La natura è affare nostro: Giornata europea dei parchi il 24 maggio

Legambiente lancia la sfida della qualità totale e racconta luci e ombre dei parchi italiani

[23 Maggio 2015]

Il 24 maggio si festeggia la Giornata Europea dei Parchi e si rinnova l’iniziativa della Federazione Europea dei Parchi (Europarc) per ricordare il giorno in cui, nell’anno 1909, venne istituito in Svezia il primo parco europeo. In Italia la data del 24 maggio si dilata su più giorni, con un ricco programma di incontri, escursioni, mostre ed attività ambientali. La natura è affare nostro è lo slogan adottato quest’anno da Europarc e Legambiente lancia la sfida della qualità totale nelle aree protette, nell’anno di Expo 2015 dedicato al cibo e alla biodiversità. «Non solo buona conservazione di specie e habitat – dice il Cigno Verde –  ma anche buone pratiche di sostenibilità per le comunità interessate e sostegno alle produzioni di eccellenza nel settore agro-silvo-pastorale, tra cui riduzione del consumo di suolo, gestione forestale sostenibile e il biologico come modello agricolo».

Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente, evidenzia che «Nei parchi italiani operano quasi 250 mila imprese agricole – Si tratta di un capitale di straordinaria importanza su cui puntare per creare lavoro qualificato e per valorizzare i territori. Le aree protette non sono un limite per l’agricoltura, anzi hanno dimostrato di essere laboratori privilegiati per il suo sviluppo, integrato con la tutela degli ecosistemi. In Italia, i parchi hanno garantito l’occupazione diretta e favorito l’indotto in settori strategici – turismo, agricoltura, allevamento, artigianato, commercio e servizi – promuovendo la nascita di piccole e piccolissime imprese e cooperative locali. Ad oggi le aree protette sono fruite da parte di un pubblico dedito all’ecoturismo che registra ben 100 milioni di presenze annue e un fatturato globale di circa 5,5 miliardi di euro con un incremento annuo dell’1,8%>.

Secondo Nicoletti, «Coinvolgendo il territorio in progetti di rilancio e sviluppo sostenibile, i parchi hanno saputo valorizzare le comunità locali – ma i buoni risultati raggiunti non bastano. Occorre fare di più per migliorarne la gestione con un maggior contributo delle istituzioni, con azioni e progetti in grado di mitigare gli effetti del cambiamento climatico e di frenare la perdita di biodiversità. Serve un nuovo sforzo per raggiungere gli obiettivi indicati dall’ONU che prevedono un aumento dell’estensione globale delle superfici protette almeno del 17% per il territorio e del 10% per la superficie marina entro il 2020».

E i ritardi e le difficoltà per le aree protette in Italia non mancano: bisogna completare l’iter istitutivo del Parco nazionale della Costa Teatina, forse in dirittura d’arrivo dopo un’attesa iniziata nel 2001; è ancora da definizione dei perimetri dei Parchi nazionali da istituire fin dal 2007 in Sicilia: Egadi e litorale Trapanese, Eolie, Isola di Pantelleria e Iblei. Nell’approvazione di una legge che istituisca l’Area Marina Protetta della Costa di Maratea, il Parco nazionale del Matese e la trasformazione dei due parchi regionali del Delta del Po in un’unica area di valenza nazionale come prevede la legge 394/91.

«Inoltre – dice Nicoletti – resta preoccupante lo stato di salute di tante aree protette: lo Stelvio che sarà estromesso dal novero dei parchi nazionali per lasciare il posto a un patchwork di parchi provinciali con un livello di protezione molto inferiore; il Vesuvio minacciato da illegalità e discariche di rifiuti solidi urbani; il Circeo e l’Arcipelago Toscano alle prese con il cemento abusivo e la speculazione edilizia; le esercitazioni militari in Alta Murgia e nelle aree della rete natura 2000; gli appetiti dei cavatori sulle Alpi Apuane; lo svuotamento illegale dei laghi in Sila; la costruzione di megacentrali nel Pollino; lo sfruttamento petrolifero in Val d’Agri. Ma anche la presenza di popolazioni eccessive di cinghiali in molte aree protette appenniniche e il bracconaggio che colpisce specie protette come il lupo e l’orso; la cattiva gestione delle aree protette in tante regioni, in primis, Sicilia e Campania; l’inadeguata integrazione tra le strategie di conservazione della natura e quelle di tutela del paesaggio; i ritardi nella predisposizione dei Piani e dei regolamenti delle aree protette; i ritardi nell’attuazione della Direttiva habitat e le procedure d’infrazione per la Rete Natura 2000».