Non è vero che durante i lockdown gli animali hanno invaso le città: sono solo diventati più visibili

I cambiamenti indotti dal confinamento da Covid-19 sono stati troppo drastici e improvvisi e non abbastanza lunghi da consentire processi di colonizzazione

[15 Marzo 2021]

Dopo un anno di lockdown in tutto il mondo, i risultati del progetto ornitho.cat, che ha l’obiettivo di studiare gli effetti dei lockdown sull’avifauna, riassunti nello studio  “Rapid behavioural response of urban birds to Covid-19 lockdown”, pubblicato su Proceedings of the Royal Society B da  Oscar Gordo, Sergi Herrando e  Gabriel Gargallo dell’ICO-Institut Català d’Ornitologia e Lluís Brotons del Consejo Superior de Investigaciones Científicas, dimostrano che «Almeno durante il primo mese di confinamentoo, non c’erano più uccelli, ma che ne abbiamo sentiti e visti di più perché hanno cambiato rapidamente il loro comportamento e sono diventati più attivi nelle prime ore della giornata».

Dal progetto – frutto di una collaborazione tra l’ICO e il Centre de Recerca Ecològica i Aplicacions Forestals (CREAF) –  emerge che «I cambiamenti indotti dal confinamento erano troppo drastici e improvvisi e non sono durati abbastanza a lungo da consentire il verificarsi dei processi di colonizzazione.

In condizioni naturali, fuori dalle città, gli uccelli cantano e sono molto attivi all’alba, alcuni anche prima gordo fa notare che «Negli ambienti urbani, tuttavia, questo periodo coincide con l’ora di punta mattutina, quando le strade sono affollate e più rumorose. Queste condizioni compromettono la comunicazione e l’alimentazione degli uccelli a causa dello stress causato dal nostro costante disturbo.  Durante il lockdown, questi inconvenienti sono scomparsi e gli uccelli hanno cambiato rapidamente il loro comportamento per mostrare un ritmo di vita più natural».

Herrando, che lavora anche oer il CREAF, aggiunge: «Ancora una volta, gli uccelli urbani dimostrano la loro estrema plasticità modificando il loro comportamento in risposta alle nuove possibilità offerte dal confinamentio umano».

I risultati sono stati ottenuti grazie al contributo di  più di 400 ornitologi volontari che hanno raccolto più di 126.000 record di uccelli in questo progetto di citizen science coordinato dall’ICO. Per lo studio, gli autori hanno selezionato le 16 specie di uccelli più comuni negli ambienti urbani che trascorrono tutto l’anno in Catalogna: cardellino Carduelis carduelis; Verdone Chloris chloris;  piccione selvatico Columba livia; colombaccio Columba palumbus;  cinciarella Cyanistes caeruleus; gabbiano dalle zampe gialle Larus michahellis;  ballerina bianca  Motacilla alba;  parrocchetto monaco Myiopsitta monachus; cinciallegra Parus major; passero domesico Passer domesticus; codirosso spazzacamino  Phoenicurus ochruros; gazza Pica pica; verzellino Serinus serinus;  tortora dal collare Streptopelia decaocto; storno  Sturnus spp.; merlo Turdus merula.  Poi hanno confrontato i dati raccolti durante il lockdown con i dati storici di ornitho.cat per le stesse popolazioni negli anni precedenti (dal 2015 al 2019) e sono arrivati alla conclusione che «Ad eccezione degli storni, tutte le specie studiate sono diventate più attive al mattino presto, dimostrando che la risposta degli uccelli era diffusa».

Gargallo, direttore dell’ICO. Evidenzia che «Tra gli uccelli intelligenti e versatili, come il gabbiano zampe gialle o la gazza, la drastica riduzione del traffico e la presenza umana in strada li ha incoraggiati a utilizzare le prime ore del mattino per cercare cibo e persino per spostarsi più all’interno del centtro di paesi e città».

Secondo Brotons, «La scienza conferma che il rumore, sia direttamente che indirettamente, è stato associato a una diminuzione della densità delle popolazioni di uccelli, nonché a una diminuzione della ricchezza di specie di uccelli»,

Come dimostrato anche da altri studi precedent. l’inquinamento acustico rende più difficile la comunicazione degli uccelli, aumenta i livelli di stress e sembra persino accelerare l’invecchiamento. »Questi effetti negativi  – fanno notare all’ICO – sono accentuati dal gran numero di auto e persone sulle strade, soprattutto nelle ore di punta. Di conseguenza, molte specie non sono in grado di prosperare nelle aree urbane, mentre quelle in grado di farlo sono soggette a condizioni sfavorevoli, spesso con conseguenze negative per la loro biologia. I risultati di questo studio suggeriscono che gli uccelli urbani hanno una grande plasticità comportamentale. Hanno approfittato rapidamente dei miglioramenti ambientali avvenuti nei nostri ambienti urbani a seguito del nostro confinamento».

I ricercatori catalane concludono: «Spetta a noi rendere le città più amiche degli uccelli, oltre la crisi del Covid-19. I problemi riscontrati dagli uccelli nella loro comunicazione e salute sono simili a quelli vissuti da noi stessi. Pertanto, se rendiamo le nostre città più ospitali per gli uccelli e la natura, ne trarremo sicuramente beneficio anche noi. Ascoltare e guardare gli uccelli è stata sicuramente una delle migliori soluzioni per sopportare il lockdown di appena un anno fa con maggiore incoraggiamento».