Il declino degli anfibi è forte anche nelle regioni più adatte alla loro conservazione

L’esempio del Montenegro: forti cali nelle popolazioni di tritoni pedomorfici, dopo l’introduzione di pesci esotici

[30 Dicembre 2019]

Lo studio “Traditionally managed landscapes do not prevent amphibian decline and the extinction of paedomorphosis”, pubblicato suEcological Monographs da un team internazionale di ricercatori al quale ha partecipato anche Gentile Francesco Ficetola dell’università degli studi di Milano si occupa degli angfibi del Montenegro e affronta la situazione catastrofica che stanno affrontando gli anfibi anche nei territori che potrebbero sembrare adatti alla loro conservazione.

Il team di ricercatori guidato dai belgi Mathieu Denoël et Benjamin Lejeune, dell’Unité de Recherches FOCUS (Faculté des Sciences) dell’Université de Liège fa notare che «Mentre si suppone che gli ambienti naturali siano favorevoli alla persistenza della biodiversità, assicurando la protezione e la sopravvivenza delle specie, dobbiamo constatare che in tutto il mondo, non smettono di accumularsi i rapporti sul declino e l’estinzione di popolazioni e di specie. La frammentazione e la distruzione di habitat, la modificazione del territorio, il cambiamento climatico e l’introduzione di specie esotiche sono altrettanti fattori legati all’attività umana che generano poco a poco il declino di tali popolazioni».

Lo studio è stato condotto in Montenegro perché questo piccolo Paese balcanico ha una vasta estenz sione di spazi naturali gestiti in maniera tradizionale dove vivono numerose specie di anfibi, ma i ricercatori hanno dovuto costatare ugualmente un declino delle popolazioni di queste specie e hanno cercato di capirne le cause.

In effetti, come dimostrano studi e censimenti precedenti, l’ambiente del Montenegro sarebbe uno dei più favorevoli per diverse specie di anfibi e questa regione è considerata uno degli hotspot della biodiversità, con un notevole processo di differenziazione: la presenza di numerose popolazioni di tritoni pedomorfici, cioè in grado di fare a meno della metamorfosi, caratteristica nella maggior parte degli anfibi, e che sono quindi in grado di riprodursi mantenendo le branchie larvali.

I ricercatori dell’università di Liegi si sono avvalsi dei dati raccolti da scienziati montenegrini e serbi che studiano e monitorano queste popolazioni di tritoni da molti decenni e l’ulteriore esperienza maturata grazie a diverse collaborazioni internazionali ha permesso di studiare l’impatto di vari fattori ambientali sulle popolazioni di anfibi in tutto il Montenegro per quasi 70 anni.

Ma i risultati del nuovo studio «sono ovvi e catastrofici». I ricercatori hanno riscontrato «un forte declino delle popolazioni, con una perdita del 78% del fenotipo più raro (pedomorfo) e del 48% delle popolazioni del fenotipo più comune». Denoël aggiunge che «In termini di superficie acquatica, ciò significa una riduzione, in quasi 70 anni, di oltre il 99% dell’habitat occupato». Ad aver subito un forte deterioramento sono infatti le popolazioni più specifiche, endemiche dei laghi di altitudine. Sulla base di analisi accurate, i ricercatori hanno identificato un fattore determinante che spiega questo declino: l’introduzione di pesci alloctoni nei punti d’acqua (laghi o stagni) ed evidenziano che «Fino a sei specie sono state introdotte negli stessi habitat, portando rapidamente al declino delle specie autoctone mentre la maggior parte degli altri fattori ambientali non ha avuto un’influenza importante in questo scenario».

Il team di scienziati è rapidamente arrivato a una conclusione senza appello: «Se la conservazione dei paesaggi terrestri è essenziale per la conservazione degli anfibi – perché questo è ciò che consente il mantenimento di una ricca diversità – non dobbiamo dimenticare l’importanza di preservare gli habitat acquatici in cui semplici gesti, che possono sembrare banali o aneddotici, come l’introduzione di un pesce, possono portare a una perdita complessiva di biodiversità. Questo problema identificato in Montenegro è un esempio quando il Paese è ancora relativamente incontaminato da altre minacce antropogeniche e dove la conservazione di questi habitat tradizionali o naturali ha certamente rallentato l’influenza di altri cambiamenti globali. In ambienti più disturbati dall’abbandono degli stagni, dall’aumento dell’urbanizzazione, dal cambiamento delle pratiche agricole o di fronte ai cambiamenti climatici, il futuro di numerosi anfibi è sempre più incerto. Le analisi multifattoriali e di lungo periodo in questi ambienti antropizzati sono purtroppo rare per poter identificare tutti i fattori determinanti della perdita di biodiversità».