Chi va più lontano? Il caribù. Ma il maratoneta è il lupo

Da uno studio globale conferme e sorprese sulle migrazioni dei mammiferi terresti e sulle interazioni preda-predatore

[7 Novembre 2019]

Lo studio “Who goes the farthest of them all? World’s longest terrestrial migrations and movements” pubblicato recentemente su Scientific Reports da un team internazionale di scienziati, conferma l’ipotesi più volte avanzata che siano i caribù  (Rangifer tarandus) i grandi mammiferi terrestri che compiono le migrazioni più lunghe del mondo.  Una scoperta realizzata grazie ai dati provenienti da collari GPS raccolti in tutto il mondo. Se è vero che non tutti i mammiferi migrano – e che le migrazioni dei mammiferi terrestri sono poca cosa rispetto a quelle dei mammiferi marini – il team di ricercatori internazionale ha anche determinato la lunghezza degli spostamenti dei mammiferi considerati non migratori nel corso di un anno.

Il team di ricerca ha infatti scoperto che i caribù di numerose popolazioni hanno le migrazioni più lunghe esistenti con distanze di andata e ritorno superiori a 1.245 km, ma, ma alcune specie come i lupi grigi (Canis lupus) e il khulan (asino selvatico mongolo. Equus hemionus hemionus), pur non migrando in modo regolare come i caribù, percorrono distanze annuali ancora maggiori. Il maratoneta record è un lupo della Mongolia che in un anno ha percorso 7.247 km, l’equivalente di una corsetta da Washington DC a Los Angeles e ritorno.

Uno degli autori dello studio, il biologo Eliezer Gurarie dell’università del Maryland, sottolinea che «Ciò che è stato affascinante di questo studio è la velocità della sua escalation: i tipi di relazioni ecologiche tra predatore e preda, le caratteristiche dell’habitat, gli impatti umani».

Studiando gli spostamenti di questi grandi maratoneti Il team ha scoperto diverse cose interessanti: i predatori non solo possono tenere il passo con le loro prede, ma spesso per sfamarsi sono obbligati a muoversi molto di più delle loro prede. In Mongolia, i lupi grigi si spostavano più delle loro prede, il khulan e il cammello battriano (Camelus bactrianus). In Alaska, i lupi si spostano più dei caribù o delle alci (Alces alces). Nella stessa regione, le prede di minori dimensioni si spostano più di quelle più grosse; ad esempio, nel Serengeti gli gnu (Connochaetes taurinus)  si spostano più delle zebre, In Alaska i caribù più delle alci e in Mongolia i khulan più dei cammelli selvatici. Secondo lo studio, «Una possibile spiegazione di questo modello è che gli animali di grossa taglia sono in grado di utilizzare fonti alimentari di qualità inferiore che sono più abbondanti e ciò, nel complesso, consente loro di muoversi meno. Infine, i livelli di movimento più elevati da parte degli erbivori sono stati associati a una minore produttività vegetativa. Meno cibo era disponibile, più si spostavano, probabilmente per acquisire risorse sufficienti».

I maggiori spostamenti dei grandi mammiferi sono stati riscontrati in aree a bassissimo disturbo umano, il che secondo i ricercatori evidenzia gli effetti della frammentazione dell’habitat e dello sviluppo umano.

Un altro autore dello studio, Mark Hebblewhite dell’università del Montana, conclude: «Uno degli aspetti più sorprendenti di questo studio è il semplice fatto che i grandi mammiferi, provenienti da tutto il mondo, hanno bisogno di così tanto habitat per muoversi. Le migrazioni stagionali, le dinamiche delle predatori-prede e la necessità di procurarsi il cibo guidano questi sorprendenti movimenti sulle lunghe distanze. Il nostro studio si basa su un corpus scientifico crescente che dimostra che l’attività umana può influire negativamente sui movimenti e sulle popolazioni di animali, e il nostro lavoro sottolinea la necessità di mantenere habitat e connettività fondamentali per mantenere questi animali in movimento. Le migrazioni a lunga distanza sono minacciate in tutto il mondo, ma sono fondamentali per la conservazione di molte specie iconiche. Comprendere la migrazione e il movimento degli animali attraverso studi come questo è la chiave per un’efficace gestione e conservazione della fauna selvatica».