Gli scienziati: proteggere le profondità degli oceani

Ne abbiamo bisogno per garantire l'approvvigionamento alimentare a milioni di esseri umani

[5 Settembre 2019]

Lo studio “Access to Marine Genetic Resources (MGR): Raising Awareness of Best-Practice Through a New Agreement for Biodiversity Beyond National Jurisdiction (BBNJ)”, pubblicato da un team internazionale di ricercatori su Frontiers in Marine Science,  rappresenta un inventario delle attuali conoscenze e del dibattito in corso sulle Marine areas beyond national jurisdiction (Abnj).  Per quanto riguarda le misure di protezione delle specie che vivono ad elevate profondità,  urgentemente necessarie, i ricercatori raccomandano «Un accesso scientifico illimitato a tutti i campioni raccolti in queste aree».

Le aree marine Abjn sono quelle che non rientrano in una giurisdizione nazionale e gli scienziati spiegano che «Complessivamente, queste aree – spesso denominate High Sea – coprono circa il 40% della superficie del nostro pianeta e il 64% dell’intera superficie dell’oceano, che comprende il 95% del volume totale dell’oceano».

Una delle autrici dello studio, Angelika Brandt del Senckenberg Forschungsinstitut e della Goethe-Universität Frankfurt, sottolinea che «Tuttavia, non esistono concetti o regolamenti di protezione uniformi per queste aree. Eppure, questi ecosistemi sono sempre più minacciati dai cambiamenti climatici e dagli impatti antropici come l’estrazione mineraria in acque profonde».

Il team di ricercatori ha compilato un inventario delle nostre attuali conoscenze e degli approcci all’avanguardia per quanto riguarda la protezione dell’alto mare e la Brandt sottolinea: «Ci siamo resi conto che non mancano solo delle condizioni quadro standardizzate, ma in alcuni casi le normative regionali e internazionali in realtà si contraddicono a vicenda. Ad esempio, alcune autorità locali per la pesca consentono la pesca in acque profonde con grandi reti a strascico nel Pacifico meridionale, sebbene le Nazioni Unite  rifiutino specificamente l’uso di tali reti».

Lo studio chiede «l’istituzione di un obbligo globale per l’utilizzo di procedure di campionamento standardizzate, nonché un migliore accesso ai campioni raccolti dalle acque profonde a fini di ricerca».  La Brandt  conclude: «Queste raccolte sono fondamentali per comprendere gli ecosistemi delle acque profonde e sono cruciali per l’attuazione di piani di conservazione della natura come le aree marine protette (AMP). Inoltre, le ricerche e la conservazione future sono indispensabili per la protezione della diversità delle specie negli oceani. Ne abbiamo bisogno per garantire l’approvvigionamento alimentare a milioni di esseri umani che dipendono direttamente dalla pesca e per il loro benessere e sostentamento».