Come fanno i coralli duri a sopravvivere senza luce nelle profondità marine?

Una ricerca record fino a 172 metri di profondità che porta le prime conferme alla “teoria del rifugio”

[16 Febbraio 2021]

In acque poco profonde, a meno di 30 metri, la sopravvivenza dei coralli duri dipende da alghe unicellulari fotosintetiche che vivono nei loro tessuti, zooxantelle. Ma come si adattano i coralli che vivono nelle profondità marine dove la luce non arriva?

A rivelarlo è lo studio “Symbiotic associations of the deepest recorded photosynthetic scleractinian coral (172 m depth)”, pubblicato su The ISME Journal  da un team di ricercatori francesi  del CNRS, EPHE-PSL1  e internazionali dell’Under The Pole Consortium (Expedition III) che hanno studiato, per la prima volta, negli arcipelaghi della Polinesia francese, la distribuzione di questi coralli cosiddetti mesofotici, dalla superficie ad una profondità di 120 metri, con un’immersione record a 172 metri!.

Al CNRS spiegano che «Man mano che la quantità di luce si affievolisce verso il fondo, oltre alla sua associazione con le zooxantelle, il corallo si associa ad un’altra alga, filamentosa, che si inserisce nel suo scheletro. Queste alghe potrebbero quindi svolgere un ruolo importante nell’adattamento del corallo alla vita in profondità, perché catturano le deboli lunghezze d’onda, che sono gli unici residui di luce in profondità».

L’ultima immersione per realizzare lo studio era stata effettuata a giugno 2020 al largo dell’isola di Makatea, a 120 metri di profondità, da Emmanuelle Périé-Bardout  della Sorbonne Université e da Erwan Marivint di  Under The Pole Consortium  che hanno fotografato le  colonie di corallo che il team di ricerca studiava da 12 mesi, scoprendo una barriera corallina completamente ricoperta di corallo del tipo Leptoseris tra 80 e 90 metri di profondità, delle grotte e avvistando uno squalo albimarginatus mentre gli scienziati recuperavano i sensori.  Come spiegava sul suo blog la  Périé-Bardout, «Gli scienziati sono ora in possesso della più grande collezione al mondo di coralli profondi, abbiamo riportato il corallo più profondo del mondo mai osservato e raccolto da 172 metri, segnalato nuove specie per la Polinesia e per la scienza, ma soprattutto speriamo che questi campioni vengano a consolidare la “teoria del rifugio”, confermando che le larve dei coralli mesofotici potrebbero venire a ricolonizzare quelli danneggiati in superficie. Una speranza per le barriere coralline che stanno sbiancando e morendo in tutto il mondo, portando con sé una colossale perdita per la biodiversità degli oceani».

Dopo è iniziato un lungo lavoro di laboratorio per analizzare ed elaborare tutti i dati raccolti dalla spedizione: migliaia di foto,  genetica dei campioni, dati acustici registrati dagli idrofoni, dati oceanografici dai sensori posti a diverse profondità e analisi effettuate a ogni sito lungo la colonna d’acqua. Quanto basta per occupare gli scienziati per qualche anno.

Lo studio, realizzato grazie al sostegno dell’Agence Nationale de la Recherche francese, fornisce nuove conoscenze sugli ecosistemi corallini profondi, che sono al centro del crescente interesse per il loro potenziale ruolo di rifugio  mentre le barriere coralline di superficie sono sempre più direttamente minacciate dal riscaldamento globale e dagli impatti antropici.