Migliorare la proprietà terriera nel bacino amazzonico può frenare la deforestazione e la perdita di biodiversità.

Fao e Filac: i popoli indigeni e tribali sono i migliori amministratori delle foreste

Ma le popolazioni indigene latinoamericane sono sotto attacco crescente nonostante svolgano un ruolo cruciale contro il cambiamento climatico

[26 Marzo 2021]

Il tasso di deforestazione è significativamente più lento nei territori Secondo il nuovo rapporto  “Forest Governance by Indigenous and Tribal Peoples” pubblicato da Fao e Fondo para el Desarrollo de los Pueblos Indígenas de América Latina y El Caribe  (FILAC), «Il tasso di deforestazione è significativamente più lento nei territori indigeni e tribali dove i diritti alla terra sono stati ufficialmente riconosciuti dalle autorità pubbliche».

Il rapporto, basato su una revisione di oltre 300 studi pubblicati negli ultimi due decenni, dimostra anche che la sicurezza fondiaria in questi territori è un modo efficiente e redditizio per ridurre le emissioni di carbonio e, per la prima volta, come i popoli indigeni e tribali in America Latina e nei Caraibi siano i migliori amministratori delle loro foreste, anche rispetto agli organismi responsabili di altre foreste della regione.

La Fao sottolinea però che «Questa ricerca evidenzia anche le crescenti incertezze che aleggiano sul loro ruolo protettivo, mentre l’Amazzonia si avvicina a un punto di non ritorno, e dove si osservano preoccupanti effetti su precipitazioni e temperature, che sollevano preoccupazioni per le successive ripercussioni sul clima, sulla produzione alimentare e sul clima globale».

Julio Berdegué, rappresentante regionale della Fao per l’America Latina e Caraibi, ricorda che «I popoli indigeni e tribali e le foreste all’interno dei loro territori svolgono ruoli vitali nella lotta contro il cambiamento climatico e la lotta contro la povertà, la fame e la malnutrizione. I loro territori contengono circa un terzo di tutto il carbonio immagazzinato nelle foreste dell’America Latina e dei Caraibi e il 14% del carbonio immagazzinato nelle foreste tropicali di tutto il mondo».

I migliori risultati sono stati osservati nei territori indigeni che hanno visto riconosciuti  diritti legali collettivi sulle loro terre: dal 2000 al 2012, i tassi di deforestazione in questi territori situati nell’Amazzonia boliviana, brasiliana e colombiana rappresentavano erano solo la metà o  un terzo di quelli in altre foreste con caratteristiche ecologiche simili.

La presidente del FILAC, Myrna Cunningham, sottolinea che «Quasi la metà (45%) delle foreste intatte nel bacino amazzonico si trova nei territori indigeni. Questo dovrebbe essere visto come una prova eloquente del loro ruolo vitale nella protezione delle foreste: mentre l’area di foresta intatta è diminuita dell’11,2% dal 2000 al 2016 nelle aree non indigene della regione, è diminuita solo del 4,9% nei settori autoctoni».

Per molto tempo la deforestazione e il degrado forestale in queste aree sono stati modesti grazie a fattori culturali, al riconoscimento da parte dei governi di diritti collettivi sulla terra, incentivi economici per proteggere le foreste, restrizioni statali sull’utilizzo delle loro risorse, bassa redditività dell’agricoltura commerciale, ridotta disponibilità di capitali e bassa pressione demografica. Ma lo scenario è cambiato e oggi aumenta la pressione sulle comunità forestali autoctone a causa della  crescente domanda di cibo, minerali, energia, legno, turismo e altri prodotti e servizi.

Questi elementi mettono  a rischio la funzione protettiva  di queste comunità autoctone  e la deforestazione in Amazzonia avanza ogni giorno di più, il che influenzerà in modo significativo le precipitazioni, la temperatura e, nel tempo, la produzione alimentare globale e il clima.

Il rapporto invita i governi a «Investire in progetti che rafforzino il ruolo delle popolazioni indigene e tribali nella governance forestale, migliorino i diritti territoriali comunitari, premino i servizi ambientali forniti dalle comunità indigene e tribali e facilitino la gestione comunitaria». Afferma anche «L’importanza vitale di dare una seconda vita alle culture e ai saperi tradizionali, di rafforzare la governance territoriale e di fornire sostegno alle organizzazioni dei popoli indigeni e tribali».

Secondo uno degli studi analizzati nel rapporto Fao – FILAC, il tasso di deforestazione all’interno della foreste autoctone, dove è garantita la proprietà della terra, è stato 2,8 volte inferiore a quello rilevato al di fuori di questi spazi in Bolivia, 2,5 volte inferiore in Brasile e 2 volte inferiore in Colombia. Le emissioni di CO2 evitate nei territori gestiti collettivamente dalle popolazioni indigene in questi 3 Paesi sono comprese tra 42,8 e 59,7 milioni di tonnellate annue e in totale equivalgono a togliere dalla strada da 9 a 12,6 milioni di veicoli in un anno.

Dei 404 milioni di ettari occupati dalle popolazioni indigene, i governi hanno ufficialmente riconosciuto la proprietà collettiva o i diritti di usufrutto di questi popoli su circa 269 milioni di ettari. Anche se garantire agli indigeni la sicurezza della proprietà delle loro terre ancestrali ha considerevoli effetti positivi, costa molto poco: in Colombia bastano 6 dollari per concedere la proprietà di un ettaro di terreno e in Bolivia 45 dollari.

Il rapporto specifica che «Il costo per garantire la proprietà terriera nelle terre indigene è da 5 a 42 volte inferiore al costo medio per evitare le emissioni di CO2 sequestrando e immagazzinando carbonio fossile destinato alle centrali elettriche a carbone e gas».

I popoli indigeni e tribali sono i protagonisti nella governance comunitaria di foreste che in America Latina e nei Caraibi coprono da 320 a 380 milioni di ettari, che stoccano circa 34.000 milioni di tonnellate di carbonio, più di tutte le foreste dell’Indonesia o negli Stati Uniti e Repubblica democratica del Congo. E il rapporto fa notare che «Mentre dal 2003 al 2016 i territori indigeni nel bacino amazzonico hanno perso meno dello 0,3% del carbonio nelle loro foreste, le aree protette non indigene hanno perso lo 0,6% e le aree diverse dai territori indigeni e dalle aree protette hanno ceduto il 3,6%. Di conseguenza, i territori indigeni del bacino amazzonico hanno prodotto solo il 2,6% delle emissioni lorde di carbonio della regione mentre occupavano il 28% della sua area».

Fao e FILAC concludono: «I risultati del rapporto indicano anche che le popolazioni indigene e tribali svolgono un ruolo importante nella salvaguardia della biodiversità. I territori indigeni del Brasile hanno più specie di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi di tutte le aree protette del Paese al di fuori di questi territori, mentre in Bolivia due terzi delle specie di vertebrati del Paese e il 60% delle specie vegetali si trovano solo nei territori autoctoni di Tacana e Leco de Apolo».