Il cambiamento climatico aggrava la perdita di biodiversità. Rischi per benessere e prosperità umani

Gli obiettivi per la biodiversità post-2020 devono tenere conto del riscaldamento globale

[9 Dicembre 2020]

Anche se venissero rimossi altri ostacoli, come lo sfruttamento insostenibile degli habitat, il raggiungimento di un gran numero di obiettivi per la biodiversità post-2020, proposti dall’Unione europea, dall’Onu e dalla Convention on biological diversity (Cbd), è gravemente minacciato dal cambiamento climatico. E’ questo il principale risultato dello studio “Post-2020 biodiversity targets need to embrace climate change”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team internazionale di ricercatori del quale faceva parte anche Carlo Rondinini del Global Mammal Assessment Program (GMA) del Dipartimento di biologia e biotecnologie dell’università La Sapienza di Roma

Infatti, spiegano al Karlsruhe Institute of Technology (KIT) che ha guidato il team di ricerca, «Il riscaldamento globale sta accelerando il declino della diversità biologica. Al contrario, le misure per proteggere la biodiversità possono anche aiutare a mitigare le conseguenze del cambiamento climatico. Metodi flessibili nella conservazione della natura consentirebbero di reagire in modo dinamico alle conseguenze del cambiamento climatico per gli habitat e le specie».

Secondo il Global Assessment  dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), i  tutto il mondo sono minacciate di estinzione circa un milione di specie animali e vegetali e almeno 13 dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Onu dipendono dalla biodiversità, che include sia la diversità delle specie che la diversità genetica all’interno delle specie e la diversità degli ecosistemi. Al Kit evidenziano: «Dato che la biodiversità regola i processi fondamentali, come la formazione del suolo, l’acqua, i cicli dei gas e dei nutrienti, ed è anche importante per la regolazione del clima. Il suo continuo declino pone grandi problemi ecologici, sociali ed economici per l’umanità».

Il principale autore dello studio, Almut Arneth, che insegna all’Institut für Meteorologie und Klimaforschung – Atmosphärische Umweltforschung (IMK-IFU), del Campus Alpin del KIT. Sottolinea che «Oltre allo sfruttamento delle risorse naturali come la terra e l’acqua, nonché all’inquinamento ambientale, il cambiamento climatico sta anche portando a una perdita di diversità biologica e, in questo senso, avrà un impatto ancora maggiore in futuro».

Nello studio, il team di scienziati provenienti da Germania, Francia, Italia, Spagna, Russia, Sudafrica, Messico e Giappone analizzano gli obiettivi di Aichi per la protezione della biodiversità globale, che sono stati adottati alla decima Conferenza delle parti della Cbd nel 2010 in Giappone e che avrebbero dovuto essere stati raggiunti entro il entro il 2020, cosa che, per la maggior parte degli obiettivi, la comunità internazionale non è riuscita a fare.  I ricercatori erano anche interessati alla revisione degli obiettivi di protezione della biodiversità per il periodo successivo al 2020  –  che devono essere poi raggiunti entro il 2030 e il 2050 – che sono attualmente in fase di negoziazione da parte deli Stati aderenti alla Cbd e che dovrebbero essere approvati alla prossima COP Cbd in Cina, per arrivare entro il 2030 al 30% del pianeta protetto, sia a terra che a mare.

I ricercatori avvertono che molti degli obiettivi esistenti e proposti sono seriamente minacciati dal riscaldamento globale, anche se riuscissimo a fermare l’aumento delle temperature globali a 1,5 – 2 gradi centigradi. Arneth evidenzia che «E’ certamente una grande sfida, ma anche un’importante opportunità per affrontare meglio politicamente le interazioni tra cambiamento climatico e declino della biodiversità e per coordinare più da vicino gli Obiettivi della biodiversità con l’Accordo di Parigi sulla protezione del clima e gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile».  Gli obiettivi di per la biodiversità che verranno proposti alla COP Cbd dovrebbero quindi tenere conto del cambiamento climatico in modo molto più forte. Arneth  fa un esempio: «Un obiettivo di protezione della biodiversità relativo alle riserve naturali deve tenere conto del fatto che la composizione e la crescita della vegetazione cambiano con il cambiamento climatico e che alcune specie vegetali e animali migrano da una riserva naturale o sono minacciate se le condizioni climatiche cambiano. Il cambiamento climatico, ad esempio, sta provocando il restringimento dei ghiacciai di montagna. Nelle regioni semi-aride, tuttavia, gli ecosistemi nelle valli più profonde dipendono dall’acqua di disgelo estiva dei ghiacciai. Se questo flusso regolare di acqua di disgelo viene ridotto anche a causa del ritiro del ghiacciaio, la pioggia da sola potrebbe non essere sufficiente per fornire acqua alle piante nel bacino idrografico. Questo vale anche per gli animali che dipendono dalle piante».

Lo studio evidenzia la necessità di ridurre le emissioni di gas serra antropiche  in modo rapido e significativo e di fermare il cambiamento climatico e fa notare che le misure per proteggere la diversità biologica possono anche contribuire alla protezione del clima: «Un migliore coordinamento degli accordi politici e delle conoscenze scientifiche può sia accelerare l’urgente decarbonizzazione dell’economia sia garantire che il cambiamento climatico sia rallentato attraverso misure per proteggere la biodiversità», riassume Arneth.

Un altro studio, “Global trends in nature’s contributions to people”,  pubblicato quasi in contemporanea, sempre su PNAS, da un team di internazionale di ricercatori guidato da Kate Brauman dell’Institute on the environment (IonE) dell’università del Minnesota  – e basato sul Global Assessment   IPBES – ha esaminato invece i rischi per il benessere e la prosperità umani derivanti dal degrado ambientale in corso.

La Bauman spiega che «Ci sono molti modi in cui la natura fornisce benefici alle persone: dalla produzione di beni materiali, ai benefici non materiali e ai benefici dell’ecologia naturale che regolano le condizioni ambientali. Siamo in una posizione molto migliore per identificare i problemi nel modo in cui gestiamo la natura e questo ci fornisce una strada da percorrere per gestirla meglio».
Lo studio ha esaminato una varietà di documenti scientifici sottoposti a peer-reviewed che affrontano temi di ampia portata dei trend in natura e degli impatti associati sulle persone e ha rilevato che: Negli ultimi 50 anni, la maggior parte dei contributi della natura alle persone – come l’acqua potabile –  ha visto un declino; Si stanno già verificando impatti negativi sul benessere delle persone, comprese le riduzioni dei raccolti dovute al calo delle popolazioni di impollinatori e alla produttività del suolo e una maggiore esposizione alle inondazioni e alle tempeste a causa del degrado degli ecosistemi costieri; La comprensione e il monitoraggio dei contributi della natura alle persone fornisce un feedback critico che può migliorare la nostra capacità di gestire i sistemi terrestri in modo efficace, equo e sostenibile.

Gli autori dello studio hanno realizzato la tabella che pubblichiamo e che cataloga i molti modi in cui la natura fornisce benefici, compresa la produzione di beni materiali e benefici non materiali, insieme ai processi ecologici che regolano in modo benefico e,  soprattutto, il mantenimento delle condizioni ambientali che permettono la nostra sopravvivenza, tra cui la filtrazione dell’acqua, il sequestro del carbonio, la protezione dalle tempeste.

Un altro autore dello studio, Steve Polasky, del Department of Applied Economics e del IonE dell’università del Minnesota, conclude: «Questo documento evidenzia il valore dei contributi della natura al nostro benessere. Rendendo questi valori più visibili, speriamo che vengano intraprese azioni per proteggere la natura, in modo che la natura possa continuare a fornire benefici alle generazioni future».