Biodiversità: fucili, reti e bulldozer fanno ancora più danni del cambiamento climatico

Gestire caccia, agricoltura e aree protette per salvare le specie dal rischio estinzione in un mondo sempre più caldo

[16 Agosto 2016]

C’è una tendenza crescente  dei media a concentrarsi sulle minacce alla biodiversità che vengono dai  cambiamenti climatici, ma l’articolo “The ravages of guns, nets and bulldozers” pubblicato su Nature dai ricercatori  australiani  Sean Maxwell, James. Watson e Richerd Fuller, dell’università del Queensland, e Thomas Brooks dell’International union for conservation of nature (Iucn), rivela che quasi i tre quarti delle specie minacciate di estinzione del mondo sono in pericolo perché le persone stanno convertendo il loro habitat in terreni agricoli e per il sovrasfruttamento delle specie.

Il team ha studiato, insieme alle Wildlife conservation society (Wcs) 8.688 specie elencate nella Lista Rossa Iucn e Maxwell spiega che «lo studio ha rilevato che il 72% (6.241 specie) sono state sfruttate in eccesso (la raccolta delle specie nell’ambiente naturale a costi non compensati dalla riproduzione o dalla ricrescita)».

Gli autori dello studio hanno anche dimostrato che l’espansione e l’intensificazione delle attività agricole mette a repentaglio la sopravvivenza di 5.407 (62%) della specie delle specie valutate,  tra cui ghepardi in Africa e la lontra dal naso peloso in Asia.

I ricercatori lanciano un messaggio ai rappresentanti di governi, industrie e Ong che a settembre si ritroveranno al World Conservation Congress dell’Iucn per prendere provvedimenti riguardanti la biodiversità e l’applicazione dell’accordo sul clima di Parigi: «E’ anche fondamentale che i delegati World Conservation Congress – e la società in generale – facciano in modo che gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico non oscurino le priorità più immediate per la sopravvivenza della flora e della fauna di tutto il mondo».

Maxwell, della School of geography, planning and environmental management dell’università del Queensland, conferma: «Per esempio, il rinoceronte di Sumatra, il gorilla occidentale e un mammifero squamoso, il pangolino cinese, vengono tutti cacciato illegalmente per l’elevata domanda di mercato per le parti  del loro corpo e per la carne. In confronto, il 19% per cento delle specie sono considerate minacciate dai cambiamenti climatici. Siamo preoccupati perché gli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici potrebbero far passare in secondo piano le priorità più immediate per la sopravvivenza della flora e della fauna di tutto il mondo. Affrontare il sovrasfruttamento e le attività agricole è la chiave per aggirare dell’estinzione della biodiversità. Questo deve essere in prima linea nel programma di conservazione».

Warson, che lavora per la Wcs, evidenzia che «La storia ci ha insegnato che minimizzare gli impatti da sovrasfruttamento e dell’agricoltura richiede una varietà di azioni di conservazione, ma possono essere ottenuti. Azioni come aree protette ben gestite, l’applicazione dei regolamenti per la caccia e la gestione dei sistemi agricoli in modo da consentire alle specie minacciate di persistere al loro interno, possono tutte svolgere un ruolo importante nel ridurre la crisi della biodiversità. Queste attività devono essere ben finanziate e con  priorità per i settori che ridurranno minaccia».

Di tutte le specie di piante, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi che si sono estinte dal 1500 dopo Cristo in poi , il 75% è stato colpito da un eccessivo sfruttamento o dall’attività agricola o da entrambi (spesso in combinazione con l’introduzione di specie esotiche invasive). Il cambiamento climatico diventerà un problema sempre più dominante nella crisi della biodiversità, ma lo sviluppo e la crescita della popolazione umana faranno aumentare anche gli impatti del sovrasfruttamento e dell’espansione agricola.

Per fortuna, ci sono strumenti efficaci e approcci per alleviare danni causati dal sovrasfruttamento e dalle attività agricole, secondo i ricercatori, «Questi includono lo sviluppo e la governance dei regimi di raccolta sostenibili; l’applicazione della regolamentazione della caccia e aree marine protette  no-take; il mantenimento dei meccanismi di politica internazionale; come la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione; e l’istruzione pubblica (per esempio, da dove viene l’avorio) per ridurre la domanda. Bisogna potenziare anche la creazione di aree protette per salvaguardare le aree chiave della biodiversità; la gestione dei sistemi agricoli in modo da consentire alle specie minacciate di persistere al loro interno; la regolamentazione dei pesticidi e dei fertilizzanti; la certificazione della sostenibilità agricola; e la riduzione dei rifiuti alimentari, per esempio, utilizzando programmi urban food-transfer. Fondamentalmente, assicurando che l’eccessivo sfruttamento e le attività agricole oggi non compromettano gli ecosistemi domani, contribuirà a migliorare le sfide poste dall’imminente cambiamento climatico. Ecosistemi sani sono gli stoccaggi migliori per carbonio. Sono anche più in grado di fornire la connettività fisica e della diversità genetica necessaria per consentire le specie di adattarsi ai grandi cambiamenti climatici attesi entro la fine secolo».

I ricercatori concludono lanciando un messaggio ai rappresentanti di governi, industrie e Ong che a settembre si ritroveranno al World Conservation Congress dell’Iucn per prendere provvedimenti riguardanti la biodiversità e l’applicazione dell’accordo sul clima di Parigi: «E’ anche fondamentale che i delegati World Conservation Congress – e la società in generale – facciano in modo che gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico non oscurino le priorità più immediate per la sopravvivenza della flora e della fauna di tutto il mondo».