Gli ultimi 100 addax selvatici rischiano di estinguersi per colpa del petrolio e dei bracconieri

Iucn: industria petrolifera e governo del Niger devono collaborare con gli ambientalisti

[13 Novembre 2020]

L’antilope del deserto addax (Addax nasomaculatus), con appena 100 esemplari  rimasti allo stato selvatico, è probabilmente l’ungulato più raro al mondo. Philippe Chardonnet un veterinario specializzato in conservazione della fauna selvatica e sviluppo del bestiame nei Paesi tropicali, David Mallon, dell’Iucn Ssc Caprinae, Cat, Equid, Giraffe and Okapi, Tim Woodfine, direttore di Conservation at Marwell Wildlife e vicepresidente del Sahara Conservation Fund – tutti e tre hanno ricoperto incarichi di vertice all’Iucn Ssc Antelope Specialist Group –  sono convinti che «Nonostante l’esplorazione e l’estrazione del petrolifera all’interno e intorno al loro ultimo habitat rimanente, se le agenzie governative, le grandi imprese, le comunità locali e le ONG lavorano insieme, gli sforzi di conservazione possono ancora salvare la specie dall’estinzione».

L’addax, in pericolo critico, è una magnifica antilope che si è davvero adattata al deserto: «L’unica del suo genere (gruppo di specie) – spiegano i tre scienziati – con tutto il potenziale evolutivo che implica l’adattamento ai cambiamenti climatici nel nostro mondo che cambia».

Una volta gli Addax vivevano in gran numero in vaste aree del Sahara, ma poi il bracconaggio e una vera e propria persecuzione hanno portato questa specie a un rapido declino nell’ultimo mezzo secolo.

Nel 2007 si stimava che fossero rimasti solo 200-300 animali, successivamente c’è stato un forte calo delle osservazioni dirette, delle tracce e dei rapporti locali. Chardonnet,  Mallon e Woodfine sottolineano che «Questo recente calo coincide con l’inizio dell’esplorazione e della produzione di petrolio e con un aumento del numero di persone che transitano attraverso l’habitat dell’addax. Con queste pressioni esacerbate dalle preoccupazioni per la sicurezza regionale, si ritiene che oggi meno di 100 animali – e forse meno della metà di quella cifra – siano sopravvissuti allo stato selvatico.

All’inizio degli anni 2000, venne scoperta l’unica popolazione di addax ancora vitale nel deserto di Tin Toumma, nel  Niger orientale, che alla fine del 2012 è stata incorporata nella Réserve naturelle nationale de Termit et de Tin-Toumma, anche se qualche esemplare di addax che attraversava il confine con il Ciad.  Ma nel giugno 2019, il governo del Niger ha rivisto i confini della riserva escludendo dall’area protetta circa 50.000 Km2 della parte orientale per rimuovere la sovrapposizione con i blocchi delle concessioni petrolifere. Per sostituire l’area declassificata, il governo di Niamey ha esteso la riserva a ovest. Come conseguenza non intenzionale, l’habitat dell’addax nel deserto di Tin Toumma è ora al di fuori dell’area protetta, insieme a gran parte del massiccio del Termit e alla popolazione di un’altra antilope in pericolo di estinzione, la gazzella dama (Nanger dama).

Nel gennaio 2020, una missione dell’Iucn ha visitato il Niger su invito del governo per una consultazione sul salvataggio dell’addax e sul futuro della Réserve naturelle nationale de Termit et de Tin-Toumma. Le autorità nigerine hanno accolto calorosamente il team, che comprendeva rappresentanti del programma Iucn per l’Africa occidentale e centrale e il team dell’Iucn Ssc Antelope Specialist, supportato da una sovvenzione dell’Unione europea per l’IUCN Save Our Species Rapid Action concessa a Marwell Wildlife. Gli esperti Iucn hanno presentato il documento “IUCN mission to Niger for the conservation of the last wild addax and dama gazelles and the Termit and Tin Toumma National Nature Reserve: Report and Recommendations” per sostenere la conservazione dell’addax e della gazzella dama.

Per Chardonnet,  Mallon e Woodfine  «Qui sta la sfida chiave: come salvare una popolazione di antilopi altamente mobile di fronte a minacce che richiedono sia una forte volontà politica che contributi della società,  quando anche trovare gli animali è come cercare il proverbiale ago in un pagliaio? Inoltre, il costo per superare queste sfide vale lo sforzo, quando la specie potrebbe essere reintrodotta da stock in cattività in ambienti più controllati?»

Ma i tre ricercatori  sottolineano che, come possono testimoniare i professionisti, «Le reintroduzioni di animali di grandi dimensioni dalla cattività in località remote sono lavori costosi, tecnicamente e logisticamente impegnativi che non sono privi di rischi. E’ anche vero che le fonti delle popolazioni globali in cattività di addax sono geneticamente impoverite rispetto a quelle che si trovano ancora in natura in Niger. Inoltre, la diversità genetica di questi addax selvatici rimasti, insieme ai loro ininterrotti adattamenti e alla conoscenza del loro ambiente, li rende una popolazione straordinariamente preziosa. Pertanto, mentre le reintroduzioni hanno un ruolo importante nella conservazione dell’addax, è comunque essenziale proteggere gli animali selvatici rimasti».

La sfida da vincere assolutamente per salvare gli addax selvatici è quelle di riuscire a liminare il bracconaggio e il disturbo eccessivo nella regione desertica dove sopravvive l’ultima popolazione vitale.  E i tre esperti dell’ all’Iucn Ssc Antelope Specialist Group sottolineano che «Questo include il potenziamento della capacità anti-bracconaggio nella riserva e l’estensione di misure protettive mirate in tutta la zona degli addax dal confine orientale della riserva fino alla frontiera con il Ciad, potenzialmente aiutati dal monitoraggio satellitare degli animali attraverso i loro percorsi migratori. Inoltre, può essere possibile proteggere un piccolo gruppo di addax da riproduzione in Niger in condizioni di cattività o semi-cattività, prestando la dovuta attenzione alla preparazione degli animali per la reintroduzione. Nessuno di questi interventi è facile nel remoto e aspro ambiente desertico, ma è giunto il momento di agire se c’è una speranza di evitare questa altrimenti inevitabile estinzione».

Chardonnet,  Mallon e Woodfine  avvertono che «Tutte le soluzioni richiedono leadership e guida da parte delle comunità statali e locali, compresa la cooperazione transfrontaliera tra Niger e Ciad e il supporto coordinato del settore privato, delle ONG e delle agenzie donatrici. In un territorio che produce entrate significative dall’estrazione di petrolio, il ruolo delle industrie petrolifere è essenziale laddove le loro aree operative si sovrappongono all’areale degli addax. In questo scenario, non c’è alcuna incompatibilità intrinseca tra l’estrazione di petrolio e la conservazione delle specie: l’addax deve solo proteggersi dagli spari e dai disturbi, il che è del tutto compatibile con le politiche aziendali e le responsabilità legali per la salvaguardia dell’ambiente».

Tra la comunità delle ONG, i principali responsabili includono Noé Conservation, che gestisce la Réserve naturelle nationale de Termit et de Tin-Toumma per conto del governo del Niger, e il Sahara Conservation Fund,

Il salvataggio degli addax selvatici che ancora restano in Niger è il passo più urgente nella roadmap per la conservazione di questa specie. Nel frattempo, le iniziative di reintroduzione in corso in Marocco e Ciad e la gestione dell’addax tra le popolazioni rilasciate in tre aree protette in Tunisia, offrono l’opportunità di reintegrare la specie in questi ecosistemi aridi e riguadagnare una paerte del loro areale storico. Come riconoscono questi Paesi, «La difficile situazione dell’addax è sintomatica di pressioni sui preziosi ecosistemi del deserto che sono stati trascurati e sottovalutati a livello internazionale».

Chardonnet,  Mallon e Woodfine concludono: «Di fronte alle avversità estreme, salvare gli addax selvatici ha il potenziale per evidenziare una modello di collaborazione tra agenzie governative, grandi imprese, comunità locali e ONG. Altrimenti, la perdita della rimanente popolazione selvatica di questo animale unico potrebbe rivelarsi una tragedia non solo per la regione, ma per l’intero pianeta».