Registrata per la prima volta la frequenza cardiaca di una balenottera azzurra, il più grande animale del mondo (VIDEO)

In immersione il cuore di questi giganti batte in media 4 – 8 volte al minuto e scende fino a 2

[28 Novembre 2019]

Lo studio “Extreme bradycardia and tachycardia in the world’s largest animal”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team di ricercatori della Stanford University, Cascadia Research Collective, università della California – Santa Cruz, Scripps Institution of Oceanography dell’università della California – San Diego, con un po’ di fortuna e molta inventiva è riuscito a fare qualcosa di davvero eccezionale: ascoltare il cuore della balenottera azzurra, (Balaenoptera musculus), il più grande animale conosciuto mai vissuto sulla Terra.

I ricercatori statunitensi ci sono riusciti grazie a una serie di sensori elettronici che poi hanno recuperato insieme al guscio arancione che li conteneva che galleggiava nel mare della baia di Monterey con il suo carico prezioso: la prima registrazione in assoluto del battito cardiaco di una balenottera azzurra.

Il tag era stato fissato addosso per un giorno al gigante del mare, vicino alla sua pinna sinistra, grazie a 4 ventose che hanno permesso agli elettrodi di registrare la frequenza cardiaca dell’animale. Il principale autore dello studio, il biologo Jeremy Goldbogen della School of Humanities Sciences di Stanford e dello Stanford Bio-X, racconta: «Non avevamo idea se avrebbe funzionato ed eravamo scettici anche quando abbiamo visto i dati iniziali. Con un occhio molto attento, Paul Ponganis – il nostro collaboratore della Scripps Institution of Oceanography – ha trovato nei dati i primi battiti cardiaci. A quel punto, in tutto il laboratorio c’erano un sacco di batti il cinque e segni di vittoria».

L’analisi dei dati suggerisce che il cuore di una balenottera azzurra lavori al suo limite, il che potrebbe spiegare perché le balene blu non si sono mai evolute per diventare più grandi. I dati suggeriscono anche che alcune caratteristiche insolite del cuore della balena potrebbero aiutarla a vivere a questi estremi. «Studi come questo – dicono alla Stanford – aggiungono conoscenze fondamentali sulla biologia e possono anche informare gli sforzi di conservazione».

Goldbogen spiega: «Gli animali che operano agli estremi fisiologici possono aiutarci a comprendere i limiti biologici alle dimensioni. Possono anche essere particolarmente sensibili ai cambiamenti nel loro ambiente che potrebbero influenzare la loro disponibilità di cibo. Pertanto, questi studi possono avere importanti implicazioni per la conservazione e la gestione di specie in via di estinzione come le balenottere azzurre».

Un decennio fa, Goldbogen e Ponganis misurarono la frequenza cardiaca dei pinguini imperatore (Aptenodytes forsteri) in immersione nel McMurdo Sound in Antartide. Poi si sono chiesti per anni se sarebbero mai riusciti a farlo anche con le balene: «Onestamente pensavo che fosse un passo più lungo della gamba – dice Goldbogen – perché dovevamo fare tante cose nel modo giusto: trovare una balenottera azzurra, piazzare il tag sulla balena nella posizione giusta, avere un buon contatto con la pelle della balena e, naturalmente, assicurarsi che il tag funzionasse e registrasse i dati».

Il gtag aveva già funzionato su cetacei più piccoli e in cattività, ma avvicinarlo al cuore di una balenottera azzurra selvatica è parecchio diverso. «Per prima cosa – ironizza Taylor Kubota di Stanford News – le balene selvatiche non sono addestrate a mostrare la pancia. Inoltre, sul lato inferiore le balene blu hanno una pelle simile a una fisarmonica che si espande durante l’alimentazione e uno di questi sorsi potrebbe far saltare subito il tag».

Un altro degli autori dello studio, David Cade del Goldbogen Lab, che è il ricercatore che ha materialmente piazzato i sensori sulla balenottera azzurra, ricorda: «Abbiamo dovuto mettere questi tag senza sapere davvero se avrebbero funzionato o meno. L’unico modo per farlo era provarci. Quindi, abbiamo fatto del nostro meglio». E Cade ha attaccato il tag al primo tentativo e, col passare del tempo, il dispositivo è scivolato una posizione vicino alla pinna dove poteva raccogliere i segnali del cuore.  I ricercatori sono molto soddisfatti: «I dati acquisiti hanno mostrato estremi sorprendenti. Quando la balena si è immersa, la sua frequenza cardiaca è rallentata, raggiungendo un minimo medio di circa 4 – 8 battiti al minuto – con un minimo di 2 battiti al minuto». Durante la parte finale di un’immersione di foraggiamento, dopo che la balena ha terminato l’immersione e ha consumato le prede, la frequenza cardiaca è aumentata il minimo di circa 2,5 volte, quindi è diminuita lentamente. Una volta che la balena si è rifocillata e ha iniziato a emergere, la frequenza cardiaca è aumentata. La massima frequenza cardiaca – da 25 a 37 battiti al minuto – è avvenuta in superficie, quando a balena respirava e ripristinava i livelli di ossigeno».

Questi dati hanno incuriosito molto i ricercatori perché la frequenza cardiaca più alta della balena quasi superava le loro previsioni mentre la frequenza cardiaca più bassa era inferiore di circa il 30-50% rispetto a quanto si pensava. Secondo gli scienziati statunitensi, «La frequenza cardiaca sorprendentemente bassa potrebbe essere spiegata da un arco aortico elastico – la parte del cuore che muove il sangue verso il corpo – che, nella balenottera azzurra, si contrae lentamente per mantenere un ulteriore flusso di sangue tra i battiti. Nel frattempo, i livelli incredibilmente alti possono dipendere da sottigliezze nel movimento e nella forma del cuore che impediscono alle onde di pressione di ogni battito di interrompere il flusso sanguigno».

Osservando il quadro generale, i ricercatori pensano che il cuore della balena lavori praticamente ai suoi limiti e «Questo può aiutare a spiegare perché nessun animale è mai stato più grande di una balenottera azzurra: perché i bisogni energetici di un corpo più grande supererebbero ciò che il cuore può sostenere».

Ora, il team di ricerca sta lavorando sodo per migliorare le performance del tag, compreso un accelerometro, il che potrebbe aiutarli a capire meglio come le diverse attività di questi enormi cetacei influenzano la frequenza cardiaca. Vogliono anche provare il tag su altri misticeti come balenottere comuni (Balaenoptera physalus), megattere (Megaptera novaeangliae) e balenottere minori (Balaenoptera acutorostrata).

Cade conclude: «Gran parte di ciò che facciamo riguarda nuove tecnologie e molte si basano su nuove idee, nuovi metodi e nuovi approcci. Cerchiamo sempre di spingere in avanti i confini su come possiamo conoscere questi animali».

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