Le Aree marine protette patrimonio Unesco svolgono un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico

Rappresentano solo il 10% delle aree marine protette ma sono siti blue carbon importantissimi

[26 Febbraio 2021]

L’Unesco ha pubblicato il rapporto “Custodians of the globe’s blue carbon assets”, la prima valutazione scientifica globale sul blue carbon degli ecosistemi dei suoi siti marini protetti come patrimonio mondiale, evidenziando «Il valore ambientale critico di questi habitat. Messi tutti insieme, a dicembre 2020, gli ecosistemi del patrimonio mondiale marino comprendevano un’area di 207 milioni di ettari, che rappresentano il 10% di tutte le Aree marine protette  a livello globale. Mentre questi siti rappresentano meno dell’1% degli oceani del mondo, ospitano almeno il 21% dell’area dell’ecosistema del blue carbon del mondo e il 15% delle risorse mondiali di blue carbon.

Il rapporto è stato redatto grazie ai  dati dei gestori dei siti del patrimonio mondiale Unesco, a quelli  pubblicati nella letteratura scientifica e al  Global Carbon Atlas del Global Carbon Project, ed è stato finanziato dalla King Abdullah University of Science and Technology, dell’Office français de la biodiversité e del Principato di Monaco. Il 2 marzo si svolgerà una conferenza stampa online per presentare i risultati del nuovo rapporto e i principali autori, Carlos Duarte della King Abdullah University of Science and Technology dell’Arabia Saudita e Fanny Douvere del Marine World Heritage Programme dell’Unesco  hanno già anticipato che annunceranno che «Nel 2018, le riserve di carbonio del patrimonio mondiale marino erano equivalenti a circa il 10% delle emissioni annuali di gas serra del mondo, mantenendo in sicurezza al di fuori dall’atmosfera miliardi di tonnellate di CO2 e altri gas serra».

Il rapporto, pubblicata in occasione dell’avvio all’inizio dell’United Nations Decade of Ocean Science for Sustainable Development, indica anche modi per preservare questi siti di valore inestimabile.

Ernesto Ottone R., vece-direttore generale cultura dell’Unesco, ha sottolineato: «Situati ai margini delle coste del mondo, gli ecosistemi blue carbon svolgono un importante ruolo ecologico nel ciclo dei nutrienti e del carbonio, come vivai e habitat per un’ampia gamma di specie marine e terrestri, nella protezione del litorale e nel sostenere i mezzi di sussistenza e il benessere delle comunità locali».

Nell’ultimo decennio, gli scienziati hanno scoperto che le praterie di piante e alghe sottomarine, le paludi di marea e le mangrovie, noti come ecosistemi blue carbon, «Sono tra i “pozzi di assorbimento del carbonio” più intensivi, ovvero un ambiente naturale in grado di assorbire l’anidride carbonica nella biosfera. Aiutano a mitigare i cambiamenti climatici sequestrando e immagazzinando quantità significative di carbonio dall’atmosfera e dall’oceano».

I siti patrimonio mondiale dell’Unesco sono luoghi di eccezionale valore universale, riconosciuti dalla comunità internazionale come bisognosi di essere salvaguardati integralmente per le generazioni future. Il rapporto dimostra che «I siti del patrimonio mondiale marino dell’Unesco fungono da custodi dei più grandi ecosistemi di blue carbon  del mondo, rendendoli più preziosi che mai». Questi siti marini protetti comprendono le mangrovie delle Sundarbans in India e Bangladesh, parte della più grande foresta di mangrovie del mondo; l’Everglades National Park negli Usa e Shark Bay in Australia; il Great Barrier Reef con con il suo ecosistema di praterie marine più grandi del mondo; Il Mare di Wadden, tra Danimarca, Germania e Paesi Bassi, che comprende alcune delle più grandi piane di  maree del mondo. I siti Marine World Heritage ospitano anche uno degli organismi viventi più antichi e più grandi del pianeta, le praterie di posidonia oceanica di  Ibiza, in Spagna, oppure il Golfe de Porto : calanche de Piana, golfe de Girolata, réserve de Scandola in Corsica. L’Unesco evidenzia che «Questa collezione unica di ecosistemi marini deve affrontare una vasta gamma di sfide, dall’inquinamento, compresi i rifiuti di plastica, ai cambiamenti climatici. Quantificando il valore di carbonio di questi siti e raccomandando specifiche strategie blue carbon per conservarli, i risultati della ricerca dell’Unesco indicano la strada da seguire a Paesi, regioni e comunità locali che cercano di conservare queste aree e per perseguire strategie di blue carbon».

Duarte aggiunge: «Dato che immagazzinano così tanto carbonio, quando vengono degradati o distrutti gli ecosistemi blue carbon diventano fonti di emissioni di CO2. La protezione e il ripristino di questi ecosistemi presentano un’opportunità unica per mitigare i cambiamenti climatici. Conservando gli ecosistemi blue carbon i grandi stock di carbonio che hanno accumulato nel corso dei millenni possono essere protetti. Man mano che vengono ripristinati, possono riacquistare la loro funzione di pozzi di assorbimento del carbonio».

L’Unesco conclude: «I finanziamenti per la conservazione degli ecosistemi blue carbon nei siti marini patrimonio dell’umanità potrebbero essere potenziati attraverso strategie di blue carbon, in base alle quali i Paesi guadagneranno crediti di carbonio per dimostrare i benefici del carbonio derivanti dal ripristino e dalla conservazione degli ecosistemi danneggiati. Le strategie in materia di blue carbon possono ripristinare servizi ecosistemici vitali e aiutare in modo cruciale le nazioni a rispettare gli impegni assunti nell’ambito dell’Accordo di Parigi sul clima. Ad oggi, tuttavia, un numero limitato di Paesi ha incorporato strategie in materia di blue carbon nelle proprie politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici».