Giornata mondiale della biodiversità: il millepiedi “spazzino” eletto Animale di grotta dell’anno 2020

La Società Speleologica Italiana presenta Plectogona sanfilippoi. Una serie di webinar per far conoscere l’incredibile biodiversità delle grotte

[22 Maggio 2020]

Pochi sanno che in Italia ci sono più di 40.000 grotte e ancor meno che ospitano oltre 3,600 specie animali conosciute, molte troglobie, che fanno dell’Italia è uno dei Paesi europei con la maggior ricchezza di fauna cavernicola. Si tratta spesso di animali invisibili ai più, ciechi, depigmentati, ma altamente specializzati, organismi svolgono un’importantissima funzione per l’intero ecosistema, soprattutto nella decomposizione e nella depurazione delle acque sotterranee.

Per celebrare la giornata mondiale della biodiversità e sensibilizzare il pubblico e le istituzioni sull’importanza della tutela della vita sotterranea e le minacce che subisce dall’opera dell’uomo in superficie, la Società Speleologica Italiana lancia la campagna Animale di grotta dell’anno con il millepiedi spazzino Plectogona sanfilippoi.

La campagna sull’Animale di grotta dell’Anno, nasce nel 2009 su iniziativa della Federazione Speleologica Tedesca (VdHK) e sotto l’egida della Federazione Speleologica Europea (FSE), diffondendosi nel tempo in diversi Paesi del Mondo. Ogni anno i singoli Paesi scelgono di divulgare informazioni scientifiche e curiosità su un organismo che caratterizza il sottosuolo del proprio territorio, con l’obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico e le istituzioni sull’importanza degli ecosistemi sotterranei e degli animali che vi abitano, sottolineando la necessità di svolgere opera di ricerca e conservazione in questo campo di estremo interesse scientifico ed ambientale. Per il 2020 la Società Speleologica Italiana «ha scelto di concentrarsi sul simpatico diplopode Plectogona sanfilippoi, proprio per la sua importante funzione ecologica di decompositore, che ben rappresenta l’interconessione tra i vari ecosistemi e l’urgenza di tutelare la biodiversità e quindi proteggere anche gli organismi più fragili e “invisibili” ai più».

Gli speleologi italiani spiegano che «Al contrario di quanto si può comunemente pensare, le specie cavernicole non sono sparuti relitti, o ‘vicoli ciechi’ dell’evoluzione, bensì sono numerose, specializzare (troglobie) e svolgono importantissime funzioni ecologiche e servizi ecosistemici soprattutto nella depurazione delle acque sotterranee. Seppure ancora poco nota alle persone che non visitano le grotte, la biodiversità sotterranea è ricca di specie rare ed endemiche, cioè distribuite in aree molto ristrette, a cui si aggiungono numerose specie di superficie – pipistrelli, geotritoni e moltissimi invertebrati – che nelle cavità trovano un riparo».

il millepiedi Plectogona sanfilippoi, chiamato così in onore del naturalista genovese Nino Sanfilippo (1922-1994) e presente in 4 grotte del Piemonte, due delle quali, la Grotta di Bossea e la Grotta del Caudano, molto conosciute e turistiche. Gli speleologi ricordano che «Il genere Plectogona, con almeno 7 specie note, è il più diffuso nelle cavità sotterranee delle Alpi Liguri e Marittime nel territorio piemontese. Queste specie hanno spesso un’andatura veloce che mette in evidenza il caratteristico movimento ondulatorio delle zampe, con impulsi progressivi dal capo verso la parte posteriore. Il diplopode Plectogona sanfilippoi è un animale depigmentato, quasi trasparente, con occhi non più funzionali, ridotti a piccole aree triangolari ai lati del capo; l’aspetto generale e l’allungamento delle antenne e delle zampe sono caratteri riferibili alla sua specializzazione alla vita sotterranea. Si tratta di un organismo saprofago onnivoro, che si nutre di qualunque residuo organico, risultando fondamentale nei processi di decomposizione e quindi nel riciclo della sostanza organica: un vero e proprio “spazzino” del sottosuolo. I diplopodi, comunemente conosciuti come ‘millepiedi’, hanno un corpo formato da segmenti, ognuno dei quali porta due paia di zampe; in totale i segmenti corporei sono 25-30, per cui in realtà il numero di zampe si aggira intorno al centinaio. I sessi sono separati e si riproducono tramite uova. Sono animali che prediligono ambienti umidi per cui in ambiente sotterraneo si trovano frequentemente specie epigee che qui ricercano le condizioni di umidità e temperatura necessarie alla loro sopravvivenza durante i periodi di siccità. Mentre altri artropodi ipogei hanno sviluppato appendici allungate per ovviare alla perdita degli organi visivi, i diplopodi, di solito sondano l’ambiente sotterraneo usando il loro corpo allungato e si alzano sulle zampe della parte posteriore del corpo ruotando caratteristicamente la parte anteriore con zampe e antenne protese per esplorarlo».

Introducendo una serie di webinar incentrati sulla biodiversità nelle grotte, tenuti in collaborazione con l’associazione Biologia Sotterranea-Piemonte e vari esperti di biospeleologia, Fabio Stoch, speleologo e biospeleologo del Laboratorio di biologia evoluzionistica ed ecologia dell’Università libera di Bruxelles, sottolinea che «Le grotte non sono sistemi chiusi, ma parte di un complesso di ambienti, interconnesso con il suolo e con gli ambienti a valle – come le risorgive e le emergenze di falda nei terreni alluvionali – grazie ai sistemi di microfessure nella roccia. Ogni ecosistema fornisce al resto degli esseri viventi e all’uomo dei “servizi”, senza i quali la vita sulla terra e la nostra stessa sopravvivenza non sarebbero possibili. La biodiversità è dunque il capitale naturale che ci permette di sopravvivere e, per gli ecologi, è una misura chiave per quantificare la salute del nostro pianeta. Le maggiori minacce alla biodiversità, con cui dobbiamo necessariamente confrontarci, provengono proprio dall’uso intensivo degli ambienti di superficie: deforestazione, pascolamento, impermeabilizzazione dei suoli, estrazioni di rocce carbonatiche nelle cave, sviluppo della rete viaria e escavazione di gallerie, inquinamento veicolato nelle grotte e nelle falde carsiche da punti idrovori, sia microfessure che inghiottitoi»

Vincenzo Martimucci, presidente della SSI, conclude. «A protezione della fauna delle grotte ci sono in effetti degli strumenti normativi, come ad esempio la Direttiva Habitat (92/43/CE), ma si rivelano insufficienti e di scarsa efficacia. Oggi gli studiosi dispongono di strumenti scientifici anche sofisticati come telerilevamento per l’uso del suolo, DNA ambientale per confermare la presenza delle specie cavernicole, studi di vulnerabilità degli acquiferi. Ma il loro utilizzo è limitato, e non è una questione di mezzi e tecniche, ma di educazione e cultura. Ecco che l’educazione nelle scuole, la divulgazione scientifica attraverso i media specializzati e non, adesso i webinar, accanto al rispetto delle regole cui educhiamo gli speleologi durante i corsi, sono l’unica via percorribile per fare la differenza».