I giganti nascosti dell’Amazzonia (VIDEO e FOTOGALLERY)

Scoperta una popolazione di alberi più alti del 50% rispetto ai loro simili e gli scienziati non sanno perché

[25 Settembre 2019]

Come scrivono Tobias Jackson dell’università di Cambridge e Sami Rifai  dell’università di Oxford su The Conversation, «A volte anche le più grandi meraviglie naturali possono rimanere nascoste alla vista umana per secoli. L’Amazzonia è un luogo denso, pieno di vita con nuove specie di flora e fauna che vengono scoperte un giorno sì e un giorno no».

Jackson e Rifai facevano parte del team di ricercatori brasiliani e britannici guidato da Eric Georgens e Diego Armando da Silva che, utilizzando la stessa tecnologia delle auto senza conducente, hanno scoperto l’albero più alto della foresta pluviale amazzonica: un gigante di 88 metri di altezza che fa impallidire il precedente detentore del record che arrivava a circa 30 metri.

E questo gigante vive nel Guiana Shield, nel nord-est dell’Amazzonia, insieme ad altri alberi altissimi, nel cuore del 9% delle foreste tropicali rimaste nel mondo che probabilmente nasconde molti altri di questi alberi giganteschi.

Per convalidare le informazioni ottenute con sensori che hanno esplorato un’area remota, il 14 agosto, in una giornata caldissima con 35° C è partita da Laranjal do Jari l’Expedição Jari-Paru, un team di 30 persone coordinato da Eric Gorgens dell’Universidade Federal dos Vales do Jequitinhonha e Mucuri. (Ufvjm) che in 10 giorni ha percorso circa 220 km lungo il fiume  che si inoltra in una delle regioni più isolate dell’Amazzonia. L’unico contatto della spedizione con la civiltà era un attrezzatura SPOTs satellitare per le situazioni di emergenza.

Alla fine i ricercatori hanno scoperto cosa erano i giganti arborei segnalati dai sensori remoti: Angelim Vermelho (Dinizia excelsa), una specie ricercata nel mercato del legnamei cui tronchi raggiungono un diametro di 2 – 3 metri. Ma gli Angelim Vermelho scoperti nel Jari-Paru sono molto più grossi e ognuno di loro è in grado di stoccare una quantità di carbonio pari a un ettaro di foresta pluviale e i ricercatori dicono che questa scoperta significa che l’Amazzonia che brucia potrebbe essere un pozzo di carboni molto più grande di quanto si pensasse in precedenza.

E nella foresta amazzonica non ci sono solo questi alberi. Tra il 2016 e il 2018, l’Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais (Inpe) ha coordinato il progetto “EBA – Estimativa de biomassa na Amazônia” per la scansione laser di 850 aree dell’Amazzonia distribuite casualmente, lunga ciascuna 12 chilometri e larga 300 metri. In 7 di questi patch sono emerse prove dell’esistenza di alberi più alti di 80 metri, la maggior parte dei quali si trovava nell’area del fiume Jari, un affluente settentrionale del Rio delle Amazzoni.

Jackson e Rifai spiegano: «Anche noi siamo rimasti sorpresi dall’altezza degli alberi mammut segnalata dalle scansioni, quindi abbiamo iniziato un viaggio per confermare i risultati con i nostri occhi, determinare la loro specie e, naturalmente, scalarli».

La prima tappa del viaggio ha portato la spedizione nel villaggio di São Francisco do Iratapuru, una comunità che produce noci del Brasile sostenibili che ha fornito ai ricercatori quattro barche e 12 persone per guidarli lungo il fiume e nella fitta e pericolosa a foresta. E Jackson e Rifai sottolineano: «Senza la loro assistenza esperta non avremmo superato gli ostacoli che si sono susseguiti, il primo dei quali è stato la cascata di Itacará. Per evitarla, ci è voluto tutto il secondo giorno per trasportare le pesanti barche di legno e tutti i nostri attrezzi lungo un suolo ricoperto da fitta vegetazione».

Dopo Itacará, il fiume si è allargato fino a raggiungere i 300 metri da una sponda all’atra, anche se non mancavano rapide e rocce emergenti. Dopo una serie di incidenti e disavventure, il terzo giorno la spedizione ha passato l’equatore dopo aver percorso 70 chilometri. Alla fine, dopo 240 chilometri, il sesto giorno è stato raggiunto il campo base e molti dei grandi alberi erano abbastanza vicini al fiume e all’accampamento, anche se il fitto sottobosco ha reso impossibile visitare tutti i siti target rivelati dal dati laser dell’Inpe.

I giorni successivi il team ha passato il tempo a raccogliere campioni e a misurare gli alberi. «Il momento clou è stato il nostro climber, Fabiano, si è fiondato dritto sugli alberi per misurare la loro altezza alla vecchia maniera: facendo penzolare una corda dall’alto».

E’ cosi che i ricercatori brasiliani e britannici hanno scoperto una sconosciuta popolazione di giganti arborei: almeno 15 alti oltre 70 metri, alcuni dei quali superavano tranquillamente gli 80 metri. «Sorprendentemente  – dicono Jackson e Rifai – in questa foresta tropicale biodiversa, tutti questi alberi erano della stessa specie: Angelim vermelho (Dinizia excelsa). Questa specie è comune in Amazzonia, viene spesso usata per il legname grazie al suo legno forte, anche se puzzolente. Tuttavia, prima si pensava che potesse raggiungere solo i 60 metri. Non sappiamo ancora come questi alberi siano riusciti a crescere molto più in alto. Come specie pioniere – le prime a crescere in nuove aree o radure nella vegetazione – è possibile che abbiano approfittato di alcuni disturbi del passato che hanno abbattuto parte della foresta, forse a causa di una tempesta o di un insediamento umano. Il fatto che siano sopravvissuti così a lungo e cresciuti così in alto deve essere dovuto, almeno in parte, grazie alla loro estrema lontananza dalle aree urbane e dall’industria».

La tecnologia a scansione laser che ha permesso la recente scoperta di “alberi mammut”, non è solo un giocattolo per botanici: «Permette agli scienziati di mappare la struttura forestale e lo stoccaggio del carbonio con dettagli sorprendenti e su scale senza precedenti, e quindi valutare meglio la loro importanza nel ciclo globale del carbonio – sottolineano i ricercatori –  Numerosi progetti stanno anche raccogliendo dati ripetuti, che ci consentiranno di monitorare l’evoluzione della salute di foreste vitali come queste».

La scoperta degli alberi giganti suggerisce che il nord-est dell’Amazzonia potrebbe stoccare molto più carbonio di quanto si pensasse in precedenza. Ogni vermelho di Angelim può immagazzinare fino a 40 tonnellate di carbonio, cioè quanto 300 – 500 alberi più piccoli, occupando lo spazio di sole 20 tonnellate.

Jackson e Rifai aggiungono: «Sebbene abbiamo visitato solo 15 alberi, questa era solo una piccola parte degli alberi rivelati dai dati della scansione laser, che a sua volta copriva solo una piccola parte del Guiana Shield. Quindi, là fuori probabilmente ci sono molti più alberi giganti e alcuni potrebbero essere anche più alti del nostro record».

E, pensando a cosa sta succedendo in Amazzonia e al clima politico del Brasile dopo che il neofascita Jair Bolsonaro è diventato presidente del Paese, Jackson e Rifai concludono: «Ci sono molte ragioni per preoccuparsi l’Amazzonia, ma c’è anche ancora spazio per la meraviglia. Il fatto che possano ancora avvenire scoperte come queste – anche mentre parti della foresta vengono distrutte da disboscamento, incendi ed espansione agricola – dimostra quanto c’è ancora da imparare su questo straordinario e misterioso ecosistema. Purtroppo, è probabile che molte specie sconosciute in Amazzonia si estingueranno prima ancora che le scopriamo. Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere questa maestosa foresta pluviale e i tesori – sia noti che non scoperti – che contiene».La conversazione

Videogallery

  • Jari journey - Fabiano Moraes climbing a tall Dinizia excelsa tree

  • Jari journey - down river Itacara