Il G7 e l’Amazzonia: Bolsonaro cede e manda l’esercito a spegnere gli incendi

Bolsonaro da “capitan motosega" alla tolleranza zero. Ma è crisi tra Brasile e Francia

[26 Agosto 2019]

Prima del G7 che si conclude oggi a Biarritz il presidente francese Emmanuel Macron aveva detto che bisogna «Rispondere all’appello dell’oceano e della foresta che brucia» e poi aveva messo sul gtavolo del G7 due corposi – e indigesti per Donald Trump – dossier ambientali.

Per quanto riguarda gli oceani, Macron ha chiesto una riduzione della velocità delle navi per attenuare l’impatto dei trasporti marittimi sull’ambiente. Liberation la definisce «Una proposta lodevole ma che non ha l’unanimità, perché questo modo di trasporto, che assicura il 90% del commercio mondiale, contribuisce solo per il 3% alle emissioni di carbonio del pianeta». Il presidente francese ha anche  chiesto di ridurre i rifiuti dell’industria tessile, responsabile dell’8% delle emissioni globali di CO2.

Ma in un vertice che lo stesso Macron ha definito un club esclusivo e che da anni prende decisioni che non vengono attuate, hanno fatto prepotentemente irruzione le fiamme e il fumo dell’Amazzonia, un disastro che i leader del G7 non hanno potuto ignorare nonostante il negazionismo climatico di Trump. Di fronte alle richieste di aiuto, venute soprattutto dalla Colombia (alleato di ferro degli Usa),  Macron ha chiesto una «Mobilitazione di tutte le potenze » per lottare contro gli incendi e investire nella riforestazione.

Alla fine, il G7 è riuscito a raggiungere un accordo per offrire un aiuto urgente ai Paesi dell’Amazzonia e Macron ha annunciato: «Abbiamo raggiunto un ampio consenso sulla necessità di fornire assistenza ai Paesi colpiti dagli incendi il più presto possibile. Porteremo questa decisione ad un livello di attuazione decente, tutti i contatti necessari con questi Paesi dell’Amazzonia sono già in corso per identificare interventi atti concreti dal punto di vista finanziario e materiale».

Non è esattamente quel che aveva chiesto il Wwf al G7 con «4 proposte per intervenire subito su una situazione che ha superato le dimensioni della tragedia ambientale: 1. Che si impegnino per una task force internazionale dotata di uomini e mezzi adeguati per aiutare il governo brasiliano a spegnere gli incendi e che sia subito operativa; 2. Che mettano a disposizione le proprie agenzie spaziali, non solo per rilevare l’esatta estensione degli incendi e i danni prodotti alla foresta, ma anche come strumento di sorveglianza dell’area; 3. Che richiedano al Brasile norme per introdurre il divieto di riutilizzare ai fini economici le aree devastate degli incendi; 4. Che si attivino per una conferenza internazionale per l’Amazzonia con misure concrete di protezione».

Macron ha però sottolineato che è stata anche discussa la strategia di riforestazione per ripristinare le foreste dell’Amazzonia e ha evidenziato che «Durante la discussione sono state espresse varie opinioni. Inoltre, la decisione presa dipenderà anche dai Paesi dell’Amazzonia, il desiderio dei quali di proteggere la propria sovranità è ben nota. Rispetteremo pienamente questa sovranità implementando misure per ripristinare le foreste. Contribuiremo allo sviluppo economico di tutti questi Paesi, però non dobbiamo dimenticare che l’importanza dell’Amazzonia sia per loro, che per l’intera comunità internazionale, dal punto di vista della conservazione della biodiversità, del fornimento dell’ossigeno per il pianeta e la lotta al riscaldamento del pianeta, è così grande che dovremmo assolutamente ripristinare queste foreste».

Senza citarlo, Macron ha risposto così al presidente neofascista del Brasile Jair Bolsonaro  che precedentemente aveva accusato  non aver rispettato gli obblighi presi dal Brasile per la salvaguardia del clima. Bolsonaro aveva risposto accusando Macron di essere un colonialista che strumentalizzava gli incendi in Amazzonia per interessi politici personali. Ma, dopo le critiche pressoche unanimi della comunità internazionale, Bolsonaro e il suo governo di destra hanno finalmente inviato unità dell’esercito a combattere gli incendi, come chiedevano inascoltati da settimane ambientalisti e indios.

Il 22 agosto, dopo aver accusato pubblicamente le associazioni ambientaliste di aver appiccato gli incendi per far fare brutta figura al suo governo, Bolsonaro si è finalmente deciso a partecipare a Brasilia a una riunione sulla crisi degli incendi, poi in  tutto il Brasile ci sono state proteste contro le sue politiche ecocide e Fridays for Future ha organizzato manifestazioni davanti ad ambasciate e consolati del Brasile in tutto il  mondo.

Probabilmente a smuovere Bolsonaro è stata anche la preoccupazione della lobby dell’agrobusiness – che nel parlamento e nel governo brasiliano è ben rappresentate dalla Bancada Ruralista – per possibili boicottaggi dei prodotti brasiliani.  Ora Bolsonaro parla addirittura di  «tolleranza zero» con gli incendiari, anche se alcuni fazendeiros dicono di aver appiccato gli incendi proprio per far vedere come applicano le politiche del presidente brasiliano.

Ma, come scrivono i giornali francesi rien ne va plus tra Parigi e Brasilia e La Folha de São Paulo definisce quella in corso «La crisi bilaterale più grave in 60 anni. Macron ha accusato Bolsinaro di aver mentito al G20 di Osaka quando aveva promesso di rispettare gli impegni presi dal Brasile con l’Accordo di Parigi (dal quale, in campagna elettorale, Bolsonaro aveva detto di voler uscire seguendo l’esempio di Trump) in cambio di un avallo europeo  al trattato di libero scambio Ue-Mercosur. Bacchettate arrivate anche dalla cancelliera tedesca angela Merkel che la dicono lunga sulla perdita di prestigio internazionale del Brasile dopo la vittoria di Bolsonaro che, a sua volta, ha accusato Macron di avere  una «mentalità colonialista» e di aver messo all’ordine del giorno del G7 l’Amazzonia senza sentire i 9 Paesi amazzonici. Il figlio di Bolsonaro, il deputato Eduardo, che sta cercando di diventare ambasciatore del Brasile a Washington, ha risposto a Macron chiamandolo «Idiota» .

Ma il governo di destra brasiliano è evidentemente in difficoltà e Paulo Moutinho, dell’Instituto de Pesquisa Ambiental da Amazônia, ha detto: «Non mi ricordo di una  mobilitazione internazionale di una tale portata per una questione ambientale. E’ un fatto storico».

E Pensare che Bolsonaro si era  spavaldamente autoproclamato «capitano motosega” per poi essere accusato dagli ambientalisti di chiudere gli occhi di fronte alla deforestazione o addirittura di incoraggiarla. Ora O Estado de São Paulo ironizza: «L’esercito  viene chiamato in soccorso per spegnere il fuoco acceso da Jair Bolsonaro».

Perfino i militari prendono le distanze da Bolsonaro e uno di loro ha detto all’O Estado de São Paulo  che la stagione secca, quando inizia davvero la deforestazione, «Sappiamo che arriva, come Natale a dicembre. Gli allarmi sono stati ignorati dal governo». Ma è chiaro che la mobilitazione dell’esercito da parte di Bolsonaro ha anche un significato simbolico: riaffermare la sovranità del Brasile sulla sua foresta che, secondo lui, ambientalisti e indios vorrebbero svendere alle potenze straniere, magari dividendo il Brasile in tanti Stati amazzonici indios indipendenti. Pura paranoia sovranista, ma alla destra brasiliana sono tornate in mente le parole dette nel lontano 1989 da un altro presidente francese, il socialista François Mitterrand,  «Il Brasile deve accettare una sovranità relativa sull’Amazzonia».

Ma la pressione internazionale e la paura che #BoycottBrazil diventi una campagna globale hanno fatto effetto, tanto che Marcello Britto, présidente dell’Associação Brasileira do Agronegócio, ha ricordato al governo che «L’Europa è uno dei principali clienti della produzione agricola del Brasile ed è quella che detta la tendenza del consumo mondiale».

Quanto ai fazendeiros che appiccano gli incendi inneggiando a Bolsonaro . la ex ministro dell’agricoltura Kátia Abreu, del Partido Democrático Trabalhista e una delle più influenti rappresentanti della lobby della Bancada Ruralista, ha messo in guardia: «Gli agricoltori che sono contenti oggi piangeranno domani».

Moutinho conclude: « Il Brasile può aumentare la sua produzione agricola senza dover abbattere un solo albero Sfruttando delle particelle già disboscate. Ma gli incendi continuano lo stesso… è frustrante. Attenzione però a un boicottaggio indiscriminato: ci sono certamente agricoltori e allevatori che praticano pratiche predatorie, ma ce ne sono altri che rispettano la legge. La comunità internazionale deve riconoscerli. Riconoscere anche che proteggere la foresta ha un costo. Il Brasile deve essere pagato per i servizi ambientali che la preservazione dell’Amazzonia rende al pianeta».