Dal festino alla carestia: come la caccia a foche e balene e i cambiamenti climatici hanno influenzato la vita dei pinguini

Uno studio sui pinguini perdenti e vincenti nell’Antartide colpita dal riscaldamento globale

[17 Dicembre 2019]

Lo studio “Divergent Trophic Responses of Sympatric Penguin Species to Historic Anthropogenic Exploitation and Recent Climate Change” pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) rivela come per più di un secolo i pinguini hanno affrontato le conseguenze degli impatti umani in Antartide e perché alcune specie sono tra i vincenti o i perdenti in questo ecosistema in rapida evoluzione.

Michael Polito, che ha guidato il team di ricercatori della Louisiana State University e delle università di Rhode Island, Oxford, California – Santa Cruz e Saskatchewan, ricorda che «Sebbene remota, l’Antartide ha una lunga storia di impatti umani sui suoi ecosistemi e animali. Dall’inizio alla metà del 1900, gli esseri umani avevano cacciato molti delle sue foche e balene quasi fino all’estinzione. Le popolazioni di foche e balene si stanno ora riprendendo, ma decenni di cambiamenti climatici e una crescente industria della pesca commerciale hanno ulteriormente degradato l’ambiente».

Il team di ricercatori ha cercato di capire come l’interferenza antropica negli ecosistemi antartici nel secolo scorso abbia portato ai boom e alle carestie nella disponibilità di una fonte di cibo essenziali per i pinguini: il krill antartico. Polito ha spiegato che «Il krill antartico è un crostaceo simile a un gambero che è una fonte di cibo chiave per pinguini, foche e cetacei. Quando le popolazioni di foche e balene si sono ridotte a causa di una pesca storica eccessiva, si pensa che questo abbia portato a un surplus di krill tra l’inizio e la metà del 1900. In tempi più recenti, si ritiene che gli effetti combinati della pesca commerciale del krill, i cambiamenti climatici antropogenici e il recupero delle popolazioni di foche e balene abbiano ridotto drasticamente l’abbondanza di krill».

Lo studio ha determinato le diete del sottogola e dei pigoscelidi antartici (Pygoscelis antarcticus) e dei pinguini papua (Pygoscelis papua) analizzando i valori dell’isotopo dell’azoto stabile degli aminoacidi nelle piume di pinguino raccolte durante le esplorazioni della Penisola Antartica durante il secolo scorso.

Uno degli autori dello studio, Kelton McMahon, dell’università del Rhode Island, spiega a sua volta: «Conosciamo tutti il ​​detto “Sei quello che mangi”. Tutti gli esseri viventi registrano un segnale chimico del cibo che mangiano nei loro tessuti. Abbiamo usato i valori stabili dell’isotopo delle piume di pinguino come segnale chimico di ciò che i pinguini hanno mangiato negli ultimi 100 anni».

Dato che non c’è mai stata una vera e propria caccia commerciale ai pinguini, Polito e il suo team si aspettavano che i cambiamenti nelle loro diete e popolazioni rispecchiassero i cambiamenti nella disponibilità di krill. Il team si è concentrato sui pigoscelidi antartici e i pinguini papua perché negli ultimi 50 anni i primi hanno subito un forte declino della popolazione, mentre i secondi sono aumentati nella Penisola Antartica.

Un altro degli autori dello studio, Tom Hart dell’università di Oxford, sottolinea: «Dato che i pinguini papua vengono comunemente considerati vincitori dei cambiamenti climatici e i pigoscelidi antartici come perdenti dei cambiamenti climatici, abbiamo voluto indagare su come le differenze nella loro dieta potrebbero aver permesso a una specie di far fronte a un approvvigionamento alimentare mutevole mentre l’altra non ce l’ha fatta». Il team ha scoperto che entrambe le specie di pinguini si nutrivano principalmente di krill durante il surplus di krill all’inizio della metà del 1900 causato dalla caccia a foche e balene. Al contrario, nella seconda metà del secolo scorso, i pinguini papua hanno mostrato sempre di più un cambiamento adattativo, passando da un rigoroso consumo di krill all’inclusione di pesci e calamari nella loro dieta, a differenza dei pigoscelidi antartici che hanno continuato a nutrirsi esclusivamente di krill.

Polito evidenzia che «I nostri risultati indicano che la caccia storica e i recenti cambiamenti climatici hanno alterato la rete alimentare marina antartica nel corso dell’ultimo secolo. Inoltre, la diversa dieta e le risposte della popolazione osservate nei pinguini indicano che specie come i pigoscelidi antartici, con diete specializzate e una forte dipendenza dal krill, continueranno probabilmente a cavarsela peggio quando il cambiamento climatico e altri impatti umani si intensificheranno».

Gli autori prevedono che «Durante il prossimo secolo La regione della Penisola Antartica rimarrà un hotspot per i cambiamenti climatici e gli impatti umani» e ritengono che le loro ricerche saranno utili nel prevedere quali specie avranno grosse difficoltà e quali resisteranno, o addirittura trarranno vantaggio dai cambiamenti futuri.

McMahon conclude: «Comprendendo come gli ecosistemi del passato rispondono ai cambiamenti ambientali, possiamo migliorare le nostre previsioni sulle risposte future e gestire meglio le interazioni uomo-ambiente in Antartide».