Lepre italica, buone notizie (ma anche tante sfide) dal Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise

I risultati delle prime indagini svolte nel Parco su una specie minacciata e quasi sconosciuta

[17 Gennaio 2020]

Dal 2015 il Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) collabora, insieme ad altri Parchi Nazionali, a un importante progetto che punta ad aumentare le conoscenze sulla presenza e distribuzione della lepre italica (Lepus corsicanus), una specie classificata come “minacciata” dall’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (Iucn) e sulla cui conservazione insistono diverse problematiche.

Al termine del primo periodo di lavoro il PNALM presenta i risultati delle prime indagini che sono state condotte nel Parco, un’occasione per parlare in modo più approfondito di questa specie ed evidenzia che «La lepre italica è una specie endemica dell’Italia centro-meridionale: sul versante tirrenico la troviamo fino al Monte Amiata e sul versante adriatico fino a un’area a ridosso proprio del nostro Parco; mentre è assente a nord di questa linea immaginaria. Fino a non molto tempo fa (1999), si riteneva fosse una sottospecie della più comune lepre europea e per questo poco investigata».

Ma perché ora è considerata minacciata e vulnerabile? «L’areale di distribuzione di questa specie nell’Italia peninsulare – spiegano gli esperti del Parco – appare estremamente frammentato in tante piccole isole perché le cospicue modificazioni ambientali verificatesi a partire dagli anni cinquanta, dovute soprattutto allo sviluppo dell’agricoltura intensiva che è andata a modificare quegli ambienti agricoli più favorevoli per la specie, hanno contribuito in maniera significativa a questa frammentazione e al declino apparente di questa specie, non ancora completamente conosciuta. Oltre ai problemi di tipo ambientale, la lepre italica ha una competitrice nella Lepre europea (Lepus europaeus). In ampie zone dell’Italia centrale la lepre europea negli anni è stata oggetto di massicce e costanti immissioni a scopo venatorio, anche in aree in cui non era presente (Italia centro-meridionale), utilizzando per lo più individui provenienti da popolazioni non originarie della nostra penisola (alloctone). Essendo le due specie affini in termini di requisiti ecologici, anche se la lepre europea è più prolifica e numerosa a causa dei molti anni di immissioni, la lepre italica ha perso spazio. Questa pratica, oltre a danneggiare la lepre italica, ha danneggiato la varietà italiana della lepre europea stessa (L. europaeus meridiei), oggi probabilmente più rarefatta. Tuttavia, per chiarire le relazioni ecologiche tra le 2 specie sono sicuramente necessarie ulteriori indagini».

Ma il problema più immediato per la lepre italica è legato alla caccia, permessa sulla lepre europea, ma vietata sulla lepre italica. Il problema è che le 2 specie sono molto difficili da distinguere sul campo, rendendo la lepre italica un frequente bersaglio involontario dei cacciatori. Come se non bastasse, spiega ancora il Parco , «La lepre europea è portatrice di una malattia virale molto grave (Sindrome Emorragia della Lepre Bruna Europea), trasmissibile alla lepre italica, che nella lepre europea è causa di un elevatissimo livello di mortalità (anche fino all’80% degli animali malati), poco sostenibile in popolazioni più vulnerabili, isolate e a bassa densità come quelle di lepre italica».

Per salvaguardare la lepre italica, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientali (Ispra) e il ministero dell’ambiente hanno elaborato uno specifico Piano d’azione che inserisce tra le priorità l’aggiornamento delle conoscenze sulla distribuzione della specie per mettere in atto azioni dirette di conservazione e gestione della specie stessa.

I principali obietti dell’indagine svolta nel PNALM dal 2015 sono: Accertare la reale distribuzione della Lepre italica all’interno del territorio del PNALM; Individuare le aree in cui Lepre italica e Lepre europea si sovrappongono; Realizzare un modello di idoneità specifico per le due specie, sulla base dei dati raccolti; Fornire indicazioni per la gestione dell’habitat idoneo.

Il Parco Nazionale spiega che «A partire dal 2015 la presenza della lepre italica nel PNALM è stata indagata su 7 aree campione (riportate nell’immagine) con l’uso di fototrappole e/o indagini genetiche su feci fresche raccolte su neve. Le analisi genetiche vengono svolte dal Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, partner con una lunga esperienza di ricerca sulla lepre. Il metodo migliore tra i 2 sperimentati è risultato essere quello genetico che, seppur più costoso, garantisce una maggiore resa, in termini di numero di dati acquisiti, e risultati più affidabili. Le indagini genetiche permettono infatti di classificare la specie con certezza, aspetto questo piuttosto critico nel caso di specie molto simili come la lepre italica e quella europea. Per questo motivo l’Ente Parco nel 2020 intende proseguire le indagini avvalendosi per lo più di questa tecnica».

Da queste indagini sono emerse buone notizie e qualche problema: «La lepre italica risulta presente in 5 delle 7 aree indagate, ma nel corso del 2020 le indagini verranno ripetute nelle 2 aree in cui non è stata rilevata la presenza per essere certi dei risultati. La lepre europea è presente, invece, in tutte le aree indagate. Pur non avendo dati di abbondanza numerica, ma solo di presenza/assenza, possiamo comunque dire con certezza che nel PNALM le due specie si sovrappongono ampiamente».

Inoltre, è venuto fuori un altro dato interessante: «La presenza della varietà autoctona di lepre europea (L. europaeus meridiei), cioè quella originariamente presente nella penisola prima delle immissioni di individui dall’estero».

Dei 42 campioni genetici analizzati nel 2019, 22 risultano di lepre italica e 20 di lepre europea. Tra questi ultimi, 3 risultano appartenenti alla varietà arcaica meridiei, mentre i restanti campioni sono tutti riconducibili ad aplotipi provenienti da Germania, Ungheria, Austria, Serbia, Romania e Italia.

Il PNALM conclude annunciando che «Le indagini future interesseranno anche nuove aree più marginali o comprese nella Zona di Protezione Esterna dove è permessa la caccia alla lepre europea per portare avanti una corretta e coerente politica di conservazione della lepre italica. A conclusione del progetto verrà elaborata, inoltre, una carta di distribuzione e saranno valutati eventuali interventi di miglioramento ambientale utili per favorire la presenza di questa importante specie che fa parte della biodiversità italiana».