I mari europei sono produttivi, ma non sono sani e puliti

Attività umane e cambiamenti climatici minacciano il funzionamento e la resilienza degli ecosistemi marini

[24 Giugno 2015]

L’European Environment Agency (Eea – Agenzia ambientale europea) ha appena pubblicato il  rapporto “State of Europe’s seas” che, guardando all’Agenda per la Crescita blu dell’Unione europea, che punta a sfruttare ulteriormente il potenziale degli oceani e dei mari europei per creare lavoro, valore economico e sostenibilità, sottolinea che «Nonostante alcuni miglioramenti, il modo in cui usiamo i nostri mari rimane insostenibile e minaccia non solo la produttività dei nostri mari, ma anche il nostro benessere. Le attività umane ei cambiamenti climatici stanno sempre più ponendo una serie di pressioni sui mari europei, gli effetti cumulativi delle quali  minacciano il funzionamento e la resilienza degli ecosistemi marini».

Il rapporto Eea analizza se e come l’Unione europea sta raggiungendo gli obiettivi politici che si è data  per il qualità dell’ambiente marino ed evidenzia che «Dalla pesca alla produzione di energia in mare aperto ed alla protezione della biodiversità marina, l’Ue dispone di una gamma di politiche in materia di pianificazione e che regolano l’uso sostenibile dei mari europei. La direttiva quadro sulla strategia marina, adottato nel 2008, mira a garantire la coerenza tra tali politiche dell’Ue e fissa tre obiettivi per mari europei: essere “produttivi”, “in salute” e “puliti”». Il comparto marittimo fornisce 6,1 milioni di posti di lavoro e di genera un valore economico di circa 467 miliardi di euro, ma, sulla base dei dati disponibili, «L’Eea ritiene che, anche se i mari d’Europa possono essere considerati produttivi, non possono essere considerati sani e puliti».

Il rapporto analizza anche come una gestione basata sugli ecosistemi potrebbe essere inserita in questo contesto marino e come migliorare la nostra conoscenza,  così come affrontare le sfide future riguardanti la sostenibilità a lungo termine dei mari europei. Gli ecosistemi marini sono indispensabili per la vita sul nostro pianeta e sono anche una fonte importante di cibo, materie prime, medicinali, energia, oltre che ad essere sempre più utilizzati come autostrade globali per il commercio.

L’Eea dice che «Solo un numero molto limitato di valutazioni degli habitat e delle specie marine indicano uno stato di conservazione favorevole. Le pressioni attuali includono, tra le altre,  i danni fisici sul fondo del mare (in particolare a causa pesca a strascico di profondità), l’introduzione di specie non indigene e l’immissione di nutrienti (principalmente da fertilizzanti agricoli), l’inquinamento da sostanze pericolose  e da rifiuti marini. Il cambiamento climatico indotto dall’aumento della temperatura e la potenziale di acidificazione dell’oceano possono indebolire ulteriormente la resilienza ecologica dei mari europei».

Per le specie e gli habitat valutati nel periodo 2007-2012 secondo la  direttiva Habitat dell’Ue, il 9% degli habitat marini e il 7% delle specie marine sono in “stato di conservazione soddisfacente”, mentre il 66% degli habitat e il 27% delle specie hanno una valutazione “sfavorevole”. Nei mari europei vivono oltre 650 specie di pesci, più di 180 specie di uccelli marini, 5 specie di tartarughe marine e quasi il 40% dei mammiferi marini noti del mondo. Dal 2.000 nei mari europei sono state avvistate circa 320 nuove specie invasive.

La base di conoscenze sulla biodiversità marina è ancora molto limitata, e questo richiede una maggiore cooperazione tra i paesi dell’Ue e con gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e sugli altri mari regionali europei

Gran parte delle pressioni esercitate sui mari europei deriva da attività come il prelievo e la produzione di risorse biologiche (pesci, molluschi, ecc), la produzione e il trasporto di energia o l’inquinamento come i rifiuti marini. Anche le attività sulla terraferma, come l’utilizzo di fertilizzanti agricoli e di prodotti chimici industriali e le acque di scarico, si aggiungere alle pressioni esercitate direttamente a mare. Secondo il rapporto, «Le attività umane stanno raggiungendo livelli che minacciano la produttività e la capacità di recupero dei nostri mari e il nostro benessere. Il degrado della vitale funzione di supporto degli oceani potrebbe effettivamente significare l’attraversamento di un confine planetario critico».

Facendo una sintesi delle minacce di origine antropica il rapporto evidenzia che «Il cambiamento climatico sta già colpendo gli ecosistemi marini europei. Le sostanze pericolose sono diffuse nell’ambiente marino,  possono accumularsi nella catena alimentare marina e creare rischi per la salute per l’uomo.  I rifiuti marini, principalmente sotto forma di plastica, si stanno accumulando anche nei mari europei. La maggior parte dei rifiuti proviene dalle attività terrestri. Le micro-plastiche  possono entrare nella catena alimentare».

E’ in aumento anche il rumore subacqueo provocato dalle attività antropiche (trasporti, estrazione di petrolio e gas, energie rinnovabili, ecc) e può avere effetti diffusi e diversificati sulla vita marina.

Segnali di miglioramento si osservano per la pesca e il carico di nutrienti, ma Più della metà degli stock ittici commerciali valutati non sono in buono stato ecologico. In totale, negli ultimi dieci anni le catture sono in calo in tutte le regioni di pesca e l’Unione europea è sempre più dipendente dalle importazioni delle specie  più consumate: tonno, merluzzo e salmone.

Il direttore esecutivo dell’Eea, Hans Bruyninckx, conclude: «Dobbiamo rispettare i limiti ecologici del mari d’Europa, se vogliamo continuare a godere dei benefici che riceviamo. Ciò richiede di allineare le nostre ambizioni politiche per la crescita economica con i nostri obiettivi politici per  garantire mari sani, puliti e produttivi. In definitiva, questo comporterà di apportare modifiche fondamentali nel nostro modo di soddisfare le nostre esigenze sociali ‘. I mari fanno parte del nostro capitale naturale europeo e la loro tutela e valorizzazione richiedono un approccio europeo. In molti casi, inoltre, richiedono un approccio globale. Il nostro rapporto contribuisce alla base di conoscenze necessaria per discussioni politiche pertinenti, attualmente in corso a livello europeo e mondiale»