ittiche sono due teorie. E’ una domanda difficile, ma importante a cui rispondere, in quanto ci può raccontare una storia ancora più grande su come le attività umane stanno cambiando l’oceano».

Gli esseri umani hanno raggiunto e in molti casi superato i limiti sostenibili della pesca e a nostra popolazione in crescita richiede più cibo. Dal punto di vista della rete alimentare, abbiamo prima saccheggiato i pesci i predatori superiori, come  grandi squali, tonni e le balene, poi i pesci di medie dimensioni, come il merluzzo, il nasello e gli halibut che di solito vivono a lungo e crescono lentamente.

Lo spazio vuoto lasciato dal pesce può essere occupato da altre specie, e tra gli animali che ne stanno approfittando ci sono i cefalopodi, animali a rapida crescita che vivono in media un paio di anni ma che si riproducono deponendo moltissime uova e se queste hanno tassi di mortalità relativamente bassi, perché ci sono meno predatori, il successo riproduttivo aumenta. Se a questo si aggiunge che soni in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti ambientali, ecco spiegato il loro boom.

La Doubleday  conclude: «I cefalopodi si trovano in tutti gli habitat marini e, oltre ad essere voraci predatori, sono anche un importante fonte di cibo per molte specie marine, così come gli esseri umani. Quindi,  l’aumento della loro abbondanza ha implicazioni significative e complesse sia per la catena alimentare marina che per noi».

 

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