Quale Area marina protetta per l’Arcipelago Toscano

Legambiente: sì a un percorso partecipativo con tempi certi. Basta ritardi e furbizie politiche

[2 Novembre 2020]

La riapertura dell’Iter istitutivo dell’Area Marina protetta dell’Arcipelago Toscano – prevista da una legge del 1982 e dalla legge 394/91 sulle Aree Protette e confermata da tutti i successivi aggiornamenti legislativi e accordi internazionali sulla biodiversità e la protezione del mare sottoscritti dall’Italia – sembra orma ineludibile e urgente.  La petizione lanciata lo scorso anno da Legambiente e dai Diving Center e dalle Guide ambientali subacquee dell’Arcipelago Toscano ha raggiunto e superato in pochi giorni le 5.000 firme e ora è alla (finora scarsa) attenzione del ministro dell’ambiente, lo stesso ministro che però si è detto non solo favorevole ma anche promotore della nuova e rivoluzionaria Direttiva europea sulla biodiversità che prevede che nell’Unione europea siano protetti il 30% del territorio e il 30% del mare. Una direttiva promossa da un Commissario all’ambiente, oceani e pesca, Virginijus Sinkevičius, ex ministro dell’innovazione del governo di centro-destra della Lituania, che è stata votata a grande maggioranza dal Parlamento europeo e che è stata recentemente ratificata all’unanimità il 22 ottobre dal Consiglio europeo dei ministri. Una direttiva che fa da apripista globale all’impegno  di proteggere il 30% del territorio terrestre marino che prenderà la 15esima Conferenza delle Parti (cioè tutti i Paesi del mondo) della Convention on Biological Diversity (CBD) – convocata per il 2020 e spostata al maggio 2021 a Kunming, in Cina – dopo il fallimento del raggiungimento dei target marini per il 2020 –  e che è stata sollecitata più volte sia dal segretario generale dell’Onu António Guterres che da Papa Francesco nella presentazione della sua Enciclica “Fratelli tutti…” presentata ad Assisi il 4ottobre, San Francesco Patrono d’Italia.

La segretaria esecutiva della Cbd, Elizabeth Maruma Mrema, ha avvertito che «Le misure prese devono essere intensificate e passare da misure buone per dei progetti a misure più ampie e sistemiche. Inoltre, bisogna chiudere il gap tra le ambizioni nazionali e le misure prese. Le informazioni fornite nella parte III del Global Biodiversity Outlook 5 si basano sulle misure e il tipo di azioni necessarie a partire da subito» e il nostro ministro dell’ambiente Sergio Costa, ha annunciato «L’adesione dell’Italia, al documento internazionale che impegna gli Stati ad azioni concrete e urgenti per la salvaguardia della natura e della salute delle persone»..

E’ in questo quadro europeo e internazionale, con sullo sfondo preoccupanti studi e rapporti della perdita di biodiversità globale, europea e italiana e su altrettanto importanti studi sul ruolo svolto da una biodiversità sana nel contenimento delle pandemie, che bisogna leggere il rinnovato interesse per l’istituzione dell’Area Marina Protetta dell’Arcipelago Toscano e che è emerso sia nei tre tavoli di lavoro di “Elba 2035” promossi da Acqua dell’Elba – che hanno tutti chiesto l’Area Marina Protetta sia per motivi ambientali che di opportunità economica  – sia nel cambiamento di posizione della Fondazione Elba che nelle dichiarazioni dei pescatori che sono favorevoli a un’Area Marina Protetta ben normata e gestita ma che qualcuno vorrebbe tirare per la giacchetta e ritrascinare tra i contrari all’istituzione dell’AMP.

In questo quadro che è sia di possibilità che di necessità di difendere le risorse del mare dall’assalto dei bracconieri e di un turismo nautico senza regole che nell’estate del Covid-19 ha mostrato tutto il suo insostenibile impatto sul nostro mare e sulle praterie di posidonia, stonano le dichiarazioni di qualche Sindaco che evoca impossibili referendum e che dimostra di non conoscere le leggi italiane e una situazione europea e internazionale alla quale il nostro Paese – e l’Elba – sarà chiamato a dare risposte immediate e concrete, a partire dalla fine di uno scandalo di un’area marina protetta prevista da 38 anni e mai istituita – se non a Capraia – ma con vincoli a mare in 4 isole e con le isole maggiori escluse.

A leggere certe dichiarazioni e le cronache della recente Comunità del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano a viene in mente quanto ha detto all’United Nation Summit on Biodiversity dell’Onu: «I leader politici sembrano essere disconessi dalla realtà che li circonda» e ha fatto bene il Sindaco di Portoferraio a dire: «Per me è assolutamente normale  che in una discussione ci siano posizioni diverse e che tutti siano liberi di esprimere. Poi, però, arriva il momento in cui si dovranno prendere delle scelte».  E le scelte in un Paese europeo e che aderisce all’Onu possono essere solo in questo quadro.

A chi, anche fra i favorevoli dell’ultima ora, invoca una straordinarietà dell’Elba rispondiamo che le Aree marine Protette si istituiscono proprio per salvaguardare valori straordinari in pericolo e non gestiti, a chi chiede che per l’Elba venga istituita un’Area marina a parte ricordiamo che, comunque sarebbe davvero molto strano – e insostenibile – fare due diverse aree marine protette in un Arcipelago gestite dallo stesso Parco Nazionale, come prevede la legge. Un doppione burocratico privo di senso.

A chi dice che bisognerebbe fare come la Corsica Legambiente risponde che noi ci stiamo.

Dal 1991 ad oggi il mondo è cambiato e i nuovi target europei e internazionali ci porteranno ad aree marine protette più grandi e diverse da quelle – di solito piccole – che caratterizzano il nostro Paese. L’Ue chiede AMP con il 10% di superficie marina e fondali particolarmente protetti – percentuale che l’Arcipelago Toscano raggiunge già abbondantemente con il mare di Pianosa e Montecristo e con la zone 1 di Giannutri e Gorgona – quindi una “manutenzione“ della legge 394/91 andrà fatta proprio alla luce della nuova direttiva europea. Una revisione che sarebbe bene armonizzasse le forme di gestione delle AMP con quelle dei nostri vicini, a cominciare dalla Corsica.

Ma già con la normativa attuale – come dimostrano Capraia ed altre esperienze italiane – si possono fare per l’AMP dell’Arcipelago Toscano – e in particolare per le due isole abitate, Elba e Giglio – regolamenti ad hoc che favoriscano e tutelino i pescatori e i diving center locali e che prevedano forme di gestione innovative come, utilizzando bene le zone B,  zone di mare chiuse alla pesca – o ad alcuni tipi di pesca .- a rotazione, per favorire il ripopolamento,  che sono una delle soluzioni chieste dai pescatori.

Noi, come ambientalisti, vogliamo un’Area marina protetta che salvaguardi la biodiversità e gestisca le risorse marine, nella quale siano protagonisti i pescatori, gli operatori del turismo subacqueo e un diportismo sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Un’isola che, sfruttando anche le opportunità di ottenere finanziamenti prioritari per le AMP, risolva il suo problema di forte carenza depurativa, si doti di depuratori moderni e a norma di legge, riutilizzi l’acqua depurata e non la scarichi scarsamente o per nulla trattata in mare.

Siamo più che convinti che l’Area Marina Protetta – in uno dei mari più studiati del mondo e del quale si conoscono eccezionalità e rischi, nel cuore di un Santuario internazionale dei Cetacei che resta sulla carta – si debba fare coinvolgendo gli elbani, i gigliesi e chi nel mare e con il mare ci vive e ci lavora, ma siamo anche convinti che, dopo  38 anni di discussioni spesso fuorvianti, di fake news e di furbizie politiche e di vigliaccherie amministrative, sia arrivato il momento di darsi un termine, di dire quanto deve ancora durare la discussione sull’Area Marina protetta su come farla, non se farla.

Facciamo come la Corsica, dove con un percorso partecipato di 8 mesi è stato istituito un Parco Nazionale marino, quello di Capo Corso, a due passi dall’Elba, dove l’Arcipelago Toscano ci sta dentro diverse volte. Diamoci un termine, diciamo un anno, per definire come dovrà essere l’Area Marina Protetta dell’Arcipelago Toscano, con quali regole e quali zonazioni, quali forme di gestione partecipata. Apriamolo qui il tavolo per difendere il nostro mare, la nostra biodiversità e la nostra economia, non a Roma.

Facciamolo noi, diciamo noi come vogliamo gestire la pesca e l’economia blu del nostro Arcipelago, come dovrà essere il nostro futuro e perché nel nostro mare restino pesci, pescatori e bellezza e meraviglie per tutti.