Le foreste più efficienti sono quelle che crescono al caldo

Studio a guida italiana: potrebbero esserci possibili sovrastime delle perdite di carbonio forestale con il riscaldamento globale

[5 Novembre 2020]

Le foreste rappresentano la più grande riserva di carbonio delle terre emerse e, a livello globale, assorbono circa un terzo delle emissioni di CO2 di origine antropica. E’ quindi importante capire come rispondono al clima e ai cambiamenti in atto ed è quel che ha fatto lo studio “Forest production efficiency increases with growth temperature”, pubblicato su Nature Comminications da un team internazionale di ricercatori di 13 istituti scientifici guidato da Alessio Collalti del dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isafom),  che ha documentato come le foreste che crescono in climi più caldi siano più efficienti nell’assorbire carbonio e produrre biomassa.

Lo studio ha preso in considerazione dati da più di 100 foreste di tutto il mondo, documentando come  «L’Efficienza di produzione forestale (FPE) sia più alta nelle foreste che vivono in climi più caldi».

Collalti spiega che «L’Efficienza di produzione forestale è una variabile che abbiamo introdotto recentemente per identificare la frazione di carbonio assimilato tramite la fotosintesi che viene destinata alla produzione di biomassa legnosa o, più in generale, di materia organica degli alberi (la produzione primaria netta). L’FPE aumenta con la temperatura media di crescita delle foreste esaminate e con la precipitazione, mentre diminuisce con l’età delle foreste. I risultati del nostro studio, per la prima volta, non confermano quindi la costanza di FPE riportata da studi precedenti, che avevano preso in analisi molti meno dati, ma piuttosto mostrano il contrario, indicando che in natura il ruolo della temperatura è opposto a quello che ci si aspetterebbe sulla base della risposta di breve termine della respirazione. Questo probabilmente per l’acclimatazione alla temperatura di processi come la respirazione e la allocazione del carbonio».

Lo studio ha anche utilizzato i risultati di numerosi modelli del progetto TRENDY v.7 che hanno tutti simulato come FPE diminuisca con la temperatura e Collalti sottolinea che «Le evidenze sperimentali non sono quindi in accordo con la diminuzione di efficienza che viene predetta dai modelli, che sono utilizzati per simulare la risposta delle foreste ai cambiamenti climatici. Questo potrebbe determinare possibili sovrastime delle perdite di carbonio forestale con il riscaldamento globale».

Al CNR evidenziano che «Il lavoro, ad accesso aperto anche per il set di dati utilizzato, è un ottimo esempio di uso di dati sperimentali e climatici e di modelli di simulazione, per approfondire, sulla base di evidenze, la risposta degli ecosistemi forestali ai cambiamenti climatici». E un altro autore italiano dello studio, Giorgio Matteucci, direttore dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe), conclude: «E’ importante la condivisione di dati e l’approccio multidisciplinare alla loro analisi, anche per poter dare indicazioni finalizzate all’adattamento delle foreste al clima futuro».