Plastica nel 99% delle specie di uccelli marini entro il 2050. Negli anni ’60 erano il 5%

Migliorare la gestione dei rifiuti per ridurre la minaccia che la plastica pone alla fauna marina

[1 Settembre 2015]

Un team del Commonwealth Scientific and Industrial Research (Csiro) australiano e dell’ Imperial College London  ha pubblicato su Pnas il preoccupante studio “Threat of plastic pollution to seabirds is global” che valuta quanto sia diffusa la minaccia della plastica per gli uccelli marini di tutto il mondo, compresi albatros, berte e pinguini. Lo studio, condotto da Chris Wilcox, dell’Oceans and Atmosphere Business Unit del Csiro, Denise Hardesty ed  Erik van Sebille e ha rilevato che «Quasi il 60% di tutte le specie di uccelli marini hanno della plastica nel loro intestino».

Basandosi sull’analisi di studi pubblicati fin dai primi anni ‘60, i tre ricercatori hanno scoperto che la plastica è sempre più comune nelle stomaco di uccelli marini. Nel 1960, la plastica era stata trovata nello stomaco di meno del 5% dei singoli uccelli marini, antro il 2010 era salita all’80% e  i  ricercatori prevedono che, basandosi sulle tendenze attuali, entro il 2050 l’ingestione di plastica interesserà il 99% cento delle specie di uccelli marini di tutto il mondo. Gli scienziati stimano che  il 90% degli uccelli viventi abbiano mangiato un qualche tipo di plastica: sacchetti,  tappi di bottiglia, e fibre sintetiche di abiti sintetici… arrivati in mare da fiumi,  fognature e discariche di rifiuti. Insomma, la colpa ancora una volta non è della plastica in sé, ma dalla cattiva gestione della raccolta, del riciclo e del riuso di una risorsa.

Al Csiro spiegano che «Gli uccelli scambiano gli oggetti dai colori vivaci per cibo, o li ingoiano per caso, e questo provoca un impatto sull’intestino, la perdita di peso e talvolta anche la morte». Wilcox sottolinea che «Per la prima volta, abbiamo una previsione globale di quanto sia ampia la portata dell’impatto della plastica può essere su specie marine e i risultati sono impressionanti. Utilizzando le osservazioni storiche, prevediamo che il 90% dei singoli uccelli marini abbiano mangiato plastica. Si tratta di una quantità enorme e indica davvero l’ubiquità di inquinamento da plastica».

La Hardesty, anche lei del Csiro, sottolinea che «Gli uccelli marini sono eccellenti indicatori della salute dell’ecosistema. Abbiamo scoperto che una tale diffusione stimata della plastica negli uccelli è confermata da alcuni lavori sul campo che abbiamo svolto, dove ho trovato quasi 200 pezzi di plastica in un solo uccello marino».

I ricercatori hanno scoperto che le plastiche avranno il maggiore impatto sulla fauna selvatica dell’Oceano Antartico, in una fascia intorno alle coste meridionali dell’Australia, dl Sudafrica e del Sud America.

Van Sebille, del Grantham Institute dell’Imperial College London, evidenzia che «La plastica ha un impatto più devastante nelle zone in cui  c’è la più grande diversità di specie. Siamo molto preoccupati per specie come i pinguini e gli albatros giganti, che vivono in queste aree. Mentre i famigerati garbage patches in  mezzo degli oceani hanno una densità di plastica sorprendentemente alta, lì ci vivono pochissimi animali»

Hardesty è convinto che ci sia ancora la possibilità di modificare l’impatto di plastica sugli  uccelli marini: «Migliorando la gestione dei rifiuti si è in grado di ridurre la minaccia che la plastica pone alla fauna marina. Anche semplici iniziative possono fare la differenza. Gli sforzi per ridurre le perdite di materie plastiche nell’ambiente in Europa hanno portato a cambiamenti misurabili della plastica nello stomaco di uccelli marini in meno di un decennio, il che suggerisce che i miglioramenti nella gestione di base dei rifiuti è in grado di ridurre di plastica nell’ambiente in un tempo davvero breve».

Secondo George H. Leonard,  Chief Scientist di Ocean Conservancy  «Lo studio è molto importante e ha dimostra quanto le plastiche siano pervasive negli oceani. In tutto il mondo, centinaia di migliaia di volontari si trovano faccia a faccia con questo problema durante gli eventi annuali di pulizia delle coste. Gli scienziati, il settore privato e cittadini del mondo, lavorando  insieme contro il crescente assalto di inquinamento da  plastica sono in grado di ridurre gli inputs della plastica per aiutare a proteggere la biodiversità marina».