In Brasile operazione del Funai per salvare gli ultimi indios incontattati Kawahiva

Ma deve terminare prima che arrivi al potere il nuovo presidente Bolsonaro

[19 Dicembre 2018]

Survival International ha annunciato che  «Le autorità brasiliane hanno completato una rara operazione sul campo per proteggere i Kawahiva incontattati dai violenti allevatori del nord.est dello Stato del Mato Grosso, la regione dell’Amazzonia con il più alto tasso di deforestazione illegale del Paese. Tuttavia, se le fasi del processo di protezione della terra della tribù non saranno completate tutte al più presto, è possibile che il territorio non sarà mai messo in sicurezza».

Il timore dell’organizzazione che protegge i popoli indigeni è che l’insediamento al potere il primo gennaio del nuovo presidente neofascista e negazionista climatico del Brasuile, Jair Bolsonaro, blocchi l’iniziativa.

Infatti, per sfrattare i fazendeiros e i boscaioli illegali, molti dei quali armati, dal territorio indigeno del Rio Pardo, terra ancestrale dei Kawahiva, sono stati inviati agenti del Frente de Proteção Etnoambiental Madeirinha-Juruena La Fundação Nacional do Índio  (Fpemj.Funai),  dell’Instituto Brasileiro do Meio Ambiente e dos Recursos Naturais (Ibama), del Ministério Público Federal do Mato Grosso, della Polícia Federal e della Justiça Federal, Funai, Ibama e ministero dell’ambiente sono già nel mirino di Bolsnaro che ha più volte detto di volerli abolire.

Il Funai ha comunicato solo ieri i risultati dell’operazione svoltasi tra il 7 e il 14 dicembre quando gli ultimi 5 occupanti abusivi dell’area si sono allontanati prima di poter essere fermati. Ma gli occupanti abusivi non indigeni hanno lasciato una scia di deforestazione nella Terra Indígena Kawahiva del Rio Pardo.

Intanto procedono i lavori per la demarcazione della terra indigena. Il Funai spiega che  «Il 10 agosto 2018, si è concluso dal Coordinamento generale degli affari fondiari (Cgaf/Dpt/FunaiI), con il sostegno del Fpemj, un censimento delle terre mirava a valutare i disboscamenti attuati da non-indios e gli immobili costruiti al confine della Terra Indígena Kawahiva do Rio Pardo, come parte del processo di regolarizzazione fondiaria dell’area, con un’operazione effettuata in luoghi e strade difficili da raggiungere, che ha richiesto un grande sforzo da parte dei team. Nel corso del 2018 si sono svolti anche 14 altri interventi di controllo in Terra Indígena, 4 operazioni di ispezione congiunte di Fpemj-Funai e Ibama e altre 10 azioni realizzate solo dal Fpemj, al fine di proteggere la Terra Indígena, permettendo una maggiore salvaguardia  dell’area e una consistente diminuzione delle invasioni negli ultimi anni.

Geovânio Pantoja Katukina, un agente del Funai che opera con il Frente de Proteção Etnoambiental Madeirinha-Juruena, sottolinea che «La difesa del territorio è fondamentale per la sopravvivenza dei popoli indigeni e isolati di contatto recente e, per garantirla e consolidarla, ha bisogno di progressi continui.

Survival International evidenzia che «Il territorio dei Kawahiva si trova vicino alla città di Colniza, una delle aree più violente del Brasile. Il 90% del reddito di Colniza proviene dal taglio illegale del legname. I Kawahiva sono cacciatori-raccoglitori nomadi, costretti a vivere in fuga per salvarsi dalle invasioni della loro foresta. Gli ultimi membri della tribù sono i sopravvissuti alla violenza genocida degli invasori che volevano sfruttare le risorse naturali dell’area. E’ probabile che la tribù eviti il contatto con la società dominante proprio a causa di questi attacchi e per paura delle malattie importate dall’esterno. Proteggere efficacemente la loro terra è l’unico modo per garantire che venga rispettato il loro diritto a decidere di non entrare in contatto con il mondo esterno».

Dell’esistenza dei Kawahiva incontattati si è saputo solo nell’ottobre 2015, quando Survival International diffuse il filmato di un incontro fortuito con alcuni membri della tribù ripreso dal Funai: immagini che ancora oggi restano tra le più sorprendenti mai filmate di un popolo incontattato. Il processo per rendere sicura la loro terra iniziò proprio con la conferma dell’esistenza dei Kawahiva: il governò brasiliano cominciò a mappare il territorio per destinarlo a loro uso esclusivo, come previsto dalla legge nazionale e internazionale. Tuttavia, presto il processo di arenò lasciando i Kawahiva esposti al genocidio e all’estinzione.

Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni, lanciò quindi una campagna internazionale per avviare il processo di demarcazione del territorio e diche che «Grazie al sostegno del Premio Oscar Mark Rylance e di sostenitori in oltre 100 Paesi, il 19 aprile 2016 il ministro Eugênio Aragão firmò il decreto iniziale per tramutare in legge la creazione del territorio protetto della tribù. Negli anni successivi, i consiglieri di Colniza hanno fatto pressione sul ministro della giustizia per ridurre drasticamente l’estensione del territorio indigeno di Rio Pardo e permettere così l’arrivo di nuovi taglialegna, allevatori e coltivatori di soia. Ma ora, a due anni dalla firma del decreto, le autorità hanno finalmente sfrattato gli invasori, anche a seguito dell’ondata di sollecitazioni coordinata da Survival».

Jair Candor, a capo del team del Funai che sta lavorando per proteggere il territorio dei Kawahiva, ha detto a Survival: «Sono molto felice, è un sogno. Abbiamo lavorato tanto e stiamo finalmente raccogliendo i frutti. E’ importante che le persone sappiano che non siamo gli unici esseri umani su questo pianeta, ci sono anche i Kawahiva e altre tribù incontattate là, nelle loro foreste. Dobbiamo proteggere le loro foreste. E’ l’unico modo per permettergli di sopravvivere».

Ma Survival International ricorda che «Il neoeletto Presidente Bolsonaro si è impegnato a non proteggere nessun altro territorio indigeno e gli attivisti temono che, se la riserva dei Kawahiva non sarà completamente protetta prima che lui entri in carica, il processo di demarcazione non sarà mai completato». E il direttore generale dell’ONG, Stephen Corry, conclude: «Questa operazione dimostra che le campagne di mobilitazione dell’opinione pubblica possono fare una reale differenza nella lotta per fermare il genocidio dei popoli incontattati. Il recente video dell’Ultimo della sua Tribù – l’ultimo sopravvissuto di un intero popolo – mostra quali terribili conseguenze possono avere i genocidi. Negli ultimi decenni i Kawahiva hanno sopportato traumi spaventosi, ma alcuni di loro sopravvivono. Siamo determinati a impedire che vadano incontro allo stesso destino che molti popoli indigeni hanno già subito in passato. Se la loro terra sarà protetta possono prosperare, come i Sentinelesi nelle isole Andamane. Avranno bisogno di tutto il sostegno possibile perché sia ultimato l’iter legislativo per la protezione della loro terra».