In Arno non ci sono più i pesci di una volta

Negli ultimi 215 anni la popolazione ittica e di alcuni macroinvetebrati (molluschi e crostacei) nel tratto fiorentino del fiume è completamente mutata

[24 Dicembre 2020]

In molti fiumi europei la presenza di specie aliene sta aumentando in modo significativo, e l’Arno non fa certo eccezione: oggi al posto di tinche, lucci, anguille, cavedani, rovelle e lamprede, nelle sue acque nuotano soprattutto i pesci-gatto punteggiati, i siluri, i pesci persico. Com’è avvenuta questo cambiamento radicale nella biodiversità locale e nei conseguenti equilibri ecologici?

A spiegarlo è la ricerca Two centuries for an almost complete community turnover from native to nonnative species in a riverine eco system, recentemente pubblicata su Global Change Biology da un team di ricercatori comprendente due curatori del Sistema museale dell’Università di Firenze, Gianna Innocenti e Simone Cianfanelli.

Studiando l’ecosistema del fiume nell’arco di 215 anni è risultato evidente come nel giro di poco più di due secoli la popolazione ittica e di alcuni macroinvetebrati (molluschi e crostacei) nel tratto fiorentino sia completamente mutata.

Come spiegano dall’Ateneo cittadino solo il 6% delle specie di pesci originarie dell’Italia sono sopravvissute, sostituite dall’invasione di specie non autoctone, provenienti dall’America, dall’Asia, dal Nord Europa. Il turn over ha riguardato anche i molluschi e i crostacei, di cui solo il 30% può attualmente essere descritto come autoctono.

Indagando i perché di questa rivoluzione faunistica, i ricercatori suggeriscono che la risposta vada cercata soprattutto nel quadro della crescita della regione intorno a Firenze tra il 1900 e il 1950, periodo durante il quale sono aumentate sia la domanda di fonti di cibo che il desiderio di attività ricreative.

«Numerose associazioni di pescatori e gli stessi cittadini di Firenze hanno intensificato le loro attività di pesca – spiegano Cianfanelli e Innocenti – introducendo a tal fine nel fiume in modo mirato anche specie non autoctone.   Ma fra i motivi dello scambio fra specie vanno ricordati anche quelli relativi all’idromorfologia del fiume: l’Arno è stato canalizzato e scavato, si è avuto perciò un aumento del trasporto di correnti e sedimenti, con distruzione delle tane dei pesci. A questo tipo di cambiamenti, così come al crescente inquinamento ambientale, le specie invasive si sono adattate meglio di quelle locali».