Sciopero del clima: Greenpeace e Friday for future sott’acqua per proteggere gli oceani

Greenpeace: l’Italia rispetti l’impegno ad allargare la rete delle Aree marine protette e di proteggere il 30% dei nostri mari entro il 2030. Alle parole devono seguire azioni concrete.

[19 Marzo 2021]

In occasione della Giornata mondiale di azione per il clima, la giovane scienziata e attivista di Fridays For Future Mauritius Shaama Sandooyea – attualmente impegnata in una spedizione di ricerca condotta a bordo dell’Arctic Sunrise di Greenpeace – ha portato per la prima volta la protesta per il clima sott’acqua, immergendosi nel cuore dell’Oceano Indiano con un cartello con il messaggio “Youth Strike for Climate”.

Per questa iniziativa  subacquea dello sciopero per il clima, Greenpeace e FFF hanno scelto Saya de Malha Bank, a nord del Madagascvar e a 735 km dalle Seychelles, il più grande banco sommerso esistente al mondo, parte della vasta piana abissale mascarenica, dove prospera un ecosistema chiave per la regolazione del clima del nostro Pianeta, con una delle più vaste praterie di piante acquatiche al mondo, responsabili dell’assorbimento di parte della CO2 in atmosfera.

La Sandooyea ha sottolineato che «Non possiamo continuare a temporeggiare sulla crisi climatica», dichiara. «Ho manifestato in questa bellissima e remota area dell’Oceano Indiano per consegnare un semplice messaggio, abbiamo bisogno di un’azione per il clima e ne abbiamo bisogno ora. E’ ora che i governi di tutto il mondo prendano sul serio la crisi climatica e agiscano da subito per la riduzione delle emissioni e la protezione dei nostri oceani».

Greenpeace ricorda che «Oceani sani immagazzinano enormi quantità di anidride carbonica e calore e svolgono un ruolo chiave nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Per questo l’UNESCO sottolinea che «La tutela di ecosistemi chiave quali le praterie sottomarine è  fondamentale per le future generazioni». Ma gli ambientalisti denunciano che «L’aumento di gas serra e la conseguente crisi climatica stanno causando modifiche sempre più evidenti nei mari del Pianeta, in termini di innalzamento delle temperature, acidificazione e riduzione dell’ossigeno disciolto, con conseguenze sulla biodiversità marina e sui fenomeni meteorologici che avvengono in atmosfera. Con un circolo vizioso che accelera e alimenta l’emergenza climatica in corso».

E Greenpeace Italia ricorda che «Proprio con l’obiettivo di studiare gli impatti dei cambiamenti climatici anche sui nostri mari, nel novembre 2019 Greenpeace Italia ha avviato all’Isola d’Elba il progetto “Mare caldo”, in partnership con il DISTAV dell’Università di Genova e Elbatech. Nell’ambito di questa iniziativa è già nata una rete italiana di stazioni per il monitoraggio delle temperature marine che attualmente coinvolge in modo attivo cinque Aree Marine Protette: il Plemmirio in Sicilia, Capo Carbonara – Villasimius e Tavolara – e Punta Coda Cavallo in Sardegna, Portofino in Liguria e Miramare nel nord dell’Adriatico».

Giorgia Monti, responsabile campagna mare di Greenpeace Italia, conclude: «E’ ora di investire seriamente per la tutela del mare», spiega. “Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, in questo momento in fase di stesura, deve necessariamente prevedere misure specifiche per la salvaguardia del mare, investimenti mirati per aumentare la resilienza degli ecosistemi più sensibili e per allargare la rete delle Aree marine protette, in linea con l’impegno assunto dall’Italia di proteggere il 30% dei nostri mari entro il 2030. Alle parole devono seguire azioni concrete, tutelare i nostri mari vuol dire sostenere le economie che da essi dipendono e dare un contributo fondamentale alla lotta ai cambiamenti climatici».