Gli uomini della pietra erano predatori ipercarnivori all’apice

Solo dopo aver sterminato la megafauna sono diventati agricoltori e allevatori

[6 Aprile 2021]

La lettura dello studio “The evolution of the human trophic level during the Pleistocene”, pubblicato sull’American Journal of Physical Anthropology da Miki Ben‐Dor e Ran Barkai dell’università di Tel Aviv e da Raphael Sirtoli dell’universidade do Minho è una delusione per chi pensava ai nostri antenati come raccoglitori che si cibavano essenzialmente di semi, noci e radici, una dieta quasi vegana che solo occasionalmente veniva integrata da carne.

Infatti. il team di ricercatori israeliani e portoghesi  ha ricostruito la dieta degli esseri umani dell’età della pietra dimostrando che «Gli esseri umani sono stati un predatore all’apice per circa due milioni di anni. Solo l’estinzione di animali più grandi (megafauna) in varie parti del mondo e il declino delle fonti di cibo animale verso la fine dell’età della pietra, hanno portato gli esseri umani ad aumentare gradualmente l’elemento vegetale nella loro nutrizione, fino a quando alla fine non hanno avuto altra scelta che quella di addomesticare piante e animali e diventare agricoltori».

Ben-Dor evidenzia che «Finora, i tentativi di ricostruire la dieta degli esseri umani dell’età della pietra si sono basati principalmente sul confronto con le società di cacciatori-raccoglitori del XX secolo. Tuttavia, questo confronto è inutile perché due milioni di anni fa le società di cacciatori-raccoglitori potevano cacciare e consumare elefanti e altri grandi animali, mentre i cacciatori raccoglitori di oggi non hanno accesso a tale abbondanza. L’intero ecosistema è cambiato e le condizioni non possono essere confrontate Abbiamo deciso di utilizzare altri metodi per ricostruire la dieta degli esseri umani dell’età della pietra: esaminare la memoria conservata nel nostro corpo, il nostro metabolismo, la genetica e la corporatura. Il comportamento umano cambia rapidamente, ma l’evoluzione è lenta. Il corpo ricorda».

Grazie a uno studio senza precedenti, il team di ricercatori ha raccolto circa 25 linee di prove da circa 400 articoli scientifici di diverse discipline, affrontando la questione principale: gli esseri umani dell’età della pietra erano carnivori specializzati o erano onnivori generalisti? La maggior parte delle prove proviene dall’attuale ricerca sulla biologia: genetica, metabolismo, fisiologia e morfologia.

Ben-Dor sottolinea che «Un esempio importante è l’acidità dello stomaco umano. L’acidità nel nostro stomaco è elevata rispetto agli onnivori e persino ad altri predatori. La produzione e il mantenimento di una forte acidità richiedono grandi quantità di energia e la sua esistenza è la prova del consumo di prodotti animali. Una forte acidità fornisce protezione dai batteri nocivi presenti nella carne, e gli esseri umani preistorici, che cacciavano animali di grossa taglia la cui carne era sufficiente per giorni o addirittura settimane, spesso consumavano carne vecchia contenente grandi quantità di batteri, e quindi era necessario mantenere un alto livello di acidità. Un’altra indicazione sul fatto che eravamo predatori è la struttura delle cellule adipose nei nostri corpi. Nei corpi degli onnivori, il grasso è immagazzinato in un numero relativamente piccolo di grandi cellule adipose, mentre nei predatori, compreso l’uomo, è il contrario: abbiamo un numero molto maggiore di cellule adipose più piccole. Nel nostro genoma sono state trovate anche prove significative dell’evoluzione degli esseri umani come predatori. Ad esempio, i genetisti hanno concluso che “le aree del genoma umano sono chiuse per consentire una dieta ricca di grassi, mentre negli scimpanzé, le aree del genoma sono aperte per consentire una dieta ricca di zuccheri”».

Le prove provenienti della biologia umana sono state integrate da quelle archeologiche. All’università di Tel Aviv spiegano ancora: «Ad esempio, la ricerca sugli isotopi stabili nelle ossa degli esseri umani preistorici, così come le pratiche di caccia uniche per l’uomo, mostrano che gli esseri umani si sono specializzati nella caccia di animali di grandi e medie dimensioni con un alto contenuto di grassi. Il confronto tra gli esseri umani e i grandi predatori sociali di oggi, che cacciano tutti animali di grossa taglia e ottengono più del 70% della loro energia da fonti animali, ha rafforzato la conclusione che gli esseri umani si sono specializzati nella caccia di animali di grossa taglia ed erano in realtà ipercarnivori».

Ben-Dor  conferma: «Cacciare animali di grossa taglia non è un hobby pomeridiano. Richiede una grande quantità di conoscenza, e leoni e iene acquisiscono queste capacità dopo lunghi anni di apprendimento. Chiaramente, i resti di grandi animali trovati in innumerevoli siti archeologici sono il risultato dell’elevata esperienza degli umani come cacciatori di grandi animali. Molti ricercatori che studiano l’estinzione dei grandi animali concordano sul fatto che la caccia da parte dell’uomo ha svolto un ruolo importante in questa estinzione e non c’è prova migliore della specializzazione degli umani nella caccia di animali di grandi dimensioni. Molto probabilmente, come nei predatori odierni, la caccia stessa è stata un’attività umana centrale durante la maggior parte dell’evoluzione umana».

La ricostruzione multidisciplinare condotta dai ricercatori, durata quasi un decennio, propone un completo cambio di paradigma nella comprensione dell’evoluzione umana: «Contrariamente all’ipotesi diffusa che gli esseri umani debbano la loro evoluzione e sopravvivenza alla loro flessibilità alimentare, che ha permesso loro di combinare la caccia agli animali con cibi vegetali, il quadro che emerge qui è quello di esseri umani che si evolvono principalmente come predatori di animali di grandi dimensioni».

Ben-Dor fa notare che «Le prove archeologiche non trascurano il fatto che anche gli esseri umani dell’età della pietra consumavano piante. Ma secondo i risultati di questo studio le piante sono diventate una componente importante della dieta umana solo verso la fine di quell’era».

La prova dei cambiamenti genetici e la comparsa di strumenti di pietra unici per la lavorazione delle piante hanno portato i ricercatori a concludere che «A partire da circa 85.000 anni fa in Africa e circa 40.000 anni fa in Europa e in Asia, si è verificato un graduale aumento del consumo di alimenti vegetali così come la diversità alimentare, in conformità con le diverse condizioni ecologiche. Questo aumento è stato accompagnato da un aumento dell’unicità locale della cultura degli utensili in pietra, che è simile alla diversità delle culture materiali nelle società di cacciatori-raccoglitori del XX secolo. Al contrario, durante i due milioni di anni in cui, secondo i ricercatori, gli esseri umani erano predatori all’apice, sono stati osservati lunghi periodi di somiglianza e continuità negli strumenti di pietra, indipendentemente dalle condizioni ecologiche locali».

La Barkai conclude: «Il nostro studio affronta una controversia attuale molto grande, sia scientifica che non scientifica. Per molte persone oggi, la dieta paleolitica è una questione critica, non solo per quanto riguarda il passato, ma anche per quanto riguarda il presente e il futuro. E’ difficile convincere un devoto vegetariano che i suoi antenati non erano vegetariani, e la gente tende a confondere le convinzioni personali con la realtà scientifica. Il nostro studio è sia multidisciplinare che interdisciplinare. Proponiamo un’immagine senza precedenti per inclusività e ampiezza, che dimostra chiaramente che gli esseri umani erano inizialmente predatori all’apice, specializzati nella caccia di grandi animali. Come scoprì Darwin, l’adattamento delle specie per ottenere e digerire il loro cibo è la principale fonte dei cambiamenti evolutivi e, quindi, l’affermazione che gli esseri umani siano stati predatori all’apice durante la maggior parte del loro sviluppo può fornire un’ampia base per intuizioni fondamentali sull’evoluzione biologica e culturale. degli umani».