La Peste dei piccoli ruminanti minaccia sempre di più le popolazioni di animali selvatici

Passato dagli animali di allevamento a quelli selvatici, il virus mortale rischia di far saltare gli obiettivi di eradicazione della PPRV

[17 Marzo 2020]

Non c’è solo il Coronavirus, nel mondo si sta diffondendo anche la Peste dei piccoli ruminanti (PPRV), una malattia già nota per aver causato massicce morie di fauna selvatica in Asia, e lo studio “Eradication of Peste des Petits Ruminants Virus and the Wildlife-Livestock Interface”, pubblicato su Frontiers in Veterinary Science da un folto team internazionale di ricercatori guidato dalla Wildlife Conservation Society (WCS) e al quale hanno partecipato altre 20 organizzazioni e istituzioni scientifiche dice che il suo passaggio “al ci contrario”, dalle pecore e dalle capre alla fauna selvatica, «ha implicazioni globali per la biodiversità».

La diffusione della PPRV tra gli animali selvatici ha anche un impatto sulla FAO/OIE Global Strategy for the Control and Eradication of PPR, che punta a eradicare questa malattia a livello globale entro il 2030.

La Peste die piccoli ruminanti è stata scoperta in Costa d’Avorio nel 1942, in piena seconda guerra mondiale e quando il Paese dell’Africa Occidentale era ancora una colonia francese, e è ormai diventata un’importante minaccia per la salute dei greggi di pecore e per la sopravvivenza delle comunità umane che dipendono da loro per i loro mezzi di sussistenza. I sintomi che annunciano questa grave malattia sono solitamente problemi respiratori e digestivi frequentemente seguiti dalla morte. Fino a poco tempo fa la PPR è stata considerata una malattia dei piccoli ruminanti domestici, ma recentemente ci sono stati diversi focolai di questa malattia nella fauna selvatica, come l’epidemia di PPR che nel 2016 e 2017 ha sterminato interi branchi di antilopi saiga (Saiga tatarica) in mongolia e ha ridotto dell’80% la popolazione di questa specie in pericolo di estinzione.

Nel marzo 201, nella sede della Fao a Roma, si è tenuto il meeting internazionale “Controlling PPR at the livestock-wildlife interface” realizzato in collaborazione tra il FAO/OIE PPR Global Eradication Programme Secretariat e un grande gruppo di organizzazioni della società civile e istituzioni nazionali e internazionali. durante il quale si è discusso dei prigressi fatti nella comprensione dell’espansione del PPRV dal bestiame alla fauna selvatica e che ha identificato lacune di conoscenza e priorità di ricerca e ha formulato raccomandazioni.

In particolare, il gruppo di esperti ha sottolineato la necessità di prendere in considerazione in modo interdisciplinare sia l’eradicazione globale del PPRV sia gli obiettivi di protezione della fauna selvatica, sottolineano che «L’eradicazione del PPRV e la conservazione della fauna selvatica sono due requisiti per sistemi socio-ecologici sani e non devono essere considerati priorità concorrenti».

Tra i risultati del meeting di Roma c’è stata anche la creazione di un gruppo specializzato sulla fauna selvatica come parte del PPR Global Research and Expertise Network e questo nuovo gruppo continuerà a fornire raccomandazioni per integrare meglio le considerazioni sulla fauna selvatica nell’attuale programma di eradicazione globale della PPR.

La principale autrice del nuovo studio, Amada Fine, direttrice associata dell’Health Program – Asia della WCS, spiega che «Ci sono prove crescenti che le specie selvatiche dei nostri “re delle montagne” come lo stambecco siberiano e le pecore di montagna o i ruminanti selvatici delle grandi pianure asiatiche, come l’antilope Saiga e la gazzella di Goitered, possano essere infettati dal PPRV. Questo ha importanti conseguenze per il potenziale mantenimento della PPRV nelle comunità ospiti sensibili e per la minaccia che la PPRV può rappresentare per la conservazione delle popolazioni selvatiche e la resilienza degli ecosistemi».

Per affrontare gli impatti della Peste dei piccoli ruminanti sui mezzi di sussistenza rurali, sulla sicurezza alimentare e sulle economie nazionali, la Fao e la World Organisation for Animal Health (OIE) hanno approvato la strategia globale Control and Eradication of PPR (PPR GCES) e lanciato il PPR Global Eradication Programme (PPR GEP) per eradicare la PPRV entro il 2030. Ma negli ultimi anni sono state osservate due tendenze preoccupanti: un’espansione geografica della Peste dei piccoli ruminanti in nuovi Paesi e la sua espansione a nuove specie selvatiche. Inoltre, il programma globale di eradicazione della PPRV si è finora basato in gran parte sul presupposto che la fauna selvatica svolgesse un ruolo trascurabile nella circolazione e diffusione del virus perché le infezioni della fauna selvatica sembrano provenire soprattutto dal bestiame, con passaggi limitati nella direzione opposta,

Secondo Felix Njeumi e Jean-Jacques Soula, coordinatori della Fao e dell’OIE nel segretariato della PPR, «L’eradicazione globale della PPR entro il 2030 contribuirà al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDG), in particolare l’SDG1: No povertà in tutte le sue forme ovunque; SDG2 – Fame zero; SDG 3: Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età; SDG5: Parità di genere; SDG8: Crescita economica e lavoro dignitoso, SDG 12: Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili e SDG 17: Partnership globale per lo sviluppo sostenibile. Con l’impatto della PPR, ora documentato nelle popolazioni di animali selvatici, l’eradicazione della PPR entro il 2030 contribuirebbe anche all’SDG15: Vita sulla terra».

Paesi colpiti dalla PPR sia per quanto riguarda il bestiame che la fauna selvatica, come la Mongolia stanno lavorando per integrare la sorveglianza e il monitoraggio delle malattie della fauna selvatica nelle loro strategie nazionali per il controllo e l’eradicazione della PPR. Il capo veterinario dell’agenzia generale per i servizi veterinari della Mongolia, Tumendemberal Dorjnyam, ricorda che «La Mongolia ha sperimentato in prima persona l’impatto devastante che la PPR può avere sulle specie selvatiche con la perdita della nostra antilope Saiga. Non vogliamo vedere di nuovo quel tipo di impatto. Stiamo lavorando duramente e collaborando con il settore ambientale per identificare le risorse e le capacità necessarie per controllare la PPR nelle popolazioni di animali selvatici e di allevamento. L’eradicazione della PPR andrà a beneficio del nostro settore zootecnico, rafforzerà la resilienza dei nostri allevatori di bestiame e delle comunità rurali e salvaguarderà la nostra biodiversità a livello globale».

La Fine sottolinea che «Recenti rapporti e ricerche sull’interfaccia fauna selvatica-bestiame dimostrano chiaramente che gli ospiti della fauna selvatica non possono più essere ignorati nell’epidemiologia della PPRV. La prova della trasmissione tra fauna selvatica e bestiame può ritardare gli obiettivi di eradicazione della PPRV. La PPRV è anche una chiara minaccia per la conservazione di diverse specie selvatiche ecologicamente importanti e spesso minacciate».

Gli autori affermano che «Sorprendentemente, mancano dati scientifici per valutare formalmente questi impatti in tutti gli ecosistemi in cui convivono ospiti sensibili domestici e selvatici. Questo gap di conoscenza è correlato a un gap politico, dato che finora la fauna selvatica è stata in gran parte assente dal PPR GEP framework e dai piani strategici nazionali».

Secondo i ricercatori, per raggiungere gli obiettivi globali di eradicazione della PPRV, vanno affrontati entrambi i gap, proteggendo allo stesso tempo la biodiversità globale. Riconoscono che esiste un grosso problema di allocazione delle risorse, ma concludono che «Gli obiettivi di eradicazione della PPRV e di conservazione della fauna selvatica devono essere integrati e allineati. Questo richiederà non solo una migliore comprensione di questi sistemi, ma anche l’impegno, il dialogo e la collaborazione a lungo termine dei diversi stakeholders interessati a raggiungere questi obiettivi».