Identificato il meccanismo di difesa dell’abete rosso contro un fungo della ruggine che minaccia le Alpi

Trovato un modo per combattere una malattia che ogni anno minaccia migliaia di ettari di foreste alpine

[18 Agosto 2020]

Lo studio “RNA-Seq and secondary metabolite analyses reveal a putative defence-transcriptome in Norway spruce (Picea abies) against needle bladder rust (Chrysomyxa rhododendri) infection”, pubblicato su BMC Genomics da un team  finanziato dal  Fonds zur Förderung der wissenschaftlichen Forschung FWF astriaco guidato da  Carlos Trujillo-Moya del Bundesforschungszentrum für Wald e da Andrea Ganthaler dell’Universität Innsbruck ha decifrato la reazione dell’abete rosso (Picea abies) all’infestazione dal fungo della ruggine vescicolosa dell’abete (Chrysomyxa rhododendri), che rappresenta una seria minaccia per le foreste d’alta quota nelle Alpi. Lo studio mostra che gli abeti rossi si difendono con una cosiddetta reazione “ipersensibile”, con la quale il fungo viene isolato nelle foglie infestate per impedirne la diffusione. I ricercatori di cono che «I risultati promuovono l’istituzione di programmi di reimpianto che contribuiscano alla conservazione di foreste d’alta montagna sane e stabili».

L’infezione del fungo ruggine fa sì che in estate le foglie dell’abete roso ingialliscano e cadano, il che porta a un netto calo della crescita degli alberi e, nel peggiore dei casi, anche alla morte. L’infezione avviene in primavera, quando vengono rilasciate le spore fungine dal secondo ospite del patogeno, il rododendro (Rhododendron ferrugineum o R. hirsutum), e vengono disperse dal vento raggiungendo i nuovi germogli dell’abete rosso.

Questo fenomeno colpisce i servizi ecosistemici, economici e sociali delle foreste presenti ad altitudini più elevate nelle Alpi. La ricerca punta a fermare questa malattia che ogni anno colpisce migliaia di ettari di foreste causando danni economici e mettendo a rischio l’ecosistema di alta montagna. Trujillo-Moya spiega che «Il monitoraggio continuo e periodico di diversi alberi di abete rosso esposti a questo patogeno nelle montagne del Tirolo austriaco ci ha permesso di selezionare alberi che mostrano una maggiore resistenza, di produrre cloni e di studiare in dettaglio l’espressione genica e la produzione di repellenti chimici da parte delle piante colpite».

I risultati pubblicati su BMC Genomics dimostrano che la reazione “ipersensibile” dell’abete rosso è  «Un meccanismo di difesa molto efficiente, diffuso nel regno vegetale e ampiamente studiato per le colture grazie alle quali le piante, in quanto organismi sessili che vivono permanentemente ancorati nello stesso luogo, prevengono la diffusione della malattia. Questa risposta di difesa consiste nella rapida morte delle cellule nella regione locale che circonda un’infezione che impedisce al fungo di diffondersi ad altre parti dell’albero. Il processo include la produzione di una complessa composizione di proteine ​​e composti chimici che aiutano a isolare il fungo e prevenirne la crescita».

E’ stato dimostrato che negli abeti rossi questa reazione si verifica due o tre settimane dopo l’infezione e persiste per almeno un mese. In questo periodo l’albero produce una specifica “munizione” per la difesa e  Trujillo-Moya  spiega ancora che «Per questo patosistema, Lo studio evidenzia l’importanza della produzione di taxifolina con comprovata attività antifungina e della proteina di difesa dell’endochitinasi che è responsabile della distruzione della chitinina della parete cellulare fungina. Il risultato dello studio rappresenta un importante progresso per la selezione di alberi resistenti alla ruggine. Ora che sappiamo quali geni e processi metabolici vengono attivati ​​durante il processo di difesa dell’abete rosso, possiamo selezionare quegli alberi che mostrano una reazione di difesa ipersensibile più efficace».

Una scoperta che può consentire una selezione efficiente ed economica di cloni resistenti e di realizzare programmi di forestazione utilizzando questi esemplari.