Conservare le nicchie delle specie per preservare la diversità biologica

Mappe degli habitat di 20.000 specie animali: il 90% è a rischio. L’Italia è tra i Paesi europei con la maggiore densità di aree prioritarie

[27 Marzo 2020]

Il pianeta Terra sta cambiando rapidamente, e molte specie devono adattarsi per sopravvivere. Nel 1992, consapevoli dell’accelerata crisi della biodiversità, 195 governi (compreso quello italiano) hanno firmato la Convention on biological diversity (Cbd), che richiede di proteggere non solo le specie, ma anche i loro processi evolutivi. Come spiegano all’università Statale di Milani, «Le popolazioni infatti possono evolvere per adattarsi all’ambiente e la capacità di evolvere è essenziale per sopravvivere in un pianeta che cambia. Conservare i processi evolutivi significa che riserve e progetti di conservazione dovrebbero proteggere non solo le specie, ma anche la diversità delle condizioni»

Lo studio “Global conservation of species’ niches”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori internazionale del quale fanno parte Carlo Rondinini, del Global Mammal Assessment Program del Dipartimento di biologia e biotecnologie dell’università la Sapienza di Roma, e Gentile Ficetola del Dipartimento scienza e politica ambientale dell’università Statale di Milano del Laboratoire d’Ecologie Alpine dell’Universitè Grenoble Alpes, ha misurato quanto le aree protette del mondo riescono a tutelare le nicchie delle specie. Per farlo il team di scienziati guidato dall’australiano Jeffrey Hanson della School of biological sciences dell’università del Queensland ha sviluppato mappe degli habitat per 20.000 specie di mammiferi, uccelli e anfibi, e le ha combinate con le mappe dei climi e delle aree protette di tutto il mondo, con risultati sorprendenti.

Alla Statale di Milano evidenziano che «Purtroppo le nicchie del 90% degli animali considerati non sono tutelate adeguatamente dalle aree protette. Questo significa che, per moltissime specie, parchi e riserve non sono attualmente in grado di conservare tutte le popolazioni necessarie per la loro sopravvivenza a lungo termine. Adattamenti locali sorprendenti si osservano anche in molte specie minacciate». I ricercatori italiani fanno l’esempio della  rana di Lataste (Rana latastei): «E’ un piccolo anfibio minacciato, che vive esclusivamente negli ultimi frammenti di foresta nella Pianura Padano-Veneta. Le popolazioni di questa rana che vivono in aree diverse della Pianura Padana sono state capaci di evolvere per adattarsi alle differenze di clima tra le aree collinari e le aree di bassa pianura. Purtroppo, anche questa rana non è tutelata adeguatamente dalle nostre aree protette e molte popolazioni stanno scomparendo». Lo studio dimostra che «La rete di aree protette deve essere migliorata per preservare il potenziale adattativo di questa e di molte altre specie. Queste nuove aree protette devono essere distribuite in modo strategico per far sì che ogni specie abbia una tutela adeguata. Poiché le risorse disponibili sono sempre limitate, è necessario ottimizzare questo processo con particolari strumenti di calcolo».

Lo studio ha identificato alcune aree prioritarie per la conservazione delle nicchie delle specie, che possono essere combinate con le aree protette attuali. I ricercatori dicono che «Queste aree prioritarie sono soprattutto in corrispondenza degli hot-spot di biodiversità, quali le Ande tropicali, il Madagascar, l’Himalaya e l’Indonesia. Ciononostante, diverse aree prioritarie si trovano anche in Europa, e l’Italia è tra i Paesi europei con la maggiore densità di aree prioritarie».

Lo studio conclude: «Sforzi coordinati tra tutti i paesi sono necessari per migliorare la rete di aree protette e tutelare le nicchie delle specie. Alla fine del 2020 i Paesi che hanno firmato la Convenzione sulla Biodiversità si dovrebbero incontrare per ridefinire le politiche di conservazione del prossimo decennio. Questa sarà un’opportunità per proteggere al meglio questi ambienti».