Greenpeace: «L’Indonesia brucia, multinazionali e commercianti di olio di palma ancora coinvolti»

Da gennaio a ottobre, 900 mila indonesiani hanno sofferto di infezioni respiratorie acute. Emesse circa 465 milioni di tonnellate di CO2

[7 Novembre 2019]

Secondo il rapporto “Burning down the house. How Unilever and other global brands continue to fuel Indonesia’s fires” di Greenpeace International, «Note multinazionali del settore alimentare come Unilever, Mondelēz, Nestlé e Procter&Gamble e i principali commercianti di olio di palma, Wilmar, Cargill, Musim Mas e Golden-Agri Resources continuano ad acquistare olio di palma da produttori responsabili degli incendi che devastano l’Indonesia».

L’organizzazione ambientalista denuncia che «I produttori appiccano incendi per espandere le piantagioni e nei loro terreni è stato registrato il maggior numero di incendi tra il 2015 e il 2018. Paradossalmente, due terzi di questi produttori sono membri della Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO), un ente che dovrebbe certificare olio di palma prodotto in modo sostenibile, ovvero senza distruggere le foreste».

Greenpeace fa il nome di alcune note multinazionali. «Unilever, ad esempio, si è rifornita da produttori ritenuti responsabili della distruzione di un’area di 180 mila ettari tra il 2015 e il 2018, e alcuni sono sotto indagine anche a seguito degli incendi di quest’anno. Anche Wilmar, il più grande operatore al mondo di olio di palma, si è rifornito da produttori responsabili di aver bruciato un’area di 140 mila ettari tra il 2015 e il 2018 e di aver provocato circa ottomila focolai nel 2019».

Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia, ricorda che «Negli ultimi dieci anni, multinazionali e operatori di materie prime si sono impegnati a porre fine alla deforestazione entro il 2020. Ma dal 2010 la produzione e il consumo di prodotti agricoli legati alla deforestazione – tra cui l’olio di palma, utilizzato sempre più anche per la produzione di biodiesel – sono aumentati vertiginosamente e continuano ad aumentare. La sostenibilità sembra solo una parola di facciata. I produttori responsabili degli incendi e le società che ne traggono benefici economici devono essere ritenute responsabili di questa devastazione ambientale e dei gravissimi impatti sulla salute e sul clima causati dagli incendi».

Il rapporto di Greenpeace International svela anche che «Sono oltre 900 mila gli indonesiani che hanno sofferto di infezioni respiratorie acute a causa della densa nube di cenere e fumo generata dagli incendi di quest’anno. Allarmanti gli impatti sul clima: tra il primo gennaio e il 22 ottobre 2019, gli incendi che hanno consumato le foreste e le torbiere indonesiane hanno rilasciato circa 465 milioni di tonnellate di anidride carbonica, la stessa quantità di emissioni totali annue di gas a effetto serra prodotte dal Regno Unito».

Su questo tema Greenpeace Italia ha promosso la petizione online “La foresta non è un discount” e la Borghi conclude: «I grandi commercianti di materie prime agricole e le multinazionali che le acquistano devono agire immediatamente per ripulire le proprie filiere dalla deforestazione, senza nascondersi dietro false etichette di sostenibilità. Anche i governi nazionali e l’Unione europea giocano un ruolo fondamentale: è indispensabile una normativa che garantisca che il cibo che mangiamo e i prodotti che utilizziamo non vengano prodotti a scapito dei diritti umani e delle foreste del Pianeta».