I coccodrilli americani vengono dall’Africa (VIDEO)

7 milioni di anni fa attraversarono l’Atlantico e colonizzarono il Nuovo Mondo

[27 Luglio 2020]

«La ricostruzione in 3D dei resti del cranio di un coccodrillo, ritrovato ad As Sahabi (Libia) e conservato per quasi un secolo presso il Museo Universitario di Scienze della Terra (MUST) della Sapienza Università di Roma, ha permesso di identificare nel rettile sahariano l’antenato degli attuali coccodrilli americani». Sono i risultati dello studio “Old African fossils provide new evidence for the origin of the American crocodiles” pubblicato su Scientific Reports. da Massimo Delfino,  Raffaele Sardella, Dawid A. Iurino, Bruno Mercurio, Paolo Piras  dell’università La Sapienza di Roma e Lorenzo Rook dell’università di Firenze.

I ricercatori italiani che hanno ricostruito un tassello della storia evolutiva dei coccodrilli raccontano o così questo eccezionale viaggio che viene «Dopo una lunga traversata dell’Oceano Atlantico, l’esploratore scorge in lontananza la terra ferma, un continente fino a quel momento sconosciuto, dove presto però sarebbe stata scritta una nuova storia». Ma ad attraversare l’Atlantico e a sbarcare sulle coste del Sud America molto prima di Cristoforo Colombo era stato un coccodrillo africano.  Quei pionieri si sono poi adattati e diversificati dando origine alle specie di Crocodylus, che ancora oggi abitano il continente americano.

Lo studio  colloca il reperto africano del Miocene, identificato come Crocodylus checchiai, alla base dell’albero evolutivo dei coccodrilli americani.

Il lavoro, sviluppato da Delfino e coordinato da Sardella, Direttore del Museo Universitario di Scienze della Terra (MUST) della Sapienza Università di Roma, in collaborazione con il Dipartimento di scienze della Terra, Paleo[Fab]Lab dell’Università di Firenze, ha permesso di ricostruire in 3D l’unico “superstite” dei 5 crani fossili ritrovati agli inizi degli anni ‘30 durante una spedizione scientifica ad As Sahabi nel Sahara libico. Il fossile studiato è stato conservato nelle collezioni del museo romano per quasi un secolo.

Sardella sottolinea che «L’esemplare di Crocodylus checchiai è il cranio meglio conservato di questa specie vissuta nel Miocene, oltre 7 milioni di anni fa, in Africa, quando il Sahara era un territorio molto diverso da come appare oggi, popolato da grandi mammiferi e ricco di vegetazione e corsi d’acqua».

Delfino, del Di partimento scienze della Terra dell’università di Torino, aggiunge: «Abbiamo visto che il coccodrillo di As Sahabi condivide con le specie americane numerose particolarità anatomiche. Ma non solo, abbiamo confrontato, grazie a specifici software, i dati ottenuti con le caratteristiche anatomiche di altre specie sia esistenti che fossili con lo scopo di realizzare una analisi filogenetica che ha chiarito che questa specie rappresenta una sorta di anello di congiunzione fra le specie africane e quelle americane».

Secondo Rook, «Il nostro è un risultato di estrema importanza – afferma– che valorizza le collezioni storiche di un giacimento paleontologico unico per la comprensione dei popolamenti faunistici dell’area circum-mediterranea alla fine del Miocene».

Utilizzando scansioni tomografiche, i ricercatori hanno ottenuto le immagini 3D sia dell’interno, sia dell’esterno del cranio. Le dimensioni della testa hanno permesso di stabilire che il coccodrillo fosse un esemplare adulto e lungo poco più di 3 metri. Dawid Iurino, ricercatore del team che ha elaborato le TAC realizzate sul cranio libico, e che ora lavora all’università di Perugia, e idenzia che «L’uso di queste tecnologie apre grandi prospettive nel campo della ricerca paleontologica e permette di analizzare elementi altrimenti impossibili da osservare».

I ricercatori italiani concludono: «I risultati dello studio trovano infatti conferme anche da un punto di vista cronologico. Nel Nuovo Mondo infatti, i fossili più antichi di Crocodylus risalgono all’inizio del Pliocene (5 milioni di anni fa) risultando ben più recenti della specie studiata. è quindi possibile che durante il Miocene alcuni esemplari di C. checchiai (o una forma affine e ancora sconosciuta) abbiano attraversato l’Oceano Atlantico approdando sulle coste del sud America.  L’attraversamento di un così ampio tratto di mare, che nel Miocene era comunque più breve di oggi, potrebbe apparire sorprendente, ma tra i coccodrilli attuali esistono specie in grado di tollerare l’elevata salinità dell’acqua marina e di compiere ampi spostamenti in mare aperto sfruttando le correnti di superficie. Studi con tracciamento satellitare condotti su alcuni esemplari di coccodrillo marino australiano (Crocodylus porosus), hanno rivelato come, sfruttando le correnti, questi rettili siano in grado di percorrere in diversi giorni oltre 500 km in mare aperto.  I risultati di questo studio rappresentano un importante contributo per ricostruire la storia evolutiva e la paleobiogeografia dei coccodrilli, ovvero le modalità e i tempi con i quali questi rettili hanno colonizzato i diversi continenti raggiungendo la loro attuale distribuzione geografica».

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  • Crocodylus checchiai - Libia (versione italiana)