I parchi non possono più attendere, e hanno bisogno delle donne

Dal Governo arrivano finalmente i vertici per i Parchi nazionali delle Dolomiti Bellunesi, della Sila, dell’Alta Murgia, del Gargano e delle Cinque Terre, ma le nomine sono state fatte con il bilancino degli accordi politici

[2 Agosto 2019]

Qualcosa si muove. A oltre un anno dal giuramento del Governo Conte arrivano all’attenzione del Parlamento i primi provvedimenti dell’esecutivo dedicati esclusivamente all’ambiente. Non si tratta di decreti legge di dubbia urgenza, ma dei decreti ministeriali di nomina dei presidenti di cinque Enti Parco su cui le commissioni Ambiente di Camera e Senato sono chiamate ad esprimersi.

Arrivano finalmente i vertici per i Parchi nazionali delle Dolomiti Bellunesi, della Sila, dell’Alta Murgia, del Gargano e delle Cinque Terre. Enti che da anni erano o commissariati o privi di presidente, come denunciato da tempo da alcune associazioni ambientaliste – Club alpino italiano (Cai), Enpa, Federparchi, Italia nostra, Legambiente, Lipu, Marevivo, Mountain wilderness Italia, Pronatura, Touring club, Wwf – che lo scorso marzo si erano appellate al ministro Costa per chiedere di procedere con le nomine in sospeso.

Un ritardo che è l’ennesimo figlio di un Governo diviso su tutto, che ha aspettato gli esiti delle europee e della tornata di elezioni regionali e amministrative per misurare gli equilibri tra le due componenti di maggioranza e regolare di conseguenza i conti. Con accordi spesso al ribasso e che hanno il sapore dello scambio.

Un ritardo grave che in questi lunghi mesi ha privato le nostre aree protette di un governance forte e chiara e non le ha messe in condizione di tutelare al meglio il capitale naturale del Paese, di valorizzare i comuni che ne fanno parte e i nostri territori.

Un ritardo che si è fatto sentire anche sull’emergenza incendi, fenomeno che ogni anno in Italia fa scempio di migliaia di ettari di territorio e di boschi: nel 2017 sono stati ben 35.000 gli ettari andati a fuoco in Zone a protezione speciale, Siti di importanza comunitaria, Aree protette nazionali e regionali.  Ma l’anno in corso rischia di non essere da meno. L’estate 2019 è iniziata nel peggiore dei modi: il 26 giugno il terzo incendio in meno di 24 ore ha colpito la Riserva di Torre Guaceto, mandando in fumo tre ettari di vegetazione in zona “Macchia San Giovanni”, a nord di Brindisi. Appena tre giorni dopo, un altro incendio è divampato tra Punta della Suina e Lido Pizzo a Gallipoli, in Salento.

Va dunque salutato con favore questo cambiamento di rotta. Designando cinque presidenti per i nostri parchi nazionali il Governo batte finalmente un colpo e dimostra, propaganda a parte, di tenere in qualche considerazione l’ambiente.

Un passo nella giusta direzione anche se il “Governo del cambiamento” dimostra di non aver cambiato proprio un bel niente, visto che le nomine sono state fatte con il bilancino degli accordi politici. C’è da chiedersi che fine abbiano fatto coloro che nella scorsa legislatura – in asse politico con l’opposizione dura e pura dei 5 stelle –  durante il tentativo di riforma della 394, si sono stracciati le vesti perché sarebbe potuto accadere che addirittura un sindaco del Parco ne diventasse presidente (quello appena eletto nelle Dolomiti Bellunesi non solo è ex sindaco, ma il suo comune nemmeno è nel Parco). Ricordo con chiarezza proclami e appelli affinché il sacro ruolo del presidente del parco non fosse svilito e sempre affidato a figure di altissimo profilo! Se dovessimo guardare con onestà intellettuale alle nomine recenti dell’era Costa ma usando le lenti degli strenui difensori della sacralità della 394 si salverebbero solo Donatella Bianchi e Francesco Tarantini, due personalità che hanno le qualità e le competenze giuste per tutelare e valorizzare il nostro capitale naturale, due figure che provengono dal mondo dell’associazionismo ambientalista e i cui  curriculum sono garanzia.

In più la nomina di Donatella Bianchi sottolinea una bruttissima tradizione tutta italiana: la Bianchi sarà, nel nostro Paese, la terza donna alla guida dei parchi nazionali… dal 1991! E nulla lascia presagire che all’orizzonte ce ne siano altre di donne nominate. Un dato che ho denunciato per anni, davanti al quale il mondo ambientalista sembrava fare spallucce ma che invece racconta più di mille parole quanto i parchi italiani siano ancora troppo chiusi e conservatori (mentre ad essere conservata dovrebbe essere solo la biodiversità).

Mancano poi le nomine dei presidenti di Parchi importantissimi come le Foreste Casentinesi, i Sibillini, il Circeo e la Majella: speriamo di non dover attendere le elezioni regionali e nuovi equilibrismi spartitori.

Parchi e aree protette sono fondamentali per la difesa dell’ecosistema naturale, ma hanno anche un ruolo strategico come luoghi di sperimentazione di pratiche innovative e modelli di sviluppo sostenibili da cui tutto il Paese possa prendere esempio. L’agricoltura biologica ad esempio è responsabile di una quantità di emissioni significativamente minore rispetto a quella tradizionale e ha anche maggiore capacità di sequestrare carbonio nel terreno. Proprio le nostre aree protette sono all’avanguardia in questo settore. Ecco, è solo un caso concreto dell’importanza dei parchi, ben oltre la conservazione di habitat e biodiversità.

Specie in epoca di mutamenti climatici serve visione per disegnare il futuro delle nostre aree protette, che sono un alleato da tenersi stretto e da schierare con coraggio ed innovazione nella sfida del clima.

di Rossella Muroni, ecologista e deputata di LeU per greenreport.it