Ogni anno 20mila balene muoiono per collisioni con grandi navi, al via una campagna per difenderle

Le linee di crociera, gli operatori marittimi e le flotte di pesca che aderiranno al progetto saranno riconoscibili dal logo WHALE-SAFE di Friend of the Sea

[19 Maggio 2021]

Fino a poco tempo fa la più grande minaccia per la sopravvivenza delle balene era considerata la caccia commerciale. Tuttavia, negli ultimi 50 anni il traffico marittimo è aumentato costantemente, tanto che ormai sono oltre 50.000 le navi tra petroliere, cargo e crociere che ogni giorno solcano i mari di tutto il mondo.

Il rischio di collisioni tra imbarcazioni e mammiferi marini sta crescendo in modo esponenziale, tanto da rappresentare una seria minaccia per la salute delle popolazioni di balene. Molti animali vengono feriti per l’impatto, ma quando lo scontro avviene con una grande nave spesso l’infortunio porta alla morte dell’individuo.

Non è facile stimare il numero di animali colpiti, infatti in molti casi gli equipaggi non si rendono nemmeno conto che si è verificata una collisione.

La maggior parte dei cetacei morti si deposita sul fondo del mare, e solo il 10% viene portato a riva. Gli esperti stimano che le collisioni fatali con le grandi navi (in inglese: whales ship strikes) ogni anno causino la morte di circa 20.000 balene.

È un massacro silenzioso che minaccia di portare all’estinzione le specie più a rischio. Le collisioni mortali, in aree molto frequentate come il Mar Mediterraneo e lo Sri Lanka, sono quasi raddoppiate negli ultimi 40 anni, e la popolazione di balene si è ridotta di oltre il 50%.

Le collisioni pongono anche un problema di sicurezza: infatti, lo scontro con una balena a una velocità di 30 o 40 nodi può provocare danni gravi alle imbarcazioni e mettere a rischio la sicurezza dei passeggeri.

Friend of the Sea, un programma per la promozione di prodotti e servizi che rispettano l’ambiente marino, ha deciso di lanciare una grande campagna di sensibilizzazione e di premiare quegli operatori del trasporto marittimo che si impegnano ad implementare delle misure per prevenire le collisioni.

Le compagnie di navigazione devono impegnarsi a firmare una politica “WHALE SAFE” che consiste nel:

– disporre a bordo di un programma di osservazione dei mammiferi marini, coprendo costantemente l’area antistante l’imbarcazione per un minimo di 120°;

– condividere tali osservazioni in tempo reale attraverso una piattaforma online, rendendo quindi disponibili queste informazioni a tutte le navi circostanti;

– disporre di una procedura d’emergenza per reagire ed evitare la collisione nel caso si avvistasse una balena sulla rotta di navigazione.

La prova del rispetto di tale politica può essere ottenuta per mezzo di sistemi implementati/selezionati da Friend of the Sea, come telecamere a infrarossi, software di allarme e piattaforma di reportistica online.

Le linee di crociera, gli operatori marittimi e le flotte di pesca che aderiranno al progetto saranno riconoscibili dal logo WHALE-SAFE di Friend of the Sea. In questo modo ognuno di noi potrà contribuire alla protezione delle balene scegliendo gli operatori certificati WHALE-SAFE (informazioni sul sito https://friendofthesea.org/it/progetti-conservazione-flora-fauna-marine/salviamo-le-balene/).

La presenza di grandi navi che viaggiano ad alta velocità limita anche la libertà di movimento delle balene che sono costrette a sprecare molta più energia per raggiungere le aree degli oceani dove si alimentano o si riproducono.

A questo proposito, ci si potrebbe chiedere come mai le balene semplicemente non si spostino all’arrivo di un’imbarcazione. Nel corso di millenni di evoluzione le balene hanno vissuto in acque prive di navi e il loro comportamento non è mai stato programmato per evitare lo scontro; e così non percepiscono la presenza delle navi come un pericolo.

D’altra parte, le stesse imbarcazioni spesso non riescono a modificare la propria rotta in un breve intervallo di tempo: anche quando l’animale viene avvistato, le navi di grandi dimensioni o ad elevata velocità hanno limitate capacità di manovra.

In alcune zone particolarmente sensibili la soluzione migliore potrebbe essere quella di modificare i percorsi delle rotte e proporre una limitazione della velocità. È accaduto ad esempio nel canale di Panama, dove le autorità hanno ristretto l’area di entrata e uscita per le grandi navi riducendo di oltre il 90% il numero di impatti.

di Anna Matassoni* per greenreport.it

Anna Matassoni è laureata in Scienze Naturali, da diversi anni si occupa di applicazioni informatiche per la divulgazione scientifica e la didattica. Ha realizzato cd-rom naturalistici interattivi per parchi, musei e scuole. Presso Edizioni Erickson di Trento ha coordinato il reparto multimediale. È autrice dell’e-book “Pianeta Acqua: Scoprire e capire l’acqua sulla Terra”. Ha lavorato presso aziende web nel settore turistico. È International Media Outreach Advisor presso World Sustainability Organization (WSO).

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