Lino Banfi, Di Maio, l’Unesco e l’Italia: un suicidio politico-goliardico

Il nostro Paese rischia di perdere un ruolo guida all’interno dell’Agenzia culturale dell’Onu

[23 Gennaio 2019]

Il ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio ha comunicato di aver indicato «Lino Banfi come componente nell’Assemblea della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco (Cniu), in sostituzione di Folco Quilici, mancato il 24 febbraio 2018» e precisa che «Il ruolo di Lino Banfi non sarà dunque quello di Rappresentante dell’Unesco, ma di membro della Commissione nominato dallo stesso Ministero dello Sviluppo Economico. E’ stato invece confermato come membro del Consiglio direttivo e membro dell’Assemblea il Prof. Francesco Buranelli».

La nomina di Lino Banfi nella commissione Italiana all’Unesco ha suscitato ilarità sui social network, perplessità (perfino quella del vicepremier Salvini) e preoccupazioni come quelle espresse dall’Osservatorio internazionale archeomafie  che ricorda che «L’Italia è il paese con il maggior numero di siti Unesco, con 54 siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità e 7 iscrizioni nel Patrimonio Culturale Immateriale», anche per questo, il ministero dello sviluppo economico precisa in un comunicato che «La Commissione, istituita nel 1950 presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha lo scopo di favorire la promozione, il collegamento, l’informazione, la consultazione e l’esecuzione dei programmi Unesco in Italia. Si compone di un Consiglio direttivo che ha carattere operativo e un’assemblea dei rappresentanti indicati dalle varie amministrazioni.  Ovvero da: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero degli Esteri, Ministero dell’Economia e Finanze, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Ministero dello Sviluppo economico, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, associazione Rappresentativa ONG Italiane».

Ma la nomina di Lino Banfi, a metà strada fra la goliardia e la provocazione, rischia di essere un brutto colpo anche per la credibilità e il forte peso che l’Italia ha storicamente avuto nell’Agenzia culturale dell’Onu. Come ricorda  l’Osservatorio internazionale archeomafie, «Il nostro Paese è anche il secondo contributore complessivo dell’Unesco, dopo il Giappone. Dal 1999 è uno dei membri del Consiglio Esecutivo dell’Organizzazione, l’organo di governo dell’Unesco eletto ogni quattro anni dalla Conferenza Generale. L’ultima elezione è avvenuta nel 2015. Il mandato terminerà nel 2019. Nel 2016 ci è stata affidata anche la Presidenza del gruppo “Unite4Heritage”, per la protezione del patrimonio culturale nelle aree di crisi e di guerra. L’Italia, infine, è stata recentemente per la prima volta designata dai 195 Stati membri dell’Unesco alla Presidenza della Commissione Cultura della Conferenza Generale Unesco per il periodo 2017-2019. Questi traguardi sono stati sinora ottenuti grazie alla competenza diplomatica e culturale della nostra delegazione».

Quello italiano  è un ruolo politico di primo piano che è aumentato con l’Uscita dall’Unesco degli Usa di Donald Trump, in appoggio alle proteste israeliane per l’ingresso nell’Agenzia Onu dello Stato di Palestina, e la “provocazione” Banfi – che probabilmente è solo una trovata populista (il sorriso contro i plurilaureati) – non appena gli altri membri dell’Unesco si accorgeranno della nomina di un anziano attore di film scollacciati in dialetto e di reality, questa rischierà di essere vista dalla comunità internazionale come il tentativo di sminuire dall’interno il ruolo dell’Unesco e delle sue Commissioni nazionali, per accodarsi alle politiche israeliano-statunitensi. Sospetto più che corroborato dalla recente visita in Israele di Salvini e dalla dichiarata ammirazione del nostro premier conte per Donald Trump. Se l’Italia non correrà subito ai ripari, la “provocazione” Banfi potrebbe trasformarsi in una specie di suicidio politico per il Paese che dall’Unesco ha avuto i maggiori riconoscimenti.

Come sottolinea il presidente dell’Osservatorio internazionale archeomafie, Tsao Cevoli, «Considerate le scadenze e gli impegni che lo attendono, affidare il ruolo di rappresentare l’Italia all’Unesco ad una persona senza competenze culturali e diplomatiche,  quasi come una sorta di riconoscimento per meriti cinematografici, come dichiarato dal vicepresidente del Consiglio dei Ministri, on. Di Maio, rischia di far perdere all’Italia la fiducia degli altri stati membri e la posizione di leadership faticosamente conquistata negli ultimi decenni».