I corvi che giocano sono più intelligenti di quelli che non lo fanno

Le gazze australiane spingono le altre per fare l’altalena a testa in giù

[31 Dicembre 2020]

E’ noto che ad alcuni corvidi e pappagalli piace giocare da soli e tra loro ma lo studio “Play behaviour, not tool using, relates to brain mass in a sample of birds” che Gisela Kaplan ha pubblicato su Scientific Reports rivela che gli uccelli che giocano insieme sono in realtà più intelligenti di quelli che non lo fanno.

La Kaplan, professore emerito di comportamento animale all’università australiana del New England, ha pubblicato una serie di libri e articoli sulle abitudini dell’avifauna e in un’intervista ad ABC News ha spiegato che il nuovo studio «rivela  un legame tra le abitudini di gioco degli uccelli e la loro massa cerebrale relativa. Il lavoro precedente aveva suggerito un collegamento tra l’utilizzo di strumenti tra gli uccelli e la cognizione, ma la mia ricerca non ha trovato differenze significative nella massa cerebrale relativa o nella durata della vita degli uccelli che usavano strumenti e quelli che non lo facevano. Tuttavia, ha mostrato differenze molto chiare nella massa cerebrale relativa e nella durata della vita degli uccelli che giocavano e di quelli che non lo facevano. Dato che ora abbiamo i dati sulle dimensioni del cervello, ho pensato di confrontare non solo la massa cerebrale e l’utilizzo degli strumenti, ma anche la massa cerebrale e il comportamento di gioco. L’utilizzo degli strumenti è uno dei comportamenti discreti più noti, un altro tipo di comportamento discreto è il comportamento di gioco. Per molti versi, il comportamento di gioco è stato un argomento marginale nella ricerca perché è difficile da osservare e misurare. Sembrava verificarsi solo in poche specie, quindi il comportamento di gioco è stato emarginato come una cosa aggiuntiva e bizzarra dello sviluppo».

Ma la Kaplan sottolinea che i risultati del suo studio si sono rivelati sorprendenti: «Quando ho confrontato le specie che giocano con quelle che non giocano, sono rimasta assolutamente sbalordita dai risultati. Quelle che giocano socialmente avevano il cervello più grande e quelle che non giocano affatto, i cervelli più piccoli. Quindi, gli uccelli australiani più brillanti sembrano anche essere gli uccelli che giocano socialmente più intensamente. Tuttavia, i risultati hanno anche mostrato che negli uccelli noti per utilizzare strumenti, questo non fa alcuna differenza per la loro massa cerebrale rispetto alla massa corporea, indipendentemente dal fatto che usassero strumenti o meno. La dimensione del cervello era la stessa».

La scienziata australiana ricorda che «Fino ad ora si credeva che, da solo, l’utilizzo di strumenti  fosse un chiaro segnale di capacità cognitive superiori».

Il gioco degli uccelli può essere fatto rientrare in tre categorie che sono risultate anche legate alle dimensioni del cervello: «Una categoria  – spiega ancora la Kaplan – è il gioco da solista, un’altra è chiamata gioco con oggetti, quindi l’uccello ha una foglia, un bastone o una pietra e ci fa qualcosa. Poi c’è il gioco sociale, il che significa che l’uccello ha almeno un altro uccello con cui interagire. Ci sono categorie ben note e ciascuna di esse è definita per indicare che si tratta di gioco ed è separata da altri comportamenti. Anche quegli uccelli che giocano da soli, corrono, saltano o si appendono agli alberi, o rotolano sull’erba, hanno cervelli più grandi di quelli che non hanno alcun comportamento di  gioco. Gli uccelli più brillanti sono i giocatori sociali, poi i giocatori di oggetti, poi i giocatori solisti».

Secondo la Kaplan, «Il comportamento di gioco sociale non è  molto diffuso tra le specie di uccelli ed è stato notato in tutto il mondo che i corvidi e i pappagalli giocano più di altri uccelli. Tutti i pappagalli giocano e i pappagallini sono così deliziosi perché sono felici di giocare in qualsiasi momento … anche da adulti». Tra le gazze australiane (Gymnorhina tibicen) i giochi sociali sembrano particolarmente sofisticati e vanno dai semplici giochi di caccia, al nascondino e persino ai giochi in comune e ai combattimenti. La Kaplan ha visto e fotografato delle gazze australiane impegnate in un gioco di altalena: «Una giovane gazza  era appesa a un asciugamano messo ad asciugare su un tenditoio – un esempio di gioco da solista – Le altre gazze si uniscono a terra – questo sta diventando un gioco sociale – la gazza a sinistra tira la gamba della gazza appesa faacendola oscillare verso di lei. La seconda, in attesa a destra, risospinge la gazza appesa. Hanno tutte un ruolo da svolgere nel far oscillare la gazza a penzoloni, un gioco che fanno  anche nei parchi giochi i genitori con i loro figli».

La Kaplan è convinta che il suo studio apra la strada per ulteriori ricerche e che «Suggerisce che, quando la variabile silenziosa [il comportamento di gioco] non viene presa in considerazione, si possono trarre false conclusioni sulla connessione tra l’utilizzo di strumenti e l’abilità cognitiva. Ora, è importante ora iniziare la ricerca sugli uccelli che utilizzano strumenti e non giocano. Sembra che il comportamento di gioco negli uccelli sia uno dei fattori nell’evoluzione. Quelli di loro che giocano hanno anche la durata di vita più lunga di qualsiasi altro uccello. Giocano perché hanno uno sviluppo più lento, una cura genitoriale  migliore e più lunga, e quindi più tempo per giocare, o stanno giocando come parte di una strategia di apprendimento e quindi massimizzano la loro potenza cerebrale? Non lo sappiamo. Ulteriori ricerche faranno luce su questo».