La pelliccia dell’ornitorinco è biofluorescente. Si illumina di verde-blu alla luce UV

L’ornitorinco entra nel ristretto club dei mammiferi biofluorescenti con gli scoiattoli volanti e gli opossum

[4 Novembre 2020]

La biofluorescenza – quando la luce viene assorbita e poi emessa a una diversa lunghezza d’onda – che è abbastanza diffusa tra  rettili, pesci e anfibi, è eccezionalmente rara nei mammiferi tra i quali, finora, era stata trovata solo in poche specie di scoiattoli volanti e  opossum. Lo studio “Biofluorescence in the platypus (Ornithorhynchus anatinus)”, pubblicato recentemente su Mammalia, riveka che di questo ristrettissimo club di mammiferi bioluminescenti fa parte anche l’ornitorinco, che aggiunge così un’ulteriore singolarità al suo aspetto fisico e ai suoi “superpoteri”.

L’ornitorinco (Ornithorhynchus anatinus), appartiene ai monotremi, un gruppo di mammiferi che depongono le uova ma che poi allattano i loro cuccioli. Come spiegano i ricercatori statunitensi del Northland College che hanno realizzato lo studio, «I monotremi sono un antico lignaggio di mammiferi con una lunga storia evolutiva indipendente, il che è parte del motivo per cui l’ornitorinco è così unico».

Infatti, secondo un altro studio, “Structural characterization of a novel monotreme-specific protein with antimicrobial activity from the milk of the platypus” pubblicato nel 2018 da un team di ricercatori australiani,  la biochimica dell’ornitorinco è così unica che il suo latte contiene una nuova proteina con proprietà antibatteriche che gli scienziati ritengono possa essere utilizzata per trattare le infezioni resistenti agli antibiotici.

Gli autori del nuovo studio avevano fatto parte del team che nel 2019 ha scoperto per caso, mentre cercava licheni, che, esposti alla luce ultravioletta,  gli scoiattoli volanti meridionali (Glaucomys volans) diventavano rosa.Gli unici mammiferi fluorescenti conosciuti fino ad allora erano i marsupiali Didelphidae , che comprendono due dozzine di specie di opossum americani. .

Sebbene questi tre animali provengano da diversi lignaggi di mammiferi – l’ornitorinco che depone le uova, gli opossum marsupiali e lo scoiattolo volante placentare – la loro attività si svolge soprattutto la notte, tra il tramonto e l’alba, e i ricercatori pensano che «Questi animali  – e forse altri – hanno sviluppato la biofluorescenza per adattarsi a condizioni di scarsa illuminazione ed essere visibili gli uni agli altri al buio».

La principale autrice dello studio, Paula Spaeth Anich, del Northland College, sottolinea che «E’ stato un mix di serendipità e curiosità che ci ha portato a far brillare una luce UV sugli ornitorinchi al Field Museum. Ma eravamo anche interessati a vedere quanto fosse radicato nell’albero dei mammiferi il tratto della pelliccia biofluorescente. Si pensa che i monotremi si siano ramificati dal lignaggio marsupiale-placentare più di 150 milioni di anni fa. Quindi, è stato interessante vedere che anche animali che erano parenti così lontani avevano una pelliccia biofluorescente».

Il team, che ha basato il suo studio sui ornitorinchi conservati nelle collezioni museali in particolare due esemplari di ornitorinco del Field Museum of Natural History di Chicago e dello State Museum dell’università del Nebraska – ora punta a collaborare sul territorio con gli scienziati in Australia per vedere se riescono a trovare ornitorinchi biofluorescenti che si illuminano di verde-blu in natua.

Gli ornitorinchi emettono la bioluminescenza con lunghezze d’onda comprese tra 200 e 400 nanometri, un ultravioletto solo un po’ troppo corto per essere visto dagli esseri umani, è allora che la pelliccia marrone di questo bizzarro è magnifico animale riflette una luce brillante blu-verde con una lunghezza d’onda compresa tra 500 e 600 nanometri.

Già nel 2019, all’epoca della scoperta degli scoiattoli biofluoroscenti rosa, la Anich aveva sottolineato che la lezione da trarre è che «Dal nostro punto di vista di primati diurni, stiamo trascurando molti aspetti della comunicazione e della percezione animale che avvengono al crepuscolo e di notte». E’ per questo che ha deciso di verificare se anche gli ornitorichi emettevano biofluorescenza.

Per quanto riguarda il modo in cui gli ornitorinchi utilizzano la loro biofluorescenza, i ricercatori concludono che «Probabilmente non è coinvolta nell’accoppiamento, perché sia ​​i maschi che le femmine si illuminano allo stesso modo. Quindi è possibile che la fluorescenza aiuti gli animali a vedersi e a interagire tra loro di notte, o che possa aiutare i piccoli mammiferi a nascondersi dai predatori. La ricerca sul campo sarà essenziale per documentare la biofluorescenza dell’ornitorinco e la sua funzione ecologica negli animali selvatici».