C’è poco tempo per salvare le barriere coralline. E’ ancora peggio di quel che pensavamo (VIDEO)

Rapporto Unep: il mondo potrebbe perdere le barriere coralline entro la fine del secolo

[23 Dicembre 2020]

Nel 2014, le barriere coralline di tutto il mondo diventarono bianco pallido a causa di un’ondata di caldo marino. Lo sbiancamento dei coralli è iniziato nel Pacifico e si è diffuso rapidamente negli oceani Indiano e Atlantico. Il cosiddetto terzo evento globale di sbiancamento è durato 36 mesi, segnando l’episodio di sbiancamento dei coralli più lungo, pervasivo e distruttivo mai registrato. E da allora le barriere coralline del mondo vivono in un’acqua mediamente più calda.

Secondo il nuovo rapportoProjections of Future Coral Bleaching Conditions Using IPCC CMIP6 Models”  del l’United Nations environment programme (Unep), «Eventi mondiali di sbiancamento di massa, come quello iniziato nel 2014, potrebbero diventare la norma nei prossimi decenni». Infatti, i  modelli climatici aggiornati del rapporto dimostrano che «Lo sbiancamento dei coralli sta avvenendo più velocemente del previsto e la salute futura delle barriere coralline del mondo è inestricabilmente legata alla riduzione delle emissioni di gas serra. Il tempo è essenziale per le specie marine, i mezzi di sussistenza umani e i tesori ancora sconosciuti nei nostri oceani ampiamente inesplorati».

Il principale autore del rapporto, Ruben van Hooidonk, un esperto di coralli del Cooperative Institute for marine and atmospheric studies della National oceanic and atmospheric administration Usa, sottolinea che «La parte triste è che le proiezioni sono ancora più terribili di prima. Significa che dobbiamo davvero cercare di ridurre le nostre emissioni di carbonio per salvare queste barriere coralline. Questo rapporto dimostra che dobbiamo farlo in modo ancora più urgente e intraprendere maggiori azioni perché è anche peggio di quello che pensavamo».

Il nuovo rapporto – pubblicato a novembre – esamina lo sbiancamento in base a due possibili scenari. Il primo si basa su un’economia mondiale ancora fortemente guidata dai combustibili fossili. Il secondo esplora un’opzione “a metà strada” in base alla quale i Paesi rispettano gli attuali impegni di limitare le emissioni di CO2 del 50%, che comporterebbe comunque un riscaldamento globale di oltre 2° C entro la fine del secolo.

Nello scenario “combustibili fossili”, il rapporto stima che «Tutte le barriere coralline del mondo sbiancheranno entro la fine del secolo con uno sbiancamento grave annuale che si verificherà in media entro il 2034, nove anni prima delle previsioni pubblicate tre anni fa. Se i Paesi raggiungono lo scenario di mezzo, lo sbiancamento grave verrà ritardato di 11 anni, fino al 2045.

Leticia Carvalho, a capo della sezione Marine and Freshwater dell’Unep, evidenzia che «Di fronte all’inazione, le barriere coralline scompariranno presto. L’umanità deve agire con urgenza, ambizione e innovazione basate sull’evidenza per cambiare la traiettoria di questo ecosistema, che è il canarino nella miniera di carbone per l’impatto del clima sugli oceani, prima che sia troppo tardi».

Le alte temperature oceaniche sono uno dei principali fattori scatenanti dello sbiancamento dei coralli. Quando le acque diventano troppo calde, i coralli rilasciano le alghe che rappresentano la loro fonte di energia e diventano bianchi. Se le condizioni migliorano, dopo un’ondata di caldo marino i coralli possono riprendersi dallo sbiancamento. Ma il susseguirsi di eventi di riscaldamento sempre più intensi e prolungati  possono indebolire irreparabilmente le barriere coralline.

Dal 1998 ci sono stati tre grandi eventi globali di sbiancamento, compreso quello del 2014. Il rapporto Unep avverte che «Se diventassero un evento annuale, questo segnerebbe il punto di non ritorno per le barriere coralline, compromettendo la loro capacità di fornire una serie di servizi ecosistemici, tra cui cibo, protezione delle coste, medicinali e opportunità di svago. Fondamentalmente, le barriere coralline supportano circa il 25% di tutte le specie marine da cui dipende almeno 1 miliardo di persone».

Le barriere coralline stanno subendo un’enorme variazione nei tempi e nella posizione di gravi sbiancamenti: «Barriere coralline distanti solo decine di chilometri possono mostrare temperature medie estive, soglie di sbiancamento e tassi di aumento della temperatura previsti diversi tra loro».

Ci si aspetta che, a causa di gravi eventi di sbiancamento prima del 2030, alcune barriere coralline siano ciò che il rapporto definisce «perdenti climatici».

Lo sbiancamento diffuso dei coralli è già familiare in molti territori, tra cui Fiji, Nuova Caledonia, Arabia Saudita, Papua Nuova Guinea e Australia orientale. Altri luoghi, come l’Indonesia, l’Australia occidentale, le Bahamas, il Madagascar, l’India e la Malaysia ospitano aree di barriera corallina che dovrebbero sbiancare solo dopo il 2044 e l’Unep spera che «Le barriere coralline che dimostrano questo tipo di minore vulnerabilità climatica potrebbero fungere da “rifugio temporaneo”». Per Hooidonk, «Questi sono i punti in cui i coralli sopravviveranno più a lungo e dove dovremmo concentrare gli sforzi di conservazione e ripristino».

Nonostante l’oceano copra gran parte della superficie terrestre, stiamo ancora scoprendo solo ora cosa si trova sotto il mare. A ottobre, i ricercatori hanno scoperto una barriera corallina alta quanto l’Empire State Building in Australia. Gli scienziati hanno stimato che lo strato più profondo della barriera corallina abbia 20 milioni di anni, secondo i media.

I coralli sono animali tenaci. Esistono da centinaia di milioni di anni e si sono adattati ai cambiamenti climatici. Sebbene non sappiamo esattamente come i coralli si adattano alle temperature mutevoli, il rapporto esamina la possibilità di questi adattamenti ipotizzando un riscaldamento compreso tra 0,25° C e 2° C. Ha inoltre rilevato che ogni grado di adattamento trimestrale porta a un possibile ritardo di 7 anni nello sbiancamento annuale previsto. Questo significa che, se riescono ad adattarsi a 1° C di riscaldamento, i coralli potrebbero ritardare di 30 anni il grave sbiancamento globale che porterebbe alla scomparsa delle barriere coralline. Ma se l’umanità continua con le attuali emissioni di gas serra, i coralli non sopravviveranno nemmeno con 2  C di adattamento.

Van Hooidonk conclude: «Quel che questo dimostra è che, anche con l’adattamento, dobbiamo ridurre le nostre emissioni per guadagnare tempo per quei luoghi dove possiamo fare sforzi di ripristino e mantenere in vita i coralli».

Videogallery

  • Underwater Architects - The priceless nature of coral reefs