Perché sulla Terra c’è così tanta biodiversità? La risposta è sulle montagne

La geologia, la biodiversità e l’eredità scientifica di Alexander von Humboldt

[16 Ottobre 2019]

La vita sulla Terra è incredibilmente diversificata e mostra sorprendenti modelli geografici globali nella biodiversità. Due Studi – “Humboldt’s enigma: What causes global patterns of mountain biodiversity? “ e Building mountain biodiversity: Geological and evolutionary processes”. pubblicati sul numero speciale di Science dedicato alla “Mountain Life” da due team di ricerca internazionali guidati dal danese Carsten Rahbek, rivelano che le regioni montane, in particolare quelle tropicali, sono luoghi di una straordinaria e sconcertante biodiversità. I ricercatori sottolineano che «Sebbene le regioni montane coprano solo il 25% della superficie terrestre, ospitano oltre l’85% delle specie di anfibi, uccelli e mammiferi del mondo e molte di queste si trovano solo nelle montagne».

Cosa sia a determinare i modelli globali di biodiversità è stato un enigma per gli scienziati sin dai tempi di von Humboldt, Darwin e Wallace. Eppure, nonostante due secoli di ricerche, questa domanda è rimasta senza risposta. I due studi documentano il modello globale della biodiversità montana, concentrandosi sul fatto che «L’alto livello di biodiversità riscontrato sulle montagne va molto oltre quanto ci si aspetterebbe dalle ipotesi prevalenti.

Rahbek spiega: «Sebbene sia evidente che gran parte della variazione globale della biodiversità è così chiaramente guidata dalla straordinaria ricchezza delle regioni montuose tropicali, la sfida è che è proprio questa ricchezza che gli attuali modelli di biodiversità, basati sul clima contemporaneo, non possono spiegare: le montagne sono semplicemente troppo ricche di specie e non riusciamo a spiegare gli hotspot globali della biodiversità».

Per cercare di svelare il mistero del perché le montagne siano così biologicamente diverse, gli scienziati del Center for Macroecology, Evolution and Climate (CMEC) del GLOBE Institute dell’Università di Copenaghen lavorano alla sintesi dela comprensione e dei dati provenienti da diversi campi della macroecologia, della biologia evolutiva, delle scienze della terra e geologia. Con gli scienziati del CMEC collaborano ricercatori dell’Università di Oxford, dei Kew Gardens e dell’università del Connecticut.

I nuovi studi pubblicati su Science rivelano che «Parte della risposta sta nella comprensione che il clima delle aspre regioni montuose tropicali è fondamentalmente diverso, per complessità e diversità, rispetto alle adiacenti regioni di pianura. I climi di montagna, eterogenei in maniera unica, svolgono probabilmente un ruolo chiave nel generare e mantenere un’alta diversità».

Un altro autore dei due studi, Michael K. Borregaard del CMEC, evidenzia che «Le persone spesso pensano ai climi montani come desolati e aspri. Ma, per esempio, nella regione montuosa più ricca di specie del mondo, le Ande settentrionali, ci sono circa la metà dei tipi di clima del mondo in una regione relativamente piccola, molto più di quanto ce ne siano nella vicina Amazzonia, una regione che è più di 12 volte più grande. Le montagne tropicali, che si ergono su fertili e umide pianure equatoriali e che si estendono in condizioni climatiche superficialmente simili a quelle che si trovano nell’Artico, in solo alcuni km coprono un gradiente di temperature medie annue grande quanto quello trovato a oltre 10.000 km dalle pianure tropicali dell’Equatore alle regioni artiche ai poli. Se ci pensi, è davvero sorprendente».

Un’altra cosa che spiega l’elevata biodiversità di alcune montagne è legata alla dinamica geologica che ha prodotto le montagne stesse: questi processi geologici, interagendo nel tempo con cambiamenti climatici complessi, forniscono ampie opportunità all’azione dei processi evolutivi.

Rahbek conferma: «Il modello globale della biodiversità dimostra che la biodiversità montana mostra una firma visibile dei processi evolutivi del passato. Le montagne, con i loro ambienti e la loro geologia unicamente complessi, hanno permesso la continua persistenza di specie antiche profondamente radicate nell’albero della vita, oltre ad essere culle in cui sono sorte nuove specie a un tasso molto più elevato rispetto alle zone di pianura, anche in aree come incredibilmente biodiversità come la foresta pluviale amazzonica».

Secondo i ricercatori, un’altra spiegazione della ricchezza di biodiversità montana, potrebbe essere dovuta all’interazione tra geologia e biologia. Gli scienziati riportano un risultato nuovo e sorprendente: «Nella maggior parte delle montagne tropicali, l’elevata biodiversità è strettamente legata alla geologia rocciosa, in particolare alle regioni montuose con antica crosta oceanica emersa»

Per spiegare questa relazione tra geologia e biodiversità, gli scienziati propongono, come ipotesi di lavoro, che «Le montagne dei tropici con suolo originario della roccia oceanica forniscano condizioni ambientali eccezionali che portano a un cambiamento adattativo localizzato nelle piante. Adattamenti speciali che consentono alle piante di tollerare questi suoli insoliti, a loro volta, possono portare a cascate di speciazione (la speciazione di un gruppo che porta alla speciazione in altri gruppi), fino agli animali e, alla fine, contribuire a dar forma a modelli globali di biodiversità».

I due studi fanno parte della celebrazione da parte di Science del 250esimo anniversario della nascita di Alexander von Humboldt . Nel 1799, Alexander von Humboldt salpò per un viaggio scientifico di 5 anni e di 8.000 km attraverso l’America Latina. Il suo viaggio attraverso le Ande, sintetizzato nella sua famosa immagine sulla zonazione della vegetazione del Monte Chimborazo, fece delle montagne un luogo ineludibile per la comprensione della biodiversità terrestre.
Rendendo omaggio al contributo di von Humboldt alla comprensione moderna del mondo vivente, Rahbek, conclude: «I nostri articoli su Science sono una testimonianza del lavoro di von Humboldt, che ha veramente rivoluzionato il nostro modo di pensare ai processi che determinano la distribuzione della vita. Il nostro lavoro odierno è stato realizzato sulle spalle del suo lavoro, svolto secoli fa, e segue il suo approccio di integrazione di dati e conoscenze di diverse discipline scientifiche in una comprensione più olistica del mondo naturale. E’ il nostro piccolo contributo rispetto all’eredità di von Humboldt«».