A Gibuti rispunta il sengi somalo, il toporagno elefante ritenuto scomparso da 50 anni

Le indagini genetiche rivelano che appartiene a un nuovo genere. Le prime foto del sengi somalo in natura

[18 Agosto 2020]

L’ultima documentazione scientifica dell’esistenza del sengi somalo (Elephantulus revoilii ), una delle 25 specie perdute più ricercate al mondo, risaliva agli anni ’70 e nessuno aveva dato credito ai successivi sporadici avvistamenti locali degli ultimi 50 anni.

Invece  lo studio “New records of a lost species and a geographic range expansion for sengis in the Horn of Africa”, appena pubblicato su PeerJ da un team di ricercatori statunitensi e di Association Djibouti Nature e del ministero degli affari urbani, ambiente e turismo di Gibuti, rivela che questo toporagno elefante non è scomparso ma è vivo e vegeto, almeno nel deserto desolato di Gibuti.

I toporagni elefante, o sengi, non sono né elefanti né toporagni, ma sono imparentati con l’oritteropo, gli elefanti e i lamantini. Hanno nasi lunghi e flessibili che utilizzano per banchettare con gli insetti. Nel mondo ci sono 20 specie di sengi conosciute e il sengi somalo è una delle più misteriose e finora era conosciuto alla scienza solo per 39 individui raccolti decenni fa e conservati nei musei. Precedentemente la specie era conosciuta solo dalla Somalia, Paese dal quale deriva il suo nome. Ma il Sengi sparito è ricomparso nella piccolissima Gibuti, incastonata tra Somalia, Etiopia ed Eritrea.

Il principale autore dello studio Steven Heritage, della Duke University e della Stony Brook University, che ha partecipato alla spedizione nel Corno d’Africa nel 2019, si è detto entusiasta di aver riportato la specie “sul radar” e ha detto alla BBC: «Eravamo davvero eccitati ed euforici quando abbiamo aperto la prima trappola che conteneva un toporagno elefante, un sengi somalo. Non sapevamo quale specie fosse presente a Gibuti e quando abbiamo visto la caratteristica ed esclusiva piccola coda a ciuffo, ci siamo guardati l’un l’altro e abbiamo capito che era qualcosa di speciale».

Gli scienziati erano incuriositi dalle voci di avvistamenti di sengi a Gibuti e Houssein Rayaleh, un ambientalista dell’Association Djibouti Nature che si è unito alla spedizione era sicuro di averne visto uno e spiega. «mentre le persone che vivono a Gibuti non hanno mai considerato “persi” i sengi, la nuova ricerca riporta il sengi somalo nella comunità scientifica, il che è apprezzabile. Per Gibuti questa è una storia importante che mette in luce la grande biodiversità del Paese e della regione e mostra che qui ci sono opportunità per nuove ricerche scientifiche».

Il team di ricerca ha posizionato più di 1.000 trappole in 12 siti, innescandole con una miscela di burro di arachidi, farina d’avena e lievito e nella prima trappola che ha piazzato nel territorio arido e roccioso di Gibuti ha subito catturato un toporagno elefante.

In totale, durante la spedizione americana-gibutense sono stati avvistati 12 sengi e sono state scattate le prime foto e girati i primi video in assoluto di toporagni elefanti somali vivi.

La buona notizia è che non sembrano esserci pericoli immediati per l’habitat della specie, che è remoto, inaccessibile e lontano da territori agricoli o urbanizzati.

I ricercatori dicono che «L’abbondanza della specie sembra simile a quella di altri toporagni elefante e il suo areale potrebbe estendersi oltre Gibuti, fino in Somalia e forse in Etiopia.

Robin Moore, di Global Wildlife Conservation, l’associazione che aveva messo una “taglia” simbolica sul sengi somalo, ha detto a BBC News: «Di solito quando riscopriamo specie perdute, troviamo solo uno o due individui e dobbiamo agire rapidamente per cercare di prevenire la loro imminente estinzione. Questa è una riscoperta gradita e meravigliosa, durante un periodo di turbolenze per il nostro pianeta, e che ci riempie di rinnovata speranza per le restanti specie di piccoli mammiferi nella nostra lista dei più ricercati, come la talpa dorata di De Winton, un parente del sengi, e il Ilin Island cloudrunner». (Crateromys paulus)

Ma le sorprese non sono finite: l’analisi del DNA mostra che il sengi somalo è più strettamente imparentato con altre specie provenienti dal lontano Marocco e dal Sud Africa, collocandolo in un nuovo genere. Il mammifero si è in qualche modo disperso nel tempo su grandi distanze, lasciando ai biologi il compito di risolvere un nuovo puzzle scientifico.

I ricercatori americani e di Gibuti hanno in programma di lanciare un’altra spedizione nel 2022 per contrassegnare con il GPS i singoli sengi per studiarne il comportamento e l’ecologia.

Kelsey Neam di Global Wildlife Conservation conclude: «Scoprire che il sengi somalo esiste in natura è il primo passo verso la sua conservazione. Ora che sappiamo che sopravvive, scienziati e ambientalisti saranno in grado di garantire che non scompaia mai più».