La storia della prima pianta con diritti propri riconosciuti dalla legge

La Quercia della Checche, il primo albero riconosciuto come “bene culturale” in Italia (FOTOGALLERY)

Dalla Val d’Orcia l’apertura della strada per il riconoscimento dei diritti della natura nel nostro Paese

[7 Luglio 2017]

La Quercia delle Checche è situata nel cuore della Toscana, nel Comune di Pienza (SI), all’interno della splendida cornice di quella Val d’Orcia che dal 2004 è stata inserita tra i patrimoni mondiali dell’Unesco come esempio di un territorio dove la straordinaria bellezza del paesaggio costituisce il frutto di un magnifico rapporto tra uomo e natura: dove, in altre parole, le attività umane hanno saputo svilupparsi in armonia con la natura.

In tale territorio si trova la Quercia delle Checche (dal toponimo “checca” con cui nel dialetto locale della Val d’Orcia vengono talvolta chiamate le gazze che trovano rifugio tra i rami della quercia), che è stata recentemente riconosciuta dal ministero dei Beni culturali come il primo esempio in Italia – e probabilmente uno dei primi a livello mondiale – di bene culturale ambientale. Si tratta infatti del primo caso nel nostro Paese in cui un bene ambientale, ossia nel caso di specie un albero, viene dichiarato meritevole di tutela ai sensi del Codice sui beni culturali (decreto legislativo 42/2004). Il provvedimento di tutela è contenuto in un decreto del segretariato regionale per la Toscana del ministero dei Beni e delle attività culturali, emesso ai sensi dell’articolo 10 del Codice. L’oggetto della tutela è un bene culturale che rientra nella categoria delle “cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante”, previste dall’articolo 10, comma 3, lettera a;  tale intervento del ministero si deve largamente al diretto coinvolgimento nella questione del sottosegretario ai Beni culturali con delega al Paesaggio Ilaria Borletti Buitoni, la quale nel maggio del 2016 si recò in Val d’Orcia per un sopralluogo che ha aperto la strada al provvedimento di tutela recentemente emanato dal ministero.

Finora lo strumento di tutela in questione previsto dal Codice dei beni culturali era stato utilizzato solo per i manufatti culturali realizzati dell’uomo, come ad esempio chiese, palazzi o castelli. In questo caso, invece, per la prima volta si riconosce il diritto a essere tutelato ad un bene ambientale, una sorta di “monumento verde”. Mediante tale riconoscimento, la quercia secolare – che si dice abbia circa 360 anni – dovrà essere tutelata nel rispetto della normativa di conservazione prevista dalla legge italiana per i beni culturali.

Ciò garantisce una serie di diritti all’albero in questione, che non potrà più essere disturbato, potato o tagliato senza un adeguato controllo da parte della Soprintendenza territorialmente competente. Allo stesso tempo, ciò impone una serie di obblighi di gestione e controllo in capo alla suddetta Soprintendenza ed agli enti territoriali interessati, in primis il Comune di Pienza, che nel frattempo ha finalmente acquisito l’area in cui insiste la quercia secolare, che fino a poco tempo fa era all’interno di un’area di proprietà privata.

L’iniziativa per il riconoscimento della quercia secolare come monumento verde si deve principalmente all’attività avviata qualche anno fa da un Comitato locale per la difesa della Quercia delle Checche; tale Comitato sorse come spontaneo movimento popolare dopo che, nell’estate del 2014, una grande porzione della pianta venne abbattuta a causa del parziale distaccamento di un suo enorme ramo dovuto molto probabilmente, oltre che a cause naturali, anche all’incuria e all’ignoranza umana. Coordinato da Nicoletta Innocenti, il Comitato ha svolto in questi ultimi anni una forte opera di mobilitazione per la difesa della pianta in questione che ha portato infine nei mesi scorsi all’intervento del ministero dei Beni culturali.

Adesso, dopo il riconoscimento dei diritti della Quercia delle Checche da parte del Governo, la nuova sfida all’orizzonte è quella di costituire un efficace sistema di tutela della pianta in questione, che veda possibilmente il coinvolgimento diretto del Comitato locale, che ne ha invocato e promosso l’iniziativa di tutela da parte del ministero ai sensi del Codice dei beni culturali.

Il riconoscimento di un autonomo diritto di tutela in capo ad un albero costituisce una novità assoluta nell’ordinamento giuridico italiano. Si potrebbe forse trattare del primo passo verso una vera e propria rivoluzione culturale che riconosce finalmente un valore giuridico autonomo ed indipendente ai diritti della natura.

Tale novità si inserisce, tra l’altro, nel solco di un movimento internazionale di studiosi ed attivisti che da tempo si sta battendo su questi temi. Tale ampio e variegato movimento si riconosce nel network internazionale sui diritti della natura (Global alliance for the rights of nature).

Finora i pochi esempi di riconoscimento ufficiale di diritti della natura avevano interessato solo pochi territori, tutti posti al di fuori dell’Europa, come l’Ecuador, la Bolivia, la Nuova Zelanda, e l’India. L’Ecuador è stato il primo Paese del mondo a riconoscere la tutela giuridica dei diritti della natura a livello costituzionale. In tal senso, una specifica sezione dedicata alla tutela dei diritti della Madre Terra (Pachamama) è stata inserita nella nuova Costituzione del 2008. In tale contesto, sono stati riconosciuti i diritti della natura di esistere, persistere, mantenere e rigenerare i propri cicli vitali. La Bolivia è stato invece il primo Paese ad adottare una normativa quadro sui diritti della natura, mediante due successive leggi del 2010 e del 2012. La stesso Paese nel 2008 aveva promosso presso le Nazioni Unite la Dichiarazione sui Diritti della Madre Terra, che per adesso però non è stata ancora approvata. Tuttavia, sempre grazie al decisivo impulso della Bolivia, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite negli ultimi anni ha adottato una serie di risoluzioni ed avviato un programma  dal titolo “Harmony with nature”, sul quale si è diffusamente soffermata Francesca Volpe all’interno di queste pagine.

Più recentemente, nel 2016, la Nuova Zelanda è stato il primo Paese a riconoscere la personalità giuridica ad un parco ed un fiume, rispettivamente il Te Urewera National Park ed il  Whanganui River. Ancora più recentemente, nel 2017, un Tribunale dell’India ha affermato che al fiume sacro Gange, ed al suo principale affluente, il fiume Yamuna, deve essere riconosciuta una piena personalità giuridica, citando come precedente proprio l’esempio del fiume Whanganui in Nuova Zelanda.

In Europa, come detto, il provvedimento di tutela delle Quercia delle Checche risulta al momento il primo caso di riconoscimento dei diritti di un albero, inteso come bene culturale di natura ambientale. Esso si pone tuttavia nel solco di un dibattito già ampiamente avviato in ambito europeo, grazie soprattutto al contributo fornito “dal basso” da associazioni e cittadini. A tale proposito, merita una particolare menzione una recente iniziativa promossa dall’associazione non-governativa Nature’s rights Europe, che ha organizzato il 29 marzo 2017 un seminario presso il Parlamento europeo a Bruxelles, per promuovere l’adozione di una direttiva europea per il riconoscimento dei diritti della natura. Riferimenti più dettagliati ai temi trattati nell’ambito di tale seminario – cui ha contribuito come relatore anche il sottoscritto – si possono trovare sul sito di Iucn.