Brasile: la deforestazione nelle terras indígenas aumentata del 59% nei primi mesi del 2020

Il governo ignora gli allarmi e approfitta dell’epidemia di Covid-19 per lasciare mano libera ai fazendeiros. Pronta una legge per condonare i crimini di chi si è appropriato delle terre indigene

[14 Maggio 2020]

Greenpeace Brasil denuncia che «Il disboscamento e il Covid-19 avanzano nella foresta e i popoli che ci vivono con velocità travolgente e previsioni catastrofiche». Secondo un’analisi dei dati pubblicati nei giorni scorsi dal sistema Deter dell’Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais (Inpe), «Ne 4 primi mesi del 2020, gli allarmi di deforestazione nelle terras indígenas dell’Amazônia brasileira sono aumentati del 59% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso». Si tratta del dato più alto ddi deforestazione degli ultimi 4 anni e, spiegano a Greenpeace Brasil che «Questo significa che 1.319 ettari di foresta – che equivalgono a 1.800 campi di calcio – sono stati disboscati dentro a territori indigeni da gennaio ad aprile 2020. Nello stesso periodo dell’anno passato, questa cifra era di 827 ettari.

Si tratta di dati ufficiali – l’Inpe è un organismo governativo – rafforzano l’allarme sulla vera e propria offensiva lanciata da madeireiros, grileiros e garimpeiros che, ignorando le normative sul blocco delle attività determinato dal Coronavirus, stanno invadendo le terre indigene e portando il Covid-19 tra gli indios.

Dai dati del Deter  emerge una tendenza a un esplosivo aumento della deforestazione in tutta l’Amazzonia, non solo nelle terras indígenas. Ad aprile sono state registrati il 24,2% di allarmi deforestazione in più che nei mesi precedenti e solo da gennaio ad aprile di quest’anno, gli allarmi disboscamento sono aumentati di quasi il 55,5% rispetto allo stesso periodo del 2019. Greenpeace ricorda che stiamo parlando di un periodo piovoso, durante il quale di solito la distruzione della foresta rallenta. Ma la cosa più scioccante è che dai dati viene fuori, nei primi 4 mesi del 2020, un aumento della deforestazione del  172% nelle Unidades de Conservação, cioè in aree teoricamente protette.

Rômulo Batista, della campanha da Amazônia di Greenpeace Brasil, spiega: «Se analizziamo i dati del Deter del período da agosto de 2019 ad aprile 2020, le allerta indicano un’area deforestata di 5.483 km2. Questo è il tasso più alto degli ultimi cinque anni e del 99% superiore a quello registrato l’anno scorso nello stesso periodo. Se gli avvisi verranno confermati dal Prodes, che è il tasso ufficiale di deforestazione in Amazzonia, che usa come base la deforestazione tra l’agosto di un anno e il luglio dell’anno successivo, avremo, purtroppo, un altro anno con un triste  record».

Greenpeace Brasil dice che «Invece di cercare soluzioni,  il governo, che fino ad ora non ha intrapreso azioni efficaci per proteggere né i popoli indigeni né le foreste brasiliane, indebolisce ulteriormente le ispezioni ambientali, con il licenziamento di professionisti dell’Instituto Brasileiro do Meio Ambiente e dos Recursos Naturais Renováveis (Ibama), protagonisti delle recenti importanti operazioni contro garimpeiros e taglialegna illegali  in Amazzonia».

Come se non bastasse, il governo del presidente neofascista Jair Bolsonaro incoraggia l’invasione delle terras indígenas  ancora in fase di demarcazione, attraverso l’Instrução Normativa 09 della Fundação Nacional do Índio (Funai) e la Medida Provisória (MP) 910/2019, più conosciuta come “MP da Grilagem”  che promette ai fazendeiros e ai minatori abusivi di regolarizzare il possesso delle terre pubbliche che sono state invase fino al 2018.  Greenpeace Brasil spiega: «Dato che questa MP “scade” il 19 maggio, il governo federale ha agito ostentatamente per forzarne la votazione al Congresso il più presto possibile».

Carolina Marçal, anche lei della campanha Amazônia di Greenpeace Brasil, è molto preoccupata: «Stiamo assistendo alla diffusione molto rapida della pandemia in tutta l’Amazzonia,  che potrebbe, di fatto, causare un nuovo genocidio indigeno. Nel frattempo, il governo chiude un occhio sui crimini che stanno aumentando nella foresta. Questo è inaccettabile! Dobbiamo agire – con l’urgenza necessaria – per prenderci cura di coloro che si prendono cura della foresta. Data l’assenza dello Stato, continueremo a monitorare e denunciare, insieme al movimento indigeno e ad altri partner, le attività che mettono in pericolo la salute e i territori degli abitanti di questo Paese».

Gli ambientalisti brasiliani fanno notare che «Sfortunatamente, il Covid-19 sta raggiungendo i popoli indigeni, guardiani per eccellenza della foresta, senza i quali non sarebbe possibile superare l’altra emergenza che minaccia l’umanità: quella climatica. E’ noto all’opinione pubblica che le popolazioni indigene sono storicamente più vulnerabili alle malattie respiratorie. Inoltre, hanno diverse altre vulnerabilità, come quelle sociali – molte comunità mancano di elementi di base, come acqua e sapone – aggravate dalla grave fragilità della struttura del sistema sanitario al servizio degli indigeni».

Secondo l’Articulação dos Povos Indígenas do Brasil (Apib), dal primo caso  di Covid-19 confermato tra gli indios, una donna Kokama il primo aprile, ci sono già almeno 170 indios infettati e 38 morti. La Terra Indígena Yanomami, dove il 9 aprile è morto un giovane indigeno, è ancora invasa da almeno 20.000 minatori abusivi d’oro che continuano a muoversi liberamente all’interno del territorio ancestrale degli Yanomami.

Di fronte a questa grave situazione, diverse organizzazioni hanno attuato azioni di solidarietà. Un team di Greenpeace ha realizzato maschere in tessuto per le comunità più vulnerabili, in particolare le popolazioni indigene. Inizialmente, l’iniziativa “Costurar para Agregar”  prevedeva di produrre 15.000 mascherine, ma ne servono molte di più. La Marçal evidenzia che «Sono azioni come queste che possono effettivamente contribuire a rendere possibile una dinamica in reste, coinvolgendo diversi attori, in uno sforzo congiunto per ostacolare questa schiacciante diffusione del Covid tra le popolazioni indigene dell’Amazzonia».

Sin dall’inizio dell’epidemia, il movimento indigeno è stato attivo nel mettere in guardia le persone sulla necessità di proteggersi e di collaborare. La Coordenação das Organizações Indígenas da Amazônia Brasileira (Coiab)  ha sviluppato un piano di emergenza il cui obiettivo principale è garantire la sicurezza alimentare in alcune regioni.

Gli appelli rivolti al governo brasiliano perché adempia al proprio dovere costituzionale di proteggere le popolazioni indigene e i loro territori giungono un po’ da tutto il mondo e in alcuni casi coinvolgono personalità, intellettuali e politici. Come ad esempio il  un esempio il manifesto lanciato dal fotografo Sebastião Salgado per la protezione delle popolazioni indigene contro il Covid-19. Oltre a queste iniziative, c’è la lettera inviata al direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), Tedros Adhanom Ghebreyesus, firmata da quasi 200 organizzazioni e parlamentari, che chiede misure specifiche per garantire la protezione della vita dei popoli indigeni del Brasile.

Ma il 12 maggio  il presidente della Câmara dos Deputados, Rodrigo Maia, ha messo in discussione proprio la famigerata MP da Grilagem (MP 910/2019), un condono per i criminali della deforestazione, sollevando le proteste di ambientalisti, scienziati, artisti contro questa legge anti-foreste. Una scelta politica che Mariana Mota, specialista di politiche pubbliche di Greenpeace definisce «vergognosa, senza partecipazione e trasparenza. I deputati, invece di concentrare gli sforzi per minimizzare gli impatti della pndemia, si dedicano a una materia che può aggravare ancora di più la situazione, oltre ad aumentare la deforestazione e acuire le dispute sulle terre. Come se la paura del virus non fosse abbastanza, i popoli della foresta andranno a dormire anche con la paura dei grileiros, più che mai rafforzati dalla notizia che c’è stato un voto per una materia che li rappresenta».

Con la lettera aperta “Não há acordo com a grilagem”, 8 ex ministri dell’Ambiente, centrali sindacali, movimenti sociali e contadini e ONG ambientaliste esprimono il totale disaccordo con il MP 910 e dicono che «Il presidente della Camera dei deputati, Rodrigo Maia, deve ascoltare la società e mantenere ciò che ha promesso più volte: che, durante la crisi di Covid-19, avrebbe fatto votare solo su misure precedentemente concordate. Se Maia avesse dei dubbi, ora non ce n’è più: non c’è accordo per la MP da Grilagem (MP 910/2019). Naturalmente, mettere questa misura in votazione non rappresenterà coloro che lottano per un ambiente sano ed equilibrato, e per i popoli che vivono nella foresta». IL 7 maggio dei parlamentari avevano già inviato una lettera dello stesso tenore a Rodrigo Maia.

Le Associazioni ambientaliste brasiliane scrivono: «Come se non bastasse essere nel bel mezzo di una pandemia, c’è un’accelerazione della deforestazione in Amazzonia e la vicinanza dell’inizio della stagione degli incendi boschivi, con l’intensificazione dei conflitti che coinvolgono le invasioni di terra e l’intensificazione della violenza contro gli agenti degli Enti ambientali. Approvare questa materia, in qualsiasi versione, costituisce un’irresponsabilità criminale».