La Nuova Zelanda vuole eradicare i ricci

I ricci, in calo in Europa, prosperano in Nuova Zelanda a spese delle specie autoctone

[26 Maggio 2021]

Quando pensiamo ai ricci ci vengono in mente simpatici animaletti spinosi e “rotondi”, ma in Nuova Zelanda i  ricci europei  (Erinaceus europaeus), introdotti dai coloni britannici per sentirsi un po’ più a casa, si sono trasformati in macchine da guerra che stanno mangiandosi la fauna selvatica autoctona. Se da noi  questi insettivori notturni che frugano in giardini e cortili sono protetti e stanno diminuendo, in Nuova Zelanda hanno trovato un paradiso: in Europa i ricci vengono cacciati da martore, faine, volpi e tassi, in Nuova Zelanda hanno pochi predatori e vagano beatamente attraverso foreste e zone urbane sgranocchiando un numero sorprendente di creature autoctone.

Te Manahuna Aoraki, un’organizzazione multi-agenzie neozelandese che vede la partecipazione del governo neozelandese, di amministrazioni indigene maori  e ONG, ha avviato un  programma di controllo dei predatori che, in poco più di un anno, punta a eliminare i ricci all’interno di una zona di 2.300 ettari del Mackenzie Basin nello spazio di poco più di un anno.

L’iniziativa di eradicazione fa parte di un più vasto progetto per far diventare predator-free un’area di 300.000 ettari del Mackenzie Basin in una zona priva di predatori, ha recentemente avuto i risultati di uno studio sui movimenti dei predatori nelle aree ad alta quota del bacino.

Simone Smits, project manager di Te Manahuna Aoraki, ha spiegato che la ricerca, che ha scoperto che i ricci frequentano aree motane fino a 2.000 metri di quota  e che «Ha davvero fornito la base  per la fase successiva del progetto. Qui, abbiamo una reale opportunità di fare qualcosa di unico qui. Siamo nella fase di fattibilità del  progetto, ma utilizzando le informazioni che ora abbiamo sul movimento dei predatori, saremo in grado di sapere dove è meglio schierare le trappole e altri meccanismi». Il programma di eliminazione dei ricci inizierà ufficialmente a luglio di quest’anno con l’obiettivo di terminarlo entro luglio 2022.

Con l’eccezione di alcuni pipistrelli locali, la Nuova Zelanda non ha mammiferi terrestri autoctoni. La sua popolazione di uccelli si è adattata a questo stato di cose: alcuni, come il Kiwi, sono incapaci di volare o nidificano a terra. Quando vennero introdotti ermellini, gatti, opossum e ratti, provocarono il caos, sterminando insetti rari, uccidendo pulcini appena nati e mangiandosi le uova degli uccelli nidificanti a terra.

E i ricci sono risultati abbastanza sorprendentemente tra i principali colpevoli di questa perdita di biodiversità colpevoli. In un’intervista a The Guardian, uno degli autori del documento di ricerca, Nick Foster dell’università di Otago, sottolinea che «Viene sempre più alla luce quanti danni possono fare». Un singolo riccio mangia numerose lucertole autoctone, uova di uccelli e wētā, una specie di grande grillo incapace di volare vive solo in Nuova Zelanda. Lo tudio ha trovato 283 zampe wētā nello stomaco di un unico riccio e Foster fa notare che «Questo significa che in un periodo di 24 ore questo riccio ha ingoiato circa 60 animali. E’ un banchetto».

E’ così che i ricci europei sono diventati  uno dei predatori più comuni nel Mackenzie Basin, con centinaia di catture ogni anno realizzate dai programmi di cattura del Department of Conservation (DOC) governativo.

Foster ricorda che «I ricci sono una specie invasiva di grande successo nelle zone aride della Nuova Zelanda, per alcuni motivi: c’è abbondanza di risorse alimentari, i siti per fare le tane aridi sono abbondanti e non ci sono praticamente predatori che moderano le loro popolazioni. Sono una minaccia perché la nostra fauna nativa non si è evoluta per affrontare un predatore così vorace e,  poiché le condizioni nelle zone aride favoriscono i ricci, le popolazioni possono raggiungere densità elevate: cattive notizie se sei un insetto».

Secondo Foster  «L’obiettivo di rimuovere tutti i ricci dalla command area di 2,300 ettari è del tutto realistico. Stiamo intrappolando a una densità leggermente superiore  a quella dei progetti di maggior successo che sono stati condotti in altre parti del mondo dove i ricci sono una specie invasiva e stiamo apprendendo nuovi strumenti, come la termografia e i cani da rilevamento per rendere il lavoro ancora di più efficace. Il trucco sta nel trovare l’equilibrio e rendere il processo il più efficiente possibile. Alcune sfide logistiche includono la topografia dell’area. Nelle parti montuose dell’area del progetto, ci occupiamo spesso di pericoli come l’aumento del rischio di valanghe, la caduta di massi e il maltempo in montagna in generale. Ciò rende la configurazione e il servizio di cattura e monitoraggio delle reti una sfida. A parte i ricci, i gatti rinselvatichiti sono un predatore particolarmente difficile da rintracciare e intrappolare».

Per capire i movimenti dei ricci, Foster li cattura e li contrassegna con il GPS, un lavoro che lo porta a passare lunghe ore di notte nella boscaglia di notte, equipaggiato con strumentazione militare per imagining  termiche e dice: «Sto inseguendo questi animali da 600 grammi. Vado in giro di notte con questi oculari termici, a volte mi sembra eccessivo. I GPS hanno rivelato che i ricci che più lontano di quanto si potesse immaginare: uno è stato trovato a 2.000 metri di altezza su una montagna.

L’eradicazione dei ricci dagli habitat protetti è considerata fondamentale in Nuova Zelanda, visto che il paese sta conducendo un’ambiziosa campagna per eradicare i predatori invasivi entro il 2050, utilizzando catture, caccia ed esche avvelenate. Mentre la Nuova Zelanda è riuscita a eradicare i predatori su alcune isole, farlo sulla terraferma è molto più difficile e Te Manahuna Aoraki punta proprio a creare una sorta di “isola” predator-free nel Mackenzie Basin, sfruttando il fatto che è circondato da alte montagne circostanti e isolato da barriere naturali.

I ricercatori sono consapevoli che eradicare opossum, i ratti ed ermellini, con le zanne appuntite e aggressivi è una cosa che l’opinione pubblica ac cetta meglio dell’eradicazione dei ricci sono “carini”. Come ha detto Foster al Guardian, «C’è un po’ una barriera psicologica quando si tratta di eradicazione del riccio, un problema che alcuni ricercatori hanno soprannominato “l’effetto Beatrix Potter”».

I ricci hanno a lungo occupato un posto speciale nel cuore dei Pākehā, come vengono chiamati i neozelandesi discendenti da immigrati e coloni europei che li tenevano nei loro giardini. Ma diversi esemplari fuggirono da una colombaia a Christchurch negli anni ’90 dell’800 e nel 1916  la popolazione di ricci in natura in Nuova Zelanda era già «Straordinariamente abbondante». Oggi nessuno sa davvero quanti ricci ci siano in Nuova Zelanda, quel che è certo è che sono molti di più che in Gran Bretagna. Si stimano circa 2-4 ricci per ettaro, 8 dove la densità è maggiore. Philip Seddon, direttore del programma di gestione della fauna selvatica dell’università di Otago, riassume: «Pensate a un numero elevato e probabilmente è più grande di quello».

Foster rivela che «E’ stato proposto di rispedirli tutti nel Regno Unito. I ricci europei non stanno passandosela così bene in Europa. Sono ancora in buon numero, ma in calo, Ma non è un’idea fattibile in termini di biosicurezza, logistica o costi».

Gli scienziati sono dispiaciuti per la sorte che aspetta i simpatici ricci e Foster conclude: «Non odio i ricci. Sono creature interessanti, intelligenti, carismatiche … Nessuno vuole vedere un riccio soffrire. Non stiamo solo cercando di uccidere qualòcosa. Stiamo cercando di migliorare le cose per le specie che ci circondano. Abbiamo il dovere di prenderci cura delle cose che dovrebbero essere in questi luoghi.” L’eradicazione dei ricci da un’area è in realtà una proposta più etica del controllo costante della popolazione, che richiede di uccidere ogni generazione di nuovo. Lo fai una volta e lo fai bene, è il miglior risultato che possiamo sperare. Se rimuovi tutti i ricci da un’area, l’uccisione si ferma».